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Diocesi di TrevisoCommissione per la formazione del clero
I sacramentie la trasmissione della fede
Settimana residenziale
Centro di spiritualità e cultura “Don Paolo Chiavacci” Crespano del Grappa
Preghiera iniziale 16 marzo 2015
Veni, Creator Spiritus
1. Veni, Creator Spiritus mentes tuorum visita, imple superna gratia quae tu creasti pectora.
2. Qui diceris Paraclitus, Altissimi donum Dei, fons vivus, ignis, caritas et spiritalis unctio.
3. Tu septiformis munere, digitus paternae dexterae Tu rite promissum Patris sermone ditans guttura.
4. Accende lumen sensi bus, infunde amorem cordibus, infirma nostri corporis virtute firmans perpeti.
5. Hostem repellas longius pacemque dones protinus; ductore sic te praevio, vitemus omne noxium.
6. Per te sciamus da Patrem, noscamus atque Filium, Teque utriusque Spiritum credamus omni tempore.
Salmo 126
Se il Signore non costruisce la casa invano vi faticano i costruttori.
Se la città non è custodita dal Signore invano veglia il custode.
Invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a riposare
e mangiate pane di sudore: il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno.
Ecco, dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo.
Come frecce in mano a un eroe sono i figli della giovinezza.
Beato l’uomo che piena ne ha la faretra:
non resterà confuso quando verrà alla porta a trattare con i propri nemici. Gloria…
Orazione
Cel.: Dio onnipotente ed eterno, che ci hai fatto figli della luce, guidaci nel nostro cammino, perché diventiamo operatori di verità e testimoni del tuo Vangelo. Per il nostro Signore…
Ass.: Amen. Cel.: Benediciamo il Signore. Ass.: Rendiamo grazie a Dio.
VICARIATI DI CASTELFRANCO, MOGLIANO E NERVESA Settimana residenziale di Crespano
16 – 19 marzo 2015 Programma della settimana
I sacramenti e la trasmissione della fede
Lunedì MATTINO
09.30 Arrivo, accoglienza e sistemazione 10.00 Breve preghiera iniziale in sala assemblee
Saluto del Vescovo Presentazione della settimana
11.00 Intervento del Vescovo Gli orientamenti pastorali diocesani La formazione degli adulti e il sacramento del battesimo
12.30 Pranzo POMERIGGIO
15.30 Lavori di gruppo 17.00 Pausa 17.30 Dibattito in assemblea 18.45 Celebrazione dei Vespri e dell’Eucaristia 19.30 Cena 21.00 Serata libera
Martedì MATTINO
08.00 Lodi 08.30 Colazione 09.15 Relazione di don Orioldo Marson I sacramenti sono dono del Signore risorto
Prospettiva cristologica 10.15 Pausa
10.45 Lavoro personale 11.30 Dibattito in assemblea 12.30 Pranzo
POMERIGGIO 15.30 Relazione di don Orioldo Marson
Battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo Prospettiva ecclesiologica Breve dibattito in assemblea
17.00 Pausa 17.15 Lavori di gruppo 18.45 Celebrazione dei Vespri e dell’Eucaristia 19.30 Cena 21.00 Serata libera
Mercoledì MATTINO
08.00 Lodi 08.30 Colazione 09.15 Relazione di don Luigi Girardi
Cristiani non si nasce, ma si diventa L’iniziazione cristiana: l’itinerario e i sacramenti
10.30 Pausa 11.00 Dibattito in assemblea
12.30 Pranzo POMERIGGIO
15.30 Relazione di don Mario Salviato La situazione delle nostre comunità cristiane
Riflessioni sulle Collaborazioni pastorali, a partire dalla visita pastorale in atto
16.30 Pausa 17.00 Condivisione in assemblea
Intervento del Vescovo 18.45 Celebrazione dei Vespri e dell’Eucaristia 19.30 Cena 21.00 Inizio ritiro con un tempo di adorazione (con compieta)
Giovedì MATTINO
07.30 Celebrazione dell’Eucaristia (facoltativa) 08.00 Lodi 08.30 Colazione 09.15 Proposta di mons. Stefano Chioatto L’annuncio del Vangelo 10.15 Tempo personale con possibilità di confessioni 11.30 Collatio (facoltativa) 12.15 Ora Sesta 12.30 Pranzo
d. Mario Salviato - Crespano, 18 marzo 2015 - Aggiornamento sacerdoti Vic. Castelfranco Veneto, Mogliano Veneto, Nervesa
LA SITUAZIONE DELLE NOSTRE COMUNITÀ CRISTIANE Riflessioni sulle collaborazioni pastorali, a partire dalla visita pastorale in atto
LA VISITA PASTORALE IN ATTO Dalla lettera di indizione, due desideri:
- far emergere l'opera di Dio, per lodarlo e incoraggiare i tanti " operai del Vangelo" - l'urgenza della trasmissione della fede
Dalla lettera di indizione, due obiettivi: - la formazione cristiana degli adulti - le Collaborazioni pastorali
Gli esiti provvisori - la generale somiglianza delle parrocchie - il notevole impegno di tante persone nella pastorale parrocchiale - in aumento proposte rivolte al mondo degli adulti, con qualche sperimentazione - una crescita nella disponibilità alle Collaborazioni pastorali... - ...seppur rimangano interrogativi aperti.
LE COLLABORAZIONI PASTORALI - La conversione missionaria delle parrocchie e una pastorale più di evangelizzazione (EG 25)- Le Collaborazioni pastorali hanno per fine la missione- Il calo di numero dei sacerdoti: opportunità o emergenza?- Missione e comunione (Gv 17: "perché tutti siano una cosa sola.... perché il mondo creda")- La Collaborazione a servizio della comunione: "È finito il tempo della parrocchia autosufficiente"- Un cammino virtuoso: progressivo cambio di mentalità dei preti e dei laici, in primis i più vicini
collaboratori; ricchezza dello scambio di esperienze e il convergere di risorse; minor dispendio di energie; dall'iniziale coordinamento delle attività e risorse.... all'avvertire la necessità di un progetto per la Collaborazione
- Un cammino anche faticoso, che dipende dalla Collaborazione pastorale in sé (il timore che vengameno la propria identità parrocchiale) e da noi presbiteri (il carico pastorale; i "passi" diversi tra sacerdoti; la percezione di una nuova identità sacerdotale che ancora non é facile individuarla)
IL NUOVO DELLA COLLABORAZIONE PASTORALE: ALCUNI PASSAGGI NECESSARI 1. Priorità all'evangelizzazione
- una verifica della pastorale esistente, per ridimensionare o investire - la necessità di una forma di Chiesa adeguata alla missione - la via dell'incontro e del dialogo, attento alle situazioni di vita
2. Parrocchia e Collaborazione pastorale- Difficoltà della parrocchia a rispondere ai diversi cammini di fede - Sufficiente collaborare pastoralmente? - Collaborazione: segno-appello per tutti i cristiani alla "sensibilità di missione"
3. La responsabilità dei laici nella ri-evangelizzazione- i cristiani laici corresponsabili a pieno titolo dello slancio missionario della Chiesa e della fecondità
delle Collaborazioni. - la formazione i dei laici alla missione
4. Rilevanza della comunione e della relazioni fraterne tra presbiteri- Molteplicità di modalità, tenendo conto del rapporto inscindibile comunione-missione - La necessità di sostenerci e aiutarci in questo passaggio verso una modalità "nuova" di ministero - La consapevolezza di passare dalla autonomia pastorale alla comunione, da un ministero di
conservazione ad uno di evangelizzazione
CONCLUSIONI “Non lasciamoci rubare l’entusiasmo missionario… la gioia dell’evangelizzazione” (EG 80.83)
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Apertura dell’anno pastorale 2013-2014
Tempio di S. Nicolò, 20 settembre 2013
Fratelli e sorelle carissimi, vi saluto tutti con affetto – presbiteri, diaconi, persone consacrate, fedeli laici – e vi ringrazio di essere convenuti qui questa sera: segno di una chiesa viva, che cammina nel tempo con lo sguardo fisso su Colui che la guida e la sostiene, e nel quale ripone tutta la sua fiducia. Ringrazio don Luca Pizzato per la ricca riflessione biblica che ci ha donato . Vorrei che facessimo nostre le parole di Paolo ai Corinzi: «Degno di fede è Dio, dal quale siete (siamo) stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!» (1 Cor 1,9). 1. Camminare nel tempo significa anche valorizzare con impegno e sapienza i tempi che ci diamo – o gli archi di tempo, come è l’anno pastorale – perché il nostro procedere avvenga con obiettivi, scansioni, modalità che ci aiutino ad essere chiesa che avanza insieme sulle strade di Dio. In verità, l’arco di tempo più significativo per la nostra fede è l’anno liturgico, grazie al quale essa vive e si alimenta ai misteri della vita di Cristo, resi attuali per noi, comunità e singoli, dalle celebrazioni della Liturgia. Potremmo dire che l’anno pastorale contiene come sua anima, come suo respiro interiore, l’anno liturgico; ma ci aiuta poi a dare corpo anche alle altre dimensioni che fanno la chiesa: l’annuncio e la catechesi, la formazione cristiana, la carità, l’edificazione della comunità come famiglia, come luogo di reciproco amore e di testimonianza di Cristo al mondo. Anche in quest’anno pastorale che questa sera inizia ci è chiesto dunque di proseguire il nostro cammino. 2. È un cammino che, a ben guardare, ha un suo percorso, una sua linearità. Già il magistero di mons. Andrea Bruno Mazzocato insisteva sulla primaria responsabilità della trasmissione della fede. Il sottotitolo dei suoi scritti pastorali più importanti è: «la trasmissione della fede in Gesù Cristo, oggi»; e anche «per trasmettere la carità di Cristo Gesù». La trasmissione della fede spesso ci mette in crisi, comunque ci interpella profondamente, perché se si facesse sempre più rarefatta o incapace di penetrare nelle esistenze, o addirittura si spegnesse, metterebbe a rischio l’esistenza stessa della comunità cristiana. Viene alla mente l’inquietante domanda di Gesù: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8). Siamo ben consapevoli, però, che la fede può essere realmente trasmessa solo da chi la vive. Le fede non è semplicemente un insieme di nozioni, o una dottrina: non è qualcosa che passa da una mente ad altre menti, ma da un’esistenza ad altre esistenze. Per questo due anni fa ho posto l’attenzione sulla necessità che ci apriamo al dono meraviglioso che è Cristo, “una meraviglia ai nostri occhi”. Non si trasmette se non ciò che ci ha preso, ci è penetrato dentro, ci ha sorpreso. Papa Francesco chiede «una chiesa capace di riscaldare il cuore». Come riscaldare il cuore degli altri se il nostro è abitato da una fede – se ancora si può chiamare tale – fredda, stanca,
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inerte, annoiata e noiosa? Il credente è uno che ha dentro di sé una bella notizia (“la bella notizia”) e non può tenerla per sé. È all’interno di questo percorso che abbiamo sentito il bisogno di dedicarci maggiormente agli adulti. Sentiamo il bisogno di una chiesa in cui credenti adulti aiutino lo Spirito a generare alla fede, e sostenere nella fede, fanciulli, adolescenti, giovani e anche altri adulti. Abbiamo bisogno, per così dire, di accrescere il tasso di fede adulta della nostra chiesa. Il titolo della Lettera pastorale Una meraviglia ai nostri occhi voleva suscitare, in fondo, la domanda: abbiamo capito davvero che cosa Dio ha operato e opera per noi? Riprendo ancora l’espressione del Papa: quello che la fede ci fa conoscere di Dio scalda il nostro cuore? 3. Nella ricerca di riflessioni, proposte e iniziative che immettessero una maggior consapevolezza cristiana nella nostra vita, lo scorso anno abbiamo voluto aprire un piccolo cantiere di lavoro nell’ambito della preparazione al sacramento del battesimo dei bambini. Un buon numero di persone, che si impegnano ad aiutare i genitori a comprendere meglio il dono del battesimo dei loro figli e a renderli più partecipi di quell’evento cristiano fondamentale, si sono ritrovati più volte: hanno analizzato le situazioni concrete in cui si svolge la preparazione al battesimo; hanno cercato di capire quali modalità di accoglienza e di comunicazione e quali contenuti possono rendere più incisivo quel momento così significativo per un’esistenza cristiana. È riflettendo su questa piccola, ma apprezzata, iniziativa che è nata la domanda sulla coscienza che noi tutti abbiamo del nostro battesimo. Forse usiamo abbastanza spesso l’espressione “noi battezzati”, i “battezzati”, per dire semplicemente i cristiani, affermando così che all’origine di tutto, nella vita di una cristiano, vi è il suo battesimo come fatto decisivo, come realtà determinante. Ma nella Lettera pastorale che tra poco consegnerò ho posto queste domande: «Quale “consapevolezza battesimale” vi è nelle nostre comunità cristiane? I catechisti raccontano ai genitori dei battezzandi la bellezza e la grandezza del dono che il loro figlio sta per ricevere; ma poi viene spontaneo chiedersi: e chi questo dono lo ha già ricevuto, se ne ricorda? Ne ha coscienza? Lo vive? E la comunità cristiana che accoglie un nuovo battezzato si presenta come una comunità che riconosce nel battesimo l’origine della propria più radicale identità?». Vorrei a questo proposito riprendere alcune espressioni di Papa Francesco nella sua catechesi all’udienza generale di nove giorni fa. Ha detto il Papa: «Noi non diventiamo cristiani in laboratorio, noi non diventiamo cristiani da soli e con le nostre forze, ma la fede è un regalo, è un dono di Dio che ci viene dato nella chiesa e attraverso la chiesa. E la chiesa ci dona la vita di fede nel battesimo: quello è il momento in cui ci fa nascere come figli di Dio, il momento in cui ci dona la vita di Dio, ci genera come madre. (…) Il nostro far parte della chiesa non è un fatto esteriore e formale, non è compilare una carta che ci danno, ma è un atto interiore e vitale; non si appartiene alla chiesa come si appartiene ad una società, ad un partito o ad una qualsiasi altra organizzazione». E poi il Papa ha chiesto: «Se sono riconoscente anche ai miei genitori perché mi hanno dato la vita, sono riconoscente alla chiesa perché mi ha generato nella fede attraverso il battesimo?». Poi, come avviene spesso, ha aggiunto a braccio più o meno queste parole: «Quanti cristiani
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ricordano la data del proprio battesimo? Io vorrei fare questa domanda qui a voi, ma ognuno risponda nel suo cuore: quanti di voi ricordano la data del proprio battesimo? Alcuni alzano le mani, ma quanti non ricordano! Ma la data del battesimo è la data della nostra nascita alla chiesa, la data nella quale la nostra mamma chiesa ci ha partorito! E adesso vi lascio un compito da fare a casa. Quando oggi tornate a casa, andate a cercare bene qual è la data del vostro battesimo, e questo per festeggiarla, per ringraziare il Signore di questo dono». 4. Ecco, quella data ci interessa, perché quanto abbiamo ricevuto quel giorno ci rivela chi è Dio per noi e ci riconduce alla nostra identità originaria. Lì è l’inizio della nostra storia con Dio, o meglio della storia di Dio con ognuno di noi e con noi suo popolo. Lì la nostra vita è stata immersa nel mistero pasquale di Cristo. Lì è iniziato qualcosa che è destinato a non finire più, anzi a sfociare in una pienezza che solo Dio è in grado di donarci. Se ci guardiamo attorno – visto che nelle nostre terre la grande maggioranza delle persone ha ricevuto il battesimo – ci pare quasi che per molti quella storia con Dio iniziata nel battesimo si sia interrotta, più o meno rapidamente, o si sia sfilacciata, o abbia perso di vista la sua origine. Certo, ci è difficile valutare e non ci è lecito giudicare. Cominciamo noi con il riannodare le diverse stagioni, i diversi passaggi, anche i momenti semplici, feriali, della nostra vita, a quel suo inizio segnato così fortemente dall’amore gratuito di Dio. Ho scritto nella Lettera che «umanamente è difficile diventare adulti ignorando o rimuovendo la propria origine e la propria identità. Allo stesso modo, non si può diventare adulti nella fede avendo lasciato scomparire dal proprio orizzonte il battesimo, che “è il fondamento di tutta la vita cristiana, il vestibolo d’ingresso alla vita nello Spirito”» (n.4). Il titolo della Lettera pastorale che questa sera consegno riprende la celebre frase di Gesù alla Samaritana: «Se tu conoscessi il dono di Dio!» (Gv 4,10), e il sottotitolo è: «Riscoprire il nostro battesimo». Non comprendiamo Dio, il cristianesimo, la fede, se non ci poniamo di fronte ai grandi, sorprendenti doni divini. Senza questa percezione, senza questa consapevolezza di quello che Dio è e opera per noi, l’essere cristiani perde la sua bellezza, la sua forza, e anche il suo annuncio centrale: si riduce ad un insieme di precetti, più o meno incompresi, più o meno subìti. Nella sua intervista a La Civiltà cattolica che oggi ha fatto il giro del mondo, papa Francesco ha detto: «La chiesa a volte si è fatta rinchiudere in piccole cose, in piccoli precetti. La cosa più importante è invece il primo annuncio: “Gesù Cristo ti ha salvato!”». E che cos’è il battesimo, se non la salvezza di Cristo, morto e risorto, che ci raggiunge e ci fa nuovi, ci fa suoi, immette la sua vita nella nostra, ci fa tralci della vite che Lui è. Davvero, se conoscessimo il dono di Dio! 5. Propongo dunque alla nostra chiesa, nel suo cammino verso una fede adulta, verso un più intenso impegno di trasmissione della fede e di testimonianza della “bella notizia” del vangelo, di impegnarsi nel prossimo biennio nella riscoperta, riflessione e ri-assunzione del nostro battesimo. Per capire chi siamo, per diventare quelli che siamo chiamati ad essere.
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Invito a dedicare il primo anno soprattutto alla riflessione e all’approfondimento del dono del battesimo. Il secondo anno invece darà modo di considerare le conseguenze del nostro battesimo nella nostra vita concreta, illuminata dalla vita del Risorto, anche valorizzando l’anno liturgico e i segni liturgici. Come sempre, l’Ufficio per il Coordinamento della Pastorale diocesana offrirà sussidi per aiutare l’impegno delle parrocchie e di altre comunità o aggregazioni e movimenti. Quello del battesimo non è dunque un tema che si aggiunge o si sovrappone a quelli già proposti negli anni recenti: è una loro ulteriore esplicitazione, un approfondimento e, nello stesso tempo, un’occasione di crescita in quella fede sulla quale da tempo la nostra chiesa sta lavorando. Del resto, da sempre il battesimo è definito il “sacramento della fede”. Vi chiedo, con semplicità e con rispetto della sensibilità di ciascuno, di camminare insieme lungo questa strada che viene proposta. Voglio concludere riprendendo le parole di Paolo agli Efesini, con le quali siamo soliti in questo tempo aprire la Visita pastorale nelle varie Collaborazioni pastorali: «Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Ef 4,4-6). In questa unità, che valorizza la singolarità di ciascuno, vogliamo procedere con fiducia e con fedeltà. Maria ci accompagni. I nostri Santi ci sostengano.
✠ Gianfranco Agostino Gardin vescovo di Treviso
Apertura dell’anno pastorale 2014-2015
Tempio di S. Nicolò, 19 settembre 2014 Fratelli e sorelle carissimi, vi saluto tutti con affetto sincero e vi ringrazio di essere qui numerosi, questa sera. E così ci aiutiamo reciprocamente a sperimentare il nostro essere “chiesa”, a sentirci comunità radunata dall’amore del Padre, inviata da Cristo, sostenuta e resa una dallo Spirito. 1. Siamo riuniti in preghiera e nell’ascolto della Parola, perché siamo convinti che l’anno pastorale che sta davanti a noi è, ancora una volta, tempo di grazia per la nostra storia personale ed ecclesiale. È un tempo unico e irripetibile – il 2014-2015 ci è dato una sola volta –; tempo che domanda la nostra responsabilità, il nostro essere desti, con le lampade accese, in attesa dello sposo (cf. Mt 25,1-13); domanda la nostra disponibilità a metterci in ascolto di ciò che lo Spirito dice alla nostra chiesa (cf. Ap 2,7) in questo momento della sua storia; domanda la nostra volontà di seguire Gesù non a parole, ma in una sequela che prenda forma concreta dentro le situazioni che costituiscono il nostro “oggi”. Tutto questo in una profonda fiducia e in un sereno affidamento «al pastore e custode delle nostre anime» (cf. 1Pt 2,25). Servendoci delle parole di Paolo a Timoteo, noi vogliamo poter dire: «Sappiamo infatti in chi abbiamo posto la nostra fede e siamo convinti che egli è capace di custodire fino a quel giorno (cioè fino alla sua venuta) ciò che ci è stato affidato» (cf. 2Tim 1,12). 2. In questo spirito di fiducia nel Signore e nel suo amorevole guidare la nostra storia, vorrei che leggessimo anche gli avvicendamenti che anche quest’anno sono stati operati in un certo numero di parrocchie, come pure a livello di compiti centrali della diocesi. Mi riferisco in particolare all’avvicendamento, anzitutto, del Vicario generale e poi del Vicario episcopale per il coordinamento della pastorale. Mentre esprimo ancora profonda gratitudine a mons. Giuseppe Rizzo e a mons. Lucio Bonomo, rinnovo l’augurio cordiale a mons. Adriano Cevolotto, primo e indispensabile collaboratore del vescovo, e a don Mario Salviato, impegnato, in maniera particolare, nel seguire il cammino delle Collaborazioni pastorali. Essi hanno già iniziato con disponibilità e con impegno il loro servizio. Mi sia permesso di dire grazie anche ai sacerdoti che con spirito di obbedienza hanno accolto nuove destinazioni. Ma ringrazio anche i membri delle comunità parrocchiali, o di altre realtà ecclesiali, i quali, pur accogliendo con dispiacere il distacco da sacerdoti che hanno apprezzato e amato, sanno comprendere che dietro ai cambiamenti operativi è solo l’intento – mediante scelte delicate e necessariamente attente a tante situazioni – di sostenere il cammino delle comunità cristiane. E grazie anche ai parroci che hanno concluso definitivamente il loro servizio, svolto in lunghi anni di dedizione pastorale, e che mettono ancora generosamente il loro ministero presbiterale a disposizione delle nostra chiesa. 3. Questa nostra chiesa è chiamata a proseguire il suo cammino con coraggio, umiltà e determinazione.
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Ci è chiesto di continuare ad annunciare e celebrare l’amore del Signore, a testimoniare la nostra speranza, a dare alla chiesa, che noi siamo, il volto visibile e concreto della carità, dell’accoglienza e della condivisione. Nelle nostre comunità cristiane gli impegni svolti negli ambiti della catechesi, della formazione cristiana, della liturgia, dell’animazione spirituale, della carità, e in altri campi, sono davvero tanti e coinvolgono un vasto numero di persone, come la Visita pastorale mi consente di constatare. Sono espressione di una vita cristiana che pulsa, che costruisce comunità, che consente a tante persone, di tutte le età, di camminare sulla strada che conduce a Dio. Voglio ricordare anche come la nostra fede e la nostra appartenenza a questa chiesa sia stata alimentata e favorita, nell’anno passato e anche nel corso dell’estate che si sta concludendo, da esperienze vive e preziose. Penso, per esempio, alle tante e impegnative attività estive; penso anche ai pellegrinaggi: quello compiuto da varie parrocchie nella terra di Gesù o in altre terre del Nuovo Testamento; anche il pellegrinaggi compiuto dai presbiteri ordinati negli ultimi dieci anni sulle orme di san Paolo, a cui anch’io ho partecipato, per ritrovare insieme lo spirito e l’entusiasmo dell’Apostolo. Penso al consueto pellegrinaggio diocesano a Lourdes, con la partecipazione di numerose persone malate, esperienza sempre toccante di preghiera e di carità. Abbiamo anche fatto memoria, in maniere e circostanze diverse, di san Pio X, nel centenario della sua morte, per farci aiutare dalla santità di vita di questo figlio della nostra chiesa trevigiana: e qui penso al pellegrinaggio diocesano a Roma, assai partecipato, momento forte di fede e di gratitudine al Signore, oltre che di incontro con il Papa. Un ringraziamento particolare va a mons. Giuliano Brugnotto che ha seguito con dedizione instancabile l’organizzazione delle varie iniziative e celebrazioni del Centenario. E un sincero grazie anche alla parrocchia di Riese Pio X e al parroco mons. Giorgio Piva. 4. Ma voglio ricordare anche che nello scorso anno abbiamo intrapreso e cercato di praticare un itinerario di approfondimento del nostro Battesimo, per una crescita della consapevolezza della nostra identità di cristiani. Come ci ha efficacemente ricordato don Paolo Pigozzo nella sua riflessione – per la quale gli esprimo un sincero ringraziamento da parte di noi tutti – abbiamo bisogno di essere ricondotti, come usava fare l’apostolo Paolo con i cristiani delle sue comunità, all’”evento-sorgente”, a ciò che si colloca alla radice del nostro essere cristiani. Che è poi quell’essere posseduti da Cristo che abbiamo ascoltato da Paolo in apertura dalla nostra celebrazione: «Fratelli, l’amore di Cristo ci possiede» (2Cor 5,14). Davvero, per riprendere le parole del messaggio di quel giovane citato da don Paolo, “Quello lì” ci ha agganciati! Lo ha fatto con il Battesimo, facendoci morire e risorgere con Lui, e con tutto quello che è seguito e che continuamente viviamo soprattutto nella Liturgia. Come è noto, rimarremo anche quest’anno sul tema del Battesimo, mettendo l’accento sulla “risalita battesimale”. Rifacendoci alla figura del battesimo per immersione, noi siamo usciti dal fonte come «creature nuove in Cristo» (cf. 2Cor 5,17); ma siamo chiamati a vivere e rivivere continuamente questa risalita, che è nello stesso tempo una immersione di battezzati e da battezzati nella comunità, nel mondo, nella storia, nelle vicende di tutti i giorni, nelle relazioni quotidiane.
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5. Può essere che qualcuno dica, forse anche con qualche ragione: ancora il Battesimo? Non c’è il rischio di una ripetitività che produce stanchezza, assuefazione, diciamo pure noia? Si dice di solito che «la varietà è la madre del divertimento». Perché non passare ad un altro tema, aprire altri sguardi, collocarci in altri orizzonti? Ma giustamente è stata richiamata, facendo riferimento anche alla prassi evangelizzatrice dell’apostolo Paolo, la necessità di ritornare e sostare su ciò che per il cristiano è essenziale, che motiva tutto il resto. Qualche anno fa si dibatteva sulla necessità che l’Europa civile riconoscesse le proprie radici cristiane. Ma prima di chiedere questo ad una collettività che si fa sempre più estranea alla sua storia cristiana, non dobbiamo forse noi ri-conoscere, ri-scoprire, ri-assumere, ri-appropriarci delle nostre radici cristiane: non semplicemente radici culturali, ma sacramentali, vitali, esistenziali? Vorrei allora invitare voi e tutta la nostra chiesa, le nostre comunità parrocchiali, a continuare ad entrare ancora con interesse e con responsabilità dentro la nostra storia segnata radicalmente dal battesimo e chiamata ad essere storia battesimale, cioè storia di una vita resa continuamente nuova dall’amore salvifico e sanante di Cristo; con la capacità di scorgere e guardare con fiducia alle cose nuove che il Signore pone davanti a noi: «le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove» (2Cor 5,17). E poiché questo obiettivo si colloca dentro il più ampio percorso di divenire “cristiani adulti in una chiesa adulta”, e dentro l’impegno di essere chiesa evangelizzante, che sa trasmettere la fede, credo che siamo tutti rimasti colpiti dalle parole di papa Francesco che sono state lette poco fa: «La prima motivazione per evangelizzare è l’amore di Gesù che abbiamo ricevuto». Ma, osserva il Papa, «se non proviamo l’intenso desiderio di comunicarlo, abbiamo bisogno di soffermarci in preghiera per chiedere a Lui che torni ad affascinarci» (Evangelii gaudium 264). 6. Le tappe del semplice itinerario che viene proposto quest’anno, per aiutarci a riflettere sulle richieste della “risalita battesimale”, non ci richiamano solo alcune esigenze irrinunciabili di una concreta vita battesimale coerente, ma ci riconducono sempre a Lui: a Colui nel quale siamo riconciliati, a Colui il cui amore ci possiede, a Colui che ci ha amati e ha dato la sua vita per noi (cf. 2Cor 5,14.18; Gal 2,20). E così, come ci chiede il Papa, saremo testimoni e missionari nella misura in cui sapremo essere discepoli (cf. Evangelii gaudium 266); porteremo frutto se saremo tralci uniti alla vite (cf. Gv 15,1-6). Abbiamo ascoltato anche altre parole del Papa che – pare a me – dischiudono altri itinerari che probabilmente dovremo compiere per crescere verso un fede adulta. Ci ha detto il Papa: «Tutta la vita di Gesù, il suo modo di trattare i poveri, i suoi gesti, la sua coerenza, la sua generosità quotidiana e semplice, e infine la sua dedizione totale, tutto è prezioso e parla alla nostra vita personale. Ogni volta che si torna a scoprirlo, ci si convince che proprio questo è ciò di cui gli altri hanno bisogno, anche se non lo riconoscano» (Evangelii gaudium 264). Questi “altri” siamo anzitutto noi: noi abbiamo bisogno tornare a scoprire Gesù. Non è forse vero che spreso impegniamo molte energie nel organizzare le nostre comunità (cosa lodevole, intendiamoci), ma troppo poche per “scoprire Gesù”? Non mi soffermo a descrivere l’itinerario proposto per quest’anno, che si concretizzerà in sei momenti distribuiti nel corso dell’anno liturgico. Saranno illustrati dagli appositi strumenti offerti, come sempre, per accompagnare questo percorso. I sei momenti sono indicati nel pieghevole che avete ricevuto; sono espressi
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in sei verbi, ricavati dalla parola evangelica di sei domeniche, e hanno anche ispirato le invocazioni della nostra preghiera questa sera: invitare, testimoniare, sperare, servire, allargare, rimanere. Mi permetto solo di chiedere a tutti di accogliere l’invito di questo percorso, anche per sentirci chiesa che cammina insieme e si aiuta con spirito fraterno a praticare la sequela di Gesù.
Il Signore, mediante il suo Spirito, ci apra al dono del suo amore e ci renda
capaci di rispondervi. La Madre di Dio, prima discepola di Cristo, e i nostri Santi patroni, ci
sostengano nel cammino che la paternità di Dio schiude davanti a noi.
✠ Gianfranco Agostino Gardin
“Cristiani non si nasce, ma si diventa”. L’iniziazione cristiana: l’itinerario e i sacramenti
Relazione di don Luigi Girardi
Premesse generali
1. Parlando di iniziazione cristiana (= IC), ci riferiamo in senso proprio a quella degli adulti, in senso analogico anche a quella dei bambini. I due itinerari sono diversi e seguono logiche diverse: quella della conversione per gli adulti e quella dell’educazione per i fanciulli. Entrambi gli itinerari stanno cercando e sperimentando, oggi, soluzioni pastorali più convincenti.
2. È importante riconoscere la funzione propria dei riti sacramentali (riguarda la costituzione dell’identità cristiana) in stretto rapporto con le altre azioni pastorali per l’iniziazione (riguardano la formazione e sviluppo dell'identità). Il percorso di iniziazione cristiana, proprio perché riguarda l’edificazione della Chiesa, intreccia e fa convergere tutte le funzioni della pastorale (catechesi, liturgia, carità) nel contesto socio-culturale di oggi.
3. In questo intervento, consideriamo l’IC come pratica rituale-sacramentale che ci inserisce in Cristo e nella Chiesa. Trattandosi di una “pratica”, acquistano importanza anzitutto ciò che si fa, il “percorso” che si compie, il “corpo” che fa esperienza, le “emozioni” che sono attivate e che sorreggono le relazioni…
4. I riti, in generale, sono luogo di produzione di significati a diversi livelli (non solo a livello intellettuale), tramite la molteplicità e la pluri-stratificazione dei linguaggi rituali: nella celebrazione, non si parla solo con le parole, ma ancor di più con i gesti, le relazioni, i segni, gli spazi, i canti…
Gli “ingredienti” di un percorso di iniziazione
“Si diventa” cristiani o “si è fatti” cristiani? Il diventare cristiani nasce dall’incontro con Cristo e comprende sempre due dimensioni distinte e inseparabili: quella dell’itinerario progressivo, nel quale si dispiegano nel tempo sia la libera iniziativa di Dio sia la libera risposta dell’uomo (la sua adesione di fede), e quella dell’azione rituale, puntuale, nella quale si celebra la grazia che ci costituisce come figli del Padre in Cristo per lo Spirito. Questa struttura dell’iniziazione (percorso e azione rituale) deve sempre contenere e combinare insieme diversi elementi:
• un vangelo che “riscalda il cuore” (e che suscita il nostro “affidamento” al Dio che in esso si rivela);
• una chiesa che vive del vangelo e lo trasmette (quanto più è forte e nitida l’esperienza di Chiesa, tanto più si potrà favorire una appartenenza altrettanto forte e nitida ad essa);
• una ministerialità ecclesiale articolata che fa sperimentare la comunità/comunione ecclesiale (qualcuno che rappresenta la Chiesa, ha cura dell’iniziando e sa apprezzarne il valore);
• una formazione integrale ad essere credenti (attenzione all’intensità-profondità della formazione più che alla sua quantità-estensione) che coinvolge attivamente i destinatari (catecumeni/neofiti) secondo le loro caratteristiche.
L’iniziazione cristiana ha il suo culmine nei tre sacramenti (battesimo-confermazione e eucaristia). Essi celebrano l’eccedenza del dono, consentono la decisione della fede, mettono in atto la fraternità ecclesiale. Sono «in boccio» (nel simbolo rituale) ciò che è la vita cristiana nella sua «fioritura» (la varietà e unità delle membra ecclesiali, la ricchezza dei carismi…): infatti, ciò a cui si viene iniziati è anche ciò di cui vive costantemente la chiesa. Per questo, la vitalità dell’iniziazione riflette e sfocia nella vitalità della chiesa, e viceversa. Ma vale anche il “rovescio della medaglia”: le difficoltà dell’iniziazione cristiana sono sintomo e confermano le fatiche della vita ecclesiale.
Aspetti particolari (e problematici) della pastorale dell’IC
- Unità e ordine dei sacramenti. Si deve “riconquistare” l’unità dei tre sacramenti dell'IC (battesimo-confermazione e eucaristia) sul piano teologico, liturgico e pastorale, confrontandosi con il cambiamento del contesto ecclesiale e sociale in cui si dà la formazione e la vita cristiana. L’eucaristia, in particolare, deve apparire come il culmine dell'IC e l’anno liturgico come il cammino mistagogico permanente della Chiesa.
- I sacramenti e la fede. La fede non è solo un pre-requisito per l’accesso ai sacramenti, ma è anche un frutto che matura nella loro celebrazione e si sviluppa ulteriormente grazie ad essa. Occorre aver cura di tutte le fasi di questo percorso.
- Iniziazione e identità. L’IC segna un cambio di identità, una «rinascita dall’alto»: come si potrebbe descrivere il “passaggio” (di identità, con relative competenze, relazioni, stili di vita…) che avviene in chi è iniziato e come è avvertito?
- Iniziare nel contesto attuale. Il contesto socio-culturale attuale pone nuove problematiche pastorali, ma offre anche nuove opportunità. Sappiamo intravederle? Abbiamo gli strumenti e gli atteggiamenti per affrontarle insieme come chiesa?
VICARIATI DI NERVESA, CASTELFRANCO E MOGLIANO Lunedì 16 marzo 2015
Scheda di lavoro per il confronto nei gruppi Per la riflessione personale
Ripercorri sommariamente l’itinerario pastorale propostoci in questi anni dal nostro Vescovo.
3. Nel mio intervento alla conclusione dell’anno pastorale 2009-‐2010 ho già avuto modo di offrire alcune indicazioni per il cammino della nostra Chiesa. Ricordo concisamente che ho segnalato l’opportunità della continuità, della collaborazione (con particolare riferimento alle Collaborazioni pastorali), di una maggiore attenzione alla presenza e al ruolo ecclesiale dei fedeli laici, della valorizzazione di ciò che appartiene all’ordinarietà della vita ecclesiale e pastorale.
In quella stessa circostanza indicavo l’educazione come tema che guiderà il cammino di riflessione e di impegno della nostra diocesi nei prossimi anni. Questa scelta, frutto anche della consultazione del Consiglio presbiterale e degli altri collaboratori, ci colloca sia nel cammino della Chiesa italiana, che ha deciso di dedicare a questo tema il decennio 2010-‐2020, sia sulla scia delle indicazioni presentate dall’Esortazione pastorale “Camminate nella carità come Cristo ci ha amato” di mons. Andrea Bruno Mazzocato (2009). Inoltre, raccogliamo anche noi con obbediente disponibilità l’appello lanciato recentemente da Benedetto XVI, che ha segnalato con lucidità il profilarsi di una vera e propria “emergenza educativa”.
(G. A. GARDIN, “Cinque pani e due pesci”. Consapevoli del dono e della responsabilità dell’educazione)
1. Alla conclusione dell’anno pastorale 2010-‐2011, la sera del 3 giugno scorso, ho già annunciato il tema che dovrebbe costituire l’oggetto della nostra attenzione e del nostro impegno nel prossimo futuro: la formazione cristiana degli adulti. Questa scelta si colloca, come è noto, nel decennio in cui è chiesto alla chiesa italiana di porre al centro della sua riflessione e della sua attività pastorale il grande compito dell’educazione.
Facevo presente, in quella circostanza, che questo tema viene indicato negli orientamenti pastorali della CEI per il decennio in corso come la prima priorità tra quelle necessarie per “dare impulso e forza al compito educativo delle nostre comunità”, rilevando che “questa scelta qualificante, già presente negli orientamenti pastorali dei decenni passati, merita ulteriore sviluppo, accoglienza e diffusione nelle parrocchie e nelle altre realtà ecclesiali”. E aggiungevo: “Si potrebbe osservare che non si tratta certo di una scelta nuova e originale, anche se si dovranno poi definirne obiettivi particolari ed eventualmente alcuni destinatari specifici. Ma non deve sorprenderci che questa preoccupazione, la formazione di una chiesa fatta di cristiani adulti, riemerga sempre con forza, dal momento che una ragione (o la ragione) di fondo del nostro lavoro pastorale è – e non potrebbe essere diversamente – un’efficace trasmissione della fede”.
(G. A. GARDIN, “Una meraviglia ai nostri occhi”. Cristiani adulti in una chiesa adulta)
2. Mi sembra necessario esplicitare le ragioni di questa Lettera. Essa si potrebbe spiegare con il detto “da cosa nasce cosa”. La “cosa”, chiamiamola così, di partenza è la proposta lanciata dalla mia Lettera pastorale del 2011, Una meraviglia ai nostri occhi: quella di un impegno più meditato, convinto e fattivo nella formazione di cristiani adulti nella fede. All’interno di questo grande obiettivo è nata, lo scorso anno, la piccola “cosa” di un’attenzione particolare a coloro che operano in relazione al battesimo dei bambini: i catechisti che preparano i genitori e i genitori stessi. Dunque adulti che aiutano la fede di altri adulti (i catechisti) e adulti che ricevono aiuto per la loro fede (i genitori). Sono stati così realizzati, nello scorso anno pastorale, alcuni incontri a livello intervicariale e diocesano con la partecipazione di un buon numero di catechisti battesimali.
Ma ecco la terza “cosa”, nata a sua volta da questa iniziativa. La ricerca su come preparare i genitori al battesimo dei figli ha fatto sorgere un interrogativo: quale “consapevolezza battesimale” vi è nelle nostre comunità cristiane? I catechisti raccontano ai genitori dei battezzandi la bellezza e grandezza del dono che il
loro figlio sta per ricevere; ma poi viene spontaneo chiedersi: e chi questo dono lo ha già ricevuto, se ne ricorda? Ne ha coscienza? Lo vive? E la comunità cristiana che accoglie un nuovo battezzato si presenta come una comunità che riconosce nel battesimo l’origine della propria più radicale identità? 4. Sollecitato da questi pensieri, ho ritenuto utile offrire alcune riflessioni sul battesimo, per aiutarci a comprendere quale “peso” esso dovrebbe avere nella nostra vita cristiana personale e comunitaria. Questo nella cornice di quel vasto obiettivo, già richiamato, che ci vede impegnati in questi anni: quello di un cammino più deciso verso la condizione di cristiani adulti, dalla fede matura. Umanamente è difficile diventare adulti ignorando o rimuovendo la propria origine e la propria identità. Allo stesso modo, non si può diventare adulti nella fede avendo lasciato scomparire dal proprio orizzonte il battesimo, che “è il fondamento di tutta la vita cristiana, il vestibolo d’ingresso alla vita nello Spirito” (CCC, 1213). Ecco l’origine di questa Lettera e della proposta in essa contenuta. Essa non è niente di più che un piccolo fraterno aiuto nei cammini personali e comunitari verso una fede adulta e nella costruzione di una chiesa adulta.
(G. A. GARDIN, “Se tu conoscessi il dono di Dio”. Riscoprire il nostro battesimo)
Come è noto, rimarremo anche quest’anno sul tema del Battesimo, mettendo l’accento sulla “risalita battesimale”. Rifacendoci alla figura del battesimo per immersione, noi siamo usciti dal fonte come “creature nuove in Cristo” (cf. 2Cor5,17); ma siamo chiamati a vivere e rivivere continuamente questa risalita, che è nello stesso tempo una immersione di battezzati e da battezzati nella comunità, nel mondo, nella storia, nelle vicende di tutti i giorni, nelle relazioni quotidiane.
(G. A. GARDIN, Intervento di apertura dell’anno pastorale, San Nicolò, 19 settembre 2014)
Ora lascia emergere le immagini, i sentimenti e i pensieri che ti nascono dentro.
Dopo qualche minuto, facendo riferimento al tuo vissuto personale ed ecclesiale, chiediti:
1. Con quale spirito (gioia, soddisfazione, resistenza, perplessità, disaccordo, sopportazione…) ho accolto stamattina la relazione del Vescovo? Come mi sono posto di fronte agli orientamenti pastorali che in questi anni mi sono stati dati dal Vescovo e dai suoi più stretti collaboratori? E la recezione della mia parrocchia (laici impegnati, organismi di partecipazione, “fedeli della domenica”…) e della mia collaborazione pastorale qual è stata?
2. Come mi sto impegnando concretamente a promuovere l’attuazione di tali orientamenti nell’ordinarietà dell’agire pastorale della mia comunità cristiana? Da questo punto di vista, quali sono le difficoltà che incontro e quali le “risorse” su cui mi accorgo di poter contare?
3. In seno alla mia comunità sono nate iniziative nuove o itinerari inediti di formazione (prima evangelizzazione, catechesi…) degli adulti (non solo di riscoperta del battesimo)? Come stanno procedendo (fatiche, limiti, segnali confortanti…)? Me la sento di narrare ai miei confratelli una “sperimentazione” riuscita e di condividere con loro le condizioni che l’hanno resa tale?
Ai fini di una comunicazione in gruppo più chiara ed efficace può esserti utile appuntarti qualcosa.
Per il lavoro di gruppo
Si scelga subito un segretario, che avrà il compito di annotare quanto emergerà, per poi ordinarlo e riportarlo in assemblea.
Le domande guida per la condivisione sono le stesse del lavoro personale.
Non ci si lasci prendere dall’ansia di dover rispondere a tutte le domande, ciò che conta piuttosto è che ci si ascolti con attenzione e rispetto.
Gli interventi siano relativamente brevi, per permettere a tutti di parlare.
Gli ultimi venti minuti siano spesi per tirare insieme le somme di quanto condiviso.