dall'agricoltore al consumatore
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I.C. “G. Zanellato” Monselice
Padova
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Classe 1^A e 2^D as 2015-2016
Prof.ssa Annalisa Martello
Prof.ssa Laura Presotto
Il contadino di un tempo
Mio nonno mi raccontava che, all’alba,
prima che sorgesse il sole, i contadini si
recavano in campagna a lavorare la terra.
Cercavano di rendere fertile il terreno, ma
questo richiedeva molta fatica e sacrificio.
A quell’epoca non avevano nessuna
sicurezza sul lavoro e nemmeno
informazioni, perché finanziariamente non
potevano comprare i giornali.
Al tramontar del sole tornavano dalla campagna e si preparavano per la cena che la moglie aveva
cucinato: minestra, patate e fagioli con polenta. Prima, però, il capo famiglia e la massaia entravano
nella stalla, davano da mangiare e da bere alle mucche, poi le mungevano e così ricavavano il
prezioso latte che veniva usato per la colazione del mattino ed anche per la polenta della cena.
Dopo aver cenato gli spettava il riposo e un dolce sonno, ma prima di dormire la moglie recitava il
rosario come voleva la tradizione familiare; solo al termine del rosario ci si faceva l’augurio della
buona notte. Nella camera da letto c’era un porta catino e una brocca con l’acqua che si usava alla
mattina per lavarsi il viso.
Nel secolo scorso, molte famiglie vivevano nelle cascine fuori paese, prive di acqua e di elettricità.
Per la luce possedevano una lampada a petrolio, per l’acqua potabile avevano a disposizione un
pozzo nei pressi della cascina.
Dopo la guerra, con l’arrivo della luce e dell’acqua potabile, i contadini si modernizzarono
portandole anche nelle loro case e così cominciarono a vivere discretamente e civilmente.
Inoltre, con il passare del tempo i loro figli
iniziarono a guardarsi intorno e ad
abbandonare la campagna per la città, dove
c’erano emancipazione, studio e lavoro.
I giovani avevano capito che c’era possibilità
di studiare per garantirsi un avvenire migliore.
Era nata la vita moderna, e poco per volta
anche i contadini furono costretti a sottoporsi
allo sviluppo tecnologico migliorando anche
la loro quotidianità.
Il contadino moderno
A differenza dei contadini di un tempo, il contadino odierno vede migliorate non solo le sue
condizioni sociali, al pari di qualsiasi altro cittadino senza differenza di classe, ma anche quelle
economiche. L’attività agricola, infatti, oggi
rappresenta una possibilità lavorativa concreta in grado
di assicurare posti di lavoro e profitti, alla quale
iniziano ad affacciarsi nuovamente i giovani alla ricerca
di un impiego attento alla terra e ai suoi frutti.
Le pratiche quotidiane del contadino risultano, però,
molto diverse da quelle dei secoli passati. Oggi avviare
un’attività agricola significa avere conoscenze e figure professionali attente non solo alle diverse
fasi della crescita delle piante, ma ad esempio anche ai composti chimici usati come fertilizzanti,
agli insetti benefici nei confronti delle piantagioni creando un ambiente con minori insidie e, inoltre,
sono necessarie figure tecniche per la
progettazione e manutenzione delle
macchine agricole, che hanno saputo
alleviare le fatiche dei contadini e
velocizzare le produzioni.
Inoltre, il contadino moderno si può
trovare a svolgere compiti e mansioni
che hanno a che vedere, come
qualsiasi altra azienda, con
investimenti, burocrazia e altri
compiti imprenditoriali.
Coltivare con la luna
Come precedentemente scritto i contadini non avevano fonti di
informazioni, non avevano enciclopedie, giornali, computer. Le loro
conoscenze erano frutto di esperienze e nozioni tramandate dai loro
padri.
Non avevano attrezzi d’avanguardia come quelli di oggi e non usavano
per le colture fertilizzanti chimici di ultimo tipo.
Ma soprattutto… si dovevano affidare alla clemenza del tempo.
Ogni stagione aveva la sua caratteristica e per ogni stagione sapevano
gestire le attività dei campi.
Un ruolo importante per il lavoro dei campi l’ha rappresentato la luna.
Ogni contadino ha dedicato parte della sua vita a osservare il
comportamento degli alberi e delle piante nelle varie fasi del loro
sviluppo e le ha messe in relazione con l’attività della luna; sapevano
interpretare le varie fasi lunari a cui facevano corrispondere ogni
periodo della loro vita.
Si celebrava il plenilunio nei giorni di semina e di raccolto con danze e
canti o semplicemente con gioia e speranza. I nonni guardando la luna
capivano quando fare trapianti, innesti o irrigare i campi.
I contadini di un tempo hanno seminato, trapiantato, raccolto, fatto
innesti, anno dopo anno, mese dopo mese, e ci hanno dimostrato che, nel
macrocosmo vivente, ci sono forze naturali che si possono sfruttare
prima di ricorrere all’intervento artificiale della chimica.
La filiera corta
Ai giorni nostri si sta valorizzando la produzione locale e si sta
recuperando il legame con le proprie origini, esaltando nel contempo
gusti e sapori tipici delle tradizioni gastronomiche dei territori.
Infatti i prodotti vegetali “locali”, tra cui sicuramente frutta e verdura,
nelle zone a forte produzione agricola, dopo la raccolta vengono subito
messi in commercio. Questo garantisce una maggior freschezza e
migliori caratteristiche organolettiche, grazie al breve tempo di trasporto.
In questo modo viene valorizzato il consumo dei prodotti stagionali
recuperando così il legame con il ciclo della natura e con la produzione
agricola.
Si viene così a stabilire quello che viene chiamato “gli alimenti a Km
zero”, definiti anche con il termine più tecnico “a filiera corta”. Sono
prodotti locali venduti o somministrati nelle vicinanze del luogo di
produzione. Questi alimenti hanno per lo più un prezzo contenuto dovuto
a: ridotti costi di trasporto e di distribuzione, assenza di intermediari
commerciali, ma anche a scarso ricarico del venditore che spesso è lo
stesso agricoltore o allevatore.
“Agrimons”: farmers market di Monselice
Mercato della freschezza con prodotti a Km 0
Nel nostro paese è stato aperto un centro attivo nella
vendita di prodotti stagionali provenienti dalle
aziende agricole locali a prezzi convenienti rispetto a
supermercati ed esercizi commerciali.
Questo mercato ha luogo nei pressi del centro storico
di Monselice, cittadina ai piedi dei Colli Euganei che
ha dato vita ad uno dei primi farmers market in
Italia: per tre volte alla settimana i contadini locali portano i prodotti appena raccolti nell’edificio,
ex macello, divenuta loro sede, dove li vendono direttamente
ai consumatori.
Il nome “Agrimons” nasce dall'unione di Agri che sta per
agricoltori e Mons, l’abbreviazione di mons-silicis, il “monte
di silicio”, la pietra dura estratta dai Colli Euganei da cui
Monselice ha preso il nome.
Al Consorzio Agrimons costituito nel 2004 aderiscono 15
aziende agricole del territorio in collaborazione con le
organizzazioni di categoria e l’amministrazione comunale di
Monselice.
Ogni lunedì e sabato mattina, oltre al mercoledì pomeriggio, è
possibile trovare il meglio delle primizie di stagione e delle
tipicità del territorio: frutta e verdura fresca, insaccati e
formaggi, piccoli frutti dei Colli, olio extravergine d’oliva dei
Colli e miele, fiori in pianta e recisi, insieme a tanti altri
prodotti legati al territorio e al ciclo delle stagioni. Il tutto
garantito all’origine dagli stessi imprenditori agricoli, pronti a
fornire tutte le indicazioni utili al consumatore, dalle caratteristiche
alle opportunità di consumo.
L’obiettivo dei farmers market è dare valore al territorio e
privilegiare la “filiera corta”, far incontrare cioè produttore e
consumatore, promuovere la stagionalità dei frutti della terra.
Ciò permette di dare la giusta visibilità alle aziende che lavorano
con impegno e passione.
Le imprese agricole locali diventano protagoniste e “ambasciatrici” della qualità, in un dialogo
sempre aperto con la società civile. Ciò comporta
anche una precisa responsabilità, un impegno alla
trasparenza per tenere fede al “patto” sottoscritto
con i consumatori, all’insegna della rintracciabilità
dei prodotti, della sicurezza alimentare, del rispetto
e della tutela dell’ambiente.
LE CONFIDENZE DEGLI UCCELLINI CIP E CIOP
CIP: Ciao amico mio, perché stamattina non canti? Il sole si è già levato.
CIOP: Hai ragione, ma sono tanto triste, perché al sorgere del sole vorrei librarmi nel cielo limpido e
cinguettare festoso, salutare gli alberi, i fiori, gli animali e tutti gli uomini, in particolare i bambini che
amo tanto. Ma ahimè, ogni giorno mi preoccupo perché non so se vivrò fino a sera! Il cielo è sempre
scuro, l’aria è pesante, piena di odori e si respira male.
CIP: Hai ragione, già alle prime luci dell’alba le strade sono piene di
automobili: tutti hanno fretta, ci sono ingorghi impressionanti, rumori
frastornanti. Dalle macchine escono tanti gas, che sono i responsabili
dell’inquinamento.
CIOP: Eh sì, passero saggio! L’uomo ha preferito le strade agli alberi, condomini ai campi, intere
città ai prati verdi e non pensa che così sta uccidendo la natura.
CIP: Non solo la natura, ma anche i monumenti, le statue … Proprio qualche giorno fa, sentivo le
statue parlare di piogge acide e si dicevano preoccupate perché col passare del tempo sarebbero state
corrose.
CIOP: Ma cosa sono le piogge acide?
CIP: Ti ricordi stamattina che osservavamo tutto quel traffico sulle strade? Le macchine scaricano
tanto gas, che mescolato con la pioggia, la renderà acida e corrosiva.
CIOP: Allora mi spiego perché la pelle mi brucia quando piove, le erbe si lamentano perché non
hanno la forza di crescere, le piante perdono le foglie… Tutta colpa di questo inquinamento!
CIP: Inquinamento dell’aria, inquinamento acustico, inquinamento del suolo. Poveri noi animali,
l’uomo non ci rispetta più, non ci ama; e quando ci troverà stesi sul campo perché abbiamo mangiato i
semi avvelenati o cadremo per terra sotto i colpi di un fucile, o rimarremo schiacciati dalle ruote delle
macchine, si renderà conto in maniera triste e tragica che sta distruggendo la natura e con essa gli
animali. Con il passare del tempo non ci saranno più uccelli festosi ad annunciare le stagioni, non ci
saranno più animaletti sempre in movimento a rallegrare i prati, ma rimarrà l’uomo, solo e triste,
circondato da cose, case e condomini.
La RIUNIONE INTERNAZIONALE dei LOMBRICHI
“Dai andiamo! Altrimenti faremo tardi alla “Riunione
Internazionale dei Lombrichi Campagnoli!”
-Si tratta di una riunione indetta annualmente come
ragguaglio sui miglioramenti del territorio attuati
dall’uomo. Come si sa i lombrichi sono molto delicati, e se
si vuole fare un buon lavoro bisogna avere un buon
terreno.-
Così Lomb e Rico, i soliti ritardati, strisciavano di tutta fretta verso la riunione.
Quando arrivarono era già iniziata, ma si erano persi solo un noiosissimo discorso d’apertura.
Dopo presero la parola vari personaggi, il primo fu Chino, un giovane trentenne,
figlio di Lombry, che esclamò: “Io sono vissuto in una terra inquinata e gli uomini
non si sono nemmeno preoccupati di noi e per fertilizzare ancora dì più il terreno
ci hanno buttato dei prodotti chimici, e così abbiamo dovuto cambiare casa!”
Dopo prese la parola un anziano anellide venuto dall’Italia che esordì dicendo:
“Invece io vivo benissimo in un campo ben curato, ma quando il mangiare finisce vado nel campo vicino ed è là
che protesto perché a distanza di metri il terreno cambia.
Alcuni terreni sono buoni e fertili, mentre altri sono
contaminati da veleni dispersi dall’uomo. Perciò, devo fare
chilometri e chilometri per trovare un buon terreno coltivato.”
La giornata proseguì così fino all’una, ora della pausa pranzo. Lomb si intrattenne in conversazioni per
conoscere nuovi amici, mentre Rico, il solito affamato, si stava rimpinzando di foglie tenerissime.
Suonò la campana di ritorno alla riunione, che proseguì con ulteriori
testimonianze, proteste e opinioni varie.
“Io propongo di invadere la fabbrica dei prodotti chimici e di distruggerli!”
“Ma ci vuoi mettere in ridicolo e in pericolo? Dobbiamo fargli capire che ci
stanno uccidendo con i loro veleni!” urlò l’anziano anellide a squarciagola.
Da questa riunione emersero anche molte proposte da parte dei partecipanti, in particolare a Rico venne
un’idea: “Facciamo capire tutto ciò a questi uomini avvelenatori! Io propongo di fare sciopero e di andare in
vacanza nei paesi del mondo non inquinati a trovare tutti i nostri parenti più fortunati!”
Gridarono tutti in coro in senso di approvazione. Si decise la data di partenza e preparate le valigie partirono
insieme.
Da quel giorno gli uomini avrebbero avuto problemi con l’agricoltura, per mancanza dell’attività dei lombrichi e
delle sostanze organiche da essi prodotte. Così gli uomini avrebbero capito che dare i prodotti chimici non
inquina solo il terreno, ma uccide tutte le utili specie animali e vegetali che ci vivono e che rendono fertile il
terreno.
BREVE STORIA della FRUTTA E
della VERDURA
A MONSELICE
Dopo aver visto alcuni filmati relativi alle coltivazioni e
all’ambiente in cui cresciamo, abbiamo pensato di
approfondire la nostra conoscenza del territorio in cui
viviamo dato anche che, nel mondo del consumo e della
continua richiesta, frutta e verdura non devono mai
mancare sulle nostre tavole. Ancora meglio se impariamo
a consumare in modo consapevole!
Nel Veneto Monselice è un luogo di alta produzione di
ortaggi e frutta. Sono molto diffusi i piccoli orti di
campagna, ma anche i mercati degli agricoltori in cui i
produttori agricoli, tutti iscritti a Coldiretti e che
aderiscono a Campagna Amica, si impegnano per questo a
vendere solo i loro prodotti, italiani e a km zero. Ne è un
esempio l’Agrimons (Promossa da Coldiretti, Fondazione
Campagna Amica e nata nel 2008), uno dei primi farmer
markets in Italia dove, per tre volte alla settimana,
i contadini locali portano e vendono direttamente ai
consumatori i loro prodotti appena raccolti, nell’edificio
dell’ex macello di Monselice che è divenuto loro sede. Il nome del mercato nasce dall'unione di “Agri” che sta
per agricoltori e “mons”, abbreviazione di mons-silicis, il
“monte di silicio”, la pietra dura da cui appunto il nome
Monselice. Non mancano certo anche i grandi
Supermercati, cioè la grossa distribuzione, che
espongono e vendono prodotti perfetti e allineati ma
non sempre e solo “di stagione”.
Storia della coltivazione a Monselice
Verdura e cereali
50 anni fa si coltivava tanto frumento, barbabietole da
zucchero e poco mais. Per proteggere le piante dai
parassiti si usavano, come pesticidi, atrazine molto
inquinanti per le falde acquifere.
30 anni fa gli agricoltori hanno eliminato la barbabietole
e hanno avviato una maggiore produzione di mais e
frumento.
Oggi vengono coltivati in prevalenza la soia, il
granoturco e gli asparagi, la produzione di frumento è
invece molto diminuita.
Frutta
50 anni fa la frutta scarseggiava, anche se mele e
pere erano una produzione molto diffusa insieme
alle vigne, poiché ogni famiglia possedeva almeno
un piccolo appezzamento di terra che coltivava.
30 anni fa queste coltivazioni persero la loro
diffusione e la produzione sostituite da kiwi e
pesche.
Oggi, la frutta non manca, soprattutto mele, pere
e pesche, queste ultime usate per produrre
marmellate e confetture a scopo commerciale. In
questo ultimo periodo la coltivazione delle mele è
calata a discapito di quella delle pesche, mentre le
vigne si stanno perdendo nelle tradizione della
coltivazione, sostituite soprattutto dalle piante di
kiwi. Questi cambiamenti sicuramente sono dovuti
a due motivi: la richiesta che cambia con le “mode”
e la facilità o meno di coltivazione oltre al costo di
produzione.
Molto diffusa anche ad Arquà Petrarca (comune
confinante con Monselice) la presenza dei
giuggioli, che sono ancora piantati nei giardini di
molte abitazioni e quindi la produzione di
giuggiole (il frutto è maturo a fine estate), che
sono utilizzate per realizzare ottime
confetture, sciroppi e il famoso brodo di
giuggiole.
La nostra ricerca ci ha permesso di parlare con
i nostri nonni e con le persone che ancora oggi
lavorano e faticano nei campi e, soprattutto, di
comprendere che ogni stagione ha i suoi
“frutti”, diversi da quelli del supermercato che
vende tutto in qualunque stagione.
Per completare il lavoro abbiamo progettato e
realizzato la costruzione di diorami che
rappresentano la situazione così come l’abbiamo
vista e indagata.