tesina finale
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LICEO SOCIOPSICOPEDAGOGICO S. SLATAPER GORIZIA
ESAME DI STATO 2011-2012
Il desiderio
Il desiderio come natura costitutiva dell’uomo
Isabella Trani Classe VBS
1
Indice
INTRODUZIONE ................................................................................................................. 3
COLLEGAMENTI ...................................... .......................................................................... 4
PEDAGOGIA ......................................... .............................................................................. 5
1. Don Luigi Giussani............................................................................................................................................. 5
2. Il nuovo metodo educativo ................................................................................................................................ 5
2.1 Il primo fattore: la realtà ................................................................................................................................. 6
2.2 Il secondo fattore: la tradizione ...................................................................................................................... 7
2.2.1 Giussani e la realtà politica .......................................................................................................................... 7
2.3 L’autorità: una figura “provocante” .............................................................................................................. 8
2.4 La verifica personale e il rischio educativo .................................................................................................... 8
ITALIANO .......................................... ................................................................................ 10
Ulisse e l’ “ardor del divenir del mondo esperto” .............................................................................................. 10
Inferno, XXVI ...................................................................................................................................................... 10
“L’Amor che move il sole e l’altre stelle” ........................................................................................................... 12
Paradiso, XXXIII ................................................................................................................................................. 12
STORIA DELL’ARTE................................... ...................................................................... 16
Le stelle di Van Gogh: il de-sideribus ................................................................................................................. 16
Notte stellata ......................................................................................................................................................... 16
Van Gogh: una realtà esteriore e interiore ......................................................................................................... 18
ENGLISH LITERATURE ................................ ................................................................... 19
William Butler Yeats: the desire for freedom .................................................................................................... 19
The Irish Question ............................................................................................................................................... 19
2
The poem: “Easter 1916” .................................................................................................................................... 19
BIBLIOGRAFIA ...................................... ........................................................................... 21
SITOGRAFIA ........................................ ............................................................................. 21
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INTRODUZIONE
Il termine desiderio è una delle parole la cui etimologia è incerta. Ve ne sono principalmente
due, che sono diametralmente opposte.
I. Primo significato
Il Dizionario etimologico della lingua italiana (DELI) riporta come significato originario della
parola questa definizione: “cessare di contemplare le stelle a scopo augurale”.
II. Secondo significato
Il professor Roberto Filippetti, studioso e docente in una scuola superiore di Venezia, ma anche
ad un master universitario a Roma, propone una seconda etimologia: “Desiderio deriva dal
latino de-sideribus, ovvero che riguarda le stelle. L’uomo è propriamente colui che de-sidera,
che sente la ‘mancanza delle stelle’: da quando l’uomo alzò lo sguardo verso il cielo stellato, ha
sempre riconosciuto con stupore di essere pieno di questa sete struggente”.
È in particolare sul secondo significato che si concentra questo approfondimento, centrato
sull’importanza fondamentale del desiderio nella vita dell’uomo, in ambito pedagogico,
letterario, artistico e in parte politico.
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COLLEGAMENTI
PEDAGOGIA: Il desiderio di conoscenza e la libertà come cardini della metodologia educativa
di don Luigi Giussani.
ITALIANO : Il desiderio di conoscenza di Ulisse si rivela come il fattore che mette in moto il
cuore dell’uomo e al contempo come rovina stessa della vita umana. Può il desiderio essere
davvero la natura costitutiva dell’uomo? Nel Paradiso sì, il desiderio non solo è ciò che
caratterizza l’animo umano, ma è posto anche come strumento di salvezza.
STORIA DELL’ ARTE: Van Gogh, il massimo rappresentante del desiderio come “de-
sideribus”, cioè come tensione spirituale verso le stelle.
LETTERATURA INGLESE: Il desiderio di libertà dei ribelli irlandesi di Yeats: il compimento
del desiderio dell’uomo diventa più importante della vita stessa.
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PEDAGOGIA
1. Don Luigi Giussani
Monsignor Luigi Giussani (Desio, 1922 – Milano 2005) è stato sacerdote e teologo
italiano, fondatore nel 1954 di Gioventù Studentesca (liceo Berchet di Milano) e del
movimento di Comunione e Liberazione nel 1969.
2. Il nuovo metodo educativo
La riflessione di don Giussani sull’educazione, che troverà nel saggio “Il rischio
educativo” la sua esposizione sistematica, parte dalla certezza dell’esperienza cristiana
come risposta all’esistenza dell’uomo e dal desiderio di proporre questa esperienza alle
domande e alle esigenze dei giovani, che vivevano sempre più in un contesto di
progressiva ostilità verso la fede e la Chiesa cattolica.
“Tutto cominciò con un piccolo episodio, destinato tuttavia a mutare la mia vita:
recandomi sul litorale adriatico per un periodo di vacanza, durante il viaggio in treno
parlai per caso con alcuni studenti trovandoli paurosamente ignoranti della Chiesa. Ed
essendo costretto - per lealtà, per sanità d’animo - ad attribuire a tale ignoranza il loro
disgusto e la loro indifferenza per la Chiesa stessa, pensai allora di dedicarmi alla
ricostruzione di una presenza cristiana nell’ambiente studentesco.”1
A partire dall’anno scolastico 1954 insegna religione al liceo classico Berchet di Milano,
dove rimarrà fino al 1967. Contenuto delle sue lezioni sono i temi che lo accompagneranno
lungo tutto il suo itinerario umano e di educatore: il senso religioso e la ragionevolezza
della fede, l’ ipotesi e la realtà della Rivelazione, la pedagogia di Cristo nel rivelarsi, la
natura della Chiesa come continuità della presenza di Cristo nella storia fino a oggi.
Nel 1955 riceve la nomina ad Assistente Diocesano di Gioventù Studentesca. Pubblica
Risposte cristiane ai problemi dei giovani. 1 Luigi Giussani, Il movimento di Comunione e Liberazione. Conversazioni con Robi Ronza (1986), Jaca Book, pp. 12-13.
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Nel 1957 don Giussani pubblica “Il senso religioso”, prima versione di un testo le cui
successive edizioni approfondiranno i contenuti e le preoccupazioni di quel primo libretto.
Il percorso dell’elaborazione sul metodo dell’educazione è sempre immerso nella storia di
Gioventù studentesca che, dopo una crisi nel 1968 quando molti lasciarono GS per aderire
al Movimento studentesco, attraverso il Centro culturale Charles Péguy di Milano venne
riproposta l’esperienza originale. Nel 1969 compare per la prima volta il nome
«Comunione e Liberazione», in un manifesto scritto da alcuni studenti dell’Università
Statale di Milano, che intuirono e ripresero l’idea iniziale da cui era nata GS.
"Fino dalla prima ora di scuola ho sempre detto: «Non sono qui perché voi riteniate come
vostre le idee che vi do io, ma per insegnarvi un metodo vero per giudicare le cose che io
vi dirò. E le cose che io vi dirò sono un’esperienza che è l’esito di un lungo passato:
duemila anni».
E’ dalla certezza sulla vera natura dell’umano, che ha nel “cuore” la possibilità
insopprimibile di riconoscere il vero che Giussani vede nella vivacità, nel desiderio di
sapere dei suoi studenti una capacità esistenziale. Precisamente l’espressione dell’esigenza
umana della ricerca del vero significato. Questa ricerca si esprime anche nell’impegno
politico e nella curiosità intellettuale. Questa ricerca però esige una lealtà, un’apertura
incondizionata alla realtà, esige la ragione come esigenza dell’infinito. Nel 1977 viene
pubblicato “Il rischio educativo”.
La pedagogia di Giussani si articola su quattro elementi cardine: la realtà, la tradizione, la
figura autoritaria e la libertà.
2.1 Il primo fattore: la realtà
L’educazione è “introduzione alla realtà totale” e deve quindi permettere lo sviluppo e la
realizzazione delle capacità cognitive che permettono la conoscenza di tutti gli aspetti della
realtà e della vita umana. Il concetto di realtà è uno dei fattori educativi fondamentali per il
sacerdote lombardo, infatti egli afferma che “un’educazione ha tanto più valore quanto più
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obbedisce a questa realtà”2. Si può anche dire che l’educazione è un’introduzione alla
vita, perché la vita è rapporto con la realtà. Ma quest’ultima per essere vera fonte di
esperienza e quindi fattore educativo, deve essere affermata, cioè deve essere affermata
l’esistenza del significato della vita. In altre parole l’educazione è introduzione alla vita,
che è il rapporto con il reale, e più precisamente ricerca costante del senso ultimo delle
cose.
Giussani identifica il senso ultimo della realtà in un incontro, che è l’incontro con Cristo
tramite la Chiesa cattolica, e da questo incontro nasce il significato totale e ultimo della
realtà; è bene ricordare, comunque, che il suo metodo educativo si propone anche come
modello su cui basare educazioni svincolate dal contesto religioso.
2.2 Il secondo fattore: la tradizione
Alla base dell’educazione, come già detto, c’è la realtà e l’esistenza di un suo significato
ultimo. In che modo l’educazione introduce a questa realtà? Giussani pone come strumento
di conoscenza della realtà la tradizione, intesa come l’insieme dei valori, delle abitudini e
dei comportamenti propri di una generazione, in questo caso quella dei genitori e degli
insegnanti.
La tradizione è spiegata da Giussani come “ipotesi esplicativa della realtà”3, perché è
necessario che i valori trasmessi siano costantemente messi in dubbio e verificati
nell’esperienza con la realtà. Se la tradizione fosse certezza e non fosse necessario
verificarla di continuo, l’educazione non sarebbe “introduzione” alla realtà ma
“conoscenza a priori” della realtà. Questo passaggio dimostra anche il valore del “dubbio”,
in una pedagogia che non vuole solo imporre la tradizione cristiana come certezza assoluta,
ma la vuole proporre.
2.2.1 Giussani e la realtà politica
Giussani si confronta anche con la realtà politica del tempo, che propone diverse ideologie
capaci di guidare le decisioni di vita, soprattutto delle giovani generazioni. Il sacerdote
2 Luigi Giussani, Il rischio educativo, Milano (1977), Jaca Book, pg.40
3 Ivi, pg. 43
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trova però poco valido il metodo “politico” come strumento educativo, per una semplice
ragione: la proposta politica comprende solo un aspetto della vita dell’individuo. Ridurre
tutta la realtà, tutta la vita ad un solo aspetto conduce, secondo Giussani, a
un’insoddisfazione della persona, che non potendo far fronte a tutte le esperienze della
realtà con un solo metro di giudizio, abbandona la ricerca del significato delle cose e ne
consegue dunque un affievolimento del desiderio di conoscenza.
La riduzione della realtà a un solo punto di vista che non è in grado di ricomprenderla
interamente risulta dunque insufficiente per costituire un metodo educativo capace di
introdurre l’individuo alla realtà.
2.3 L’autorità: una figura “provocante”
Legata al concetto di tradizione vi è la figura dell’ autorità, cioè “colui che propone la
tradizione” e questo ruolo è rivestito prima dalla famiglia e successivamente dalla scuola.
“Autorità” ben si inserisce nel contesto pedagogico anche in riferimento all’etimologia:
autorità, dal latino auctoritas, che a sua volta deriva da augere, “ciò che fa crescere”.
Giussani ritiene che il compito principale della figura autoritaria sia certamente quello di
trasmettere i valori della tradizione, ma anche quello di costituire uno stimolo, una
provocazione nei confronti del giovane. Per essere più chiari, l’educatore deve dimostrare
di vivere secondo i valori proposti, di proporre un metodo educativo che sia per prima
cosa un metodo di vita per se stesso.
Se la stessa autorità è incapace di dimostrare nella sua esperienza di vita la validità di ciò
che propone, l’adolescente capisce che la tradizione proposta non è più valida.
2.4 La verifica personale e il rischio educativo
Il punto focale della pedagogia giussaniana è però l’ iniziativa , l’interesse personale e
l’impegno con la realtà che si esprime soprattutto durante i primi anni dell’adolescenza.
La verifica personale dei valori proposti diventa una sollecitazione alla responsabilità nei
confronti della propria vita. Lo scopo dell’educazione è quindi quello di responsabilizzare,
di formare un uomo autonomo, libero, capace di critica degli avvenimenti della realtà e
che, alla fine del percorso, riesca a conquistare una propria visione del mondo.
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Una pedagogia come quella di Giussani richiede un impegno del giovane, oltre che
dell’educatore. Il metodo educativo è incentrato sull’ autonomia, sul libero arbitrio. Un
impegno pericoloso, perché il giovane può accettare il valore proposto, la tradizione, ma
possiede anche la libertà di rifiutare quest’educazione. È questa libertà nel rapporto con la
realtà e con i valori proposti, rappresenta un rischio, il rischio educativo.
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ITALIANO
Ulisse e l’ “ardor del divenir del mondo esperto”
Inferno, XXVI
Nell’ottava Bolgia dell’ottavo cerchio Dante colloca Ulisse, avvolto dalla stessa fiamma di
Diomede, punito in quanto “consigliere fraudolento”. Ma è Virgilio che spiega a Dante
quali sono i peccati per cui l’eroe omerico viene punito e Ulisse racconta dei suoi ultimi
anni di vita, del suo ultimo viaggio oltre le colonne d’Ercole.
indi la cima qua e là menando,
come fosse la lingua che parlasse,
90 gittò voce di fuori e disse: «Quando
mi diparti' da Circe, che sottrasse
anno là presso a Gaeta,
93 prima che sì Enëa la nomasse,
La fiamma si muove come una lingua che sta parlando e Ulisse comincia a raccontare,
facendo iniziare la sua storia dal momento in cui parte da Gaeta, che al tempo non era
ancora stata chiamata così da Enea e in cui era stato trattenuto dalla maga Circe.
né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né 'l debito amore
96 lo qual dovea Penelope far lieta,
vincer potero dentro a me l'ardore
ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto
99 e de li vizi umani e del valore;
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Niente può fermare in Ulisse il desiderio di diventare “del mondo esperto”. Né l’affetto per
il figlio Telemaco e per il padre Laerte, né il debito d’amore che aveva contratto con
Penelope, moglie devota che lo aveva atteso per venti anni e si aspettava di trascorrere con
lui gli ultimi anni di vita. Gli affetti qui non sono negati, ma non sono sufficienti.
Nell’ardore che lo spinge a partire nuovamente Ulisse riconosce una fonte di verità e di
conoscenza, quasi un dovere naturale che viene prima di tutto, persino prima dei suoi
affetti. Ulisse ha il desiderio dell’uomo che vuole andare oltre se stesso e, mosso da questa
tensione, riparte.
ma misi me per l'alto mare aperto
sol con un legno e con quella compagna
102 picciola da la qual non fui diserto.
Ulisse non dice “mi misi”, ma “misi me”: la scelta di questo complemento oggetto così
forte non è casuale. Il “misi me” dà proprio l’idea dell’uomo che prende il proprio
desiderio seriamente, che asseconda la tensione che egli sente; Franco Nembrini,
insegnante in una scuola superiore di secondo grado a Bergamo e autore di alcuni libri di
critica di Dante, commenta dicendo: “Non è possibile fermarsi neanche un secondo”.
Ulisse non può fermarsi, deve “gettare il cuore oltre l’ostacolo”, deve proprio andare a
conoscere “l’alto mare aperto”, metaforicamente l’infinita sapienza, la conoscenza oltre i
limiti della finitudine umana, perché la ragione esige un senso di tutte le cose.
Dal verso 103 al verso 110 Ulisse spiega che l’obiettivo di tutta la compagnia è di
attraversare le colonne d’Ercole, ma all’eroe omerico non sfugge che i compagni sono
ormai vecchi e stanchi, probabilmente titubanti. I prossimi versi sono infatti aperti da una
peroratio, da un incoraggiamento di Ulisse ai suoi uomini.
VV. 112-126
"O frati", dissi, "che per cento milia
perigli siete giunti a l'occidente,
114 a questa tanto picciola vigilia
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d'i nostri sensi ch'è del rimanente
non vogliate negar l'esperïenza,
117 di retro al sol, del mondo sanza gente.
Ulisse chiama i suoi compagni “frati”, fratelli: in questo momento decisivo egli li sente
fratelli, uguali a lui, fatti nello stesso modo. Ulisse dice loro: “fratelli, siete giunti a
occidente, fino a qui, dopo cento miglia di pericoli, siete arrivati a quel che resta della vita
(che è la “picciola vigilia”) perciò non rifiutate quest’ultima esperienza di andare nel
mondo disabitato, oltre le Colonne d’Ercole, seguendo il corso del sole”.
Oltre a “picciola” riferito a “vigilia” ritorna anche il tema dell’esperienza, che riprende il
“divenir del mondo esperto” dei versi precedenti: è sottolineata di nuovo l’importanza di
essere in prima linea, di esperire, di verificare sulla propria pelle la vita.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
120 ma per seguir virtute e canoscenza".
Dice Ulisse: “Considerate la vostra natura, la vostra radice”, cioè assumetevi la
responsabilità di quello che siete, “Non siete fatti per vivere come le bestie”, siete uomini,
non animali!, “ma siete fatti per seguire la virtù, il vostro cuore, e la conoscenza”. La
natura stessa dell’uomo esige il vero, esige di conoscere tutta la realtà e qui Ulisse diventa
l’uomo di tutti i tempi, quello che nasce con la necessità, il desiderio inestinguibile di
verità.
“L’Amor che move il sole e l’altre stelle”
Paradiso, XXXIII
L’ultimo canto del Paradiso, canto conclusivo della Divina Commedia, si articola in tre
momenti fondamentali: la preghiera di San Bernardo alla Vergine, il quale prega l’umile e
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alta più che creatura di concedere a Dante di vedere Dio; la visione di Dio; la descrizione
dei Misteri dell’Incarnazione e della Trinità.
Analizzando il momento in cui Dante descrive la visione di Dio, ci si accorge che il
desiderio è l’elemento principale, è la natura stessa dell’uomo.
vv. 46-68
E io ch’al fine di tutt’ i disii
appropinquava, sì com’ io dovea,
48 l’ardor del desiderio in me finii.
Dante, per mezzo della Grazia concessa da Maria, può volgere lo sguardo alla luce divina e
la sensazione della visione di Dio anticipa persino l’azione del volgere lo sguardo. “E io mi
avvicinavano alla fine – cioè al compimento – di tutti i desideri, così come io dovevo, e
l’ardore del mio desiderio in me si acuì, si tese al suo massimo” significa che la natura
dell’uomo si rivela nell’istante in cui l’uomo stesso si compie, cioè nel momento in cui ha
la possibilità di vedere Dio e questo compimento non è l’annullamento beato nella grazia
divina, bensì l’apice massima della tensione del desiderio.
La visione di Dio si apre in particolare ai versi 85-90.
Nel suo profondo vidi che s’interna,
legato con amore in un volume,
87 ciò che per l’universo si squaderna:
sustanze e accidenti e lor costume
quasi conflati insieme, per tal modo
90 che ciò ch’i’ dico è un semplice lume.
Nel primo stadio della visione di Dio, Dante illustra l’unità dell’universo: “All’interno di
questa luce vidi che tutto ciò che nell’universo è disperso e disunito, come le pagine di un
libro senza rilegatura, qui è invece legato, unito con amore in un volume” come a dire che
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tutto, anche ciò che in Terra è separato, in Dio è salvo. Tutto il particolare, sustanze e
accidenti, è ricomposto nella luce di cui io riporto solo una pallida immagine.
Ne la profonda e chiara sussistenza
De l’alto lume parvermi tre giri
117 di tre colori e d’una contenenza;
e l’un dall’altro come iri da iri
parea riflesso, e ‘l terzo parea foco
119 che quinci e quindi igualmente si spiri.
Finalmente si giunge a uno dei due Misteri, quello della Trinità, che il poeta descrive come
un cerchio di luce, in cui sono contenuti altri tre cerchi di colori diversi, ma di un’unica
ampiezza.
Non posso esistere se non insieme, perché l’uno riceve la luminosità (iri , iride, colore,
luce) dall’altro, come iri da iri, cioè come Luce da Luce, tanto che il terzo sembra di fuoco:
quest’ultimo è lo Spirito Santo, che procede dagli altri due.
Quella circulazion che sì concetta
Pareva in te come lume riflesso,
129 dagli occhi miei alquanto circunspetta
dentro da sé, del suo colore stesso
Mi parve pinta della nostra effige;
131 per che il mio viso in lei tutto era messo.
In altre due terzine il poeta fiorentino descrive il secondo Mistero, l’Incarnazione.
“In quel cerchio, che il lettore concepisce come raggio riflesso, ma in cui io potevo vedere
poiché la mia vista era del tutto purificata, mi sembrò di vedere dipinta, nello stesso colore,
la nostra immagine, perché il mio viso era tutto fisso nella luce”. Dante vede dunque “la
nostra immagine”, cioè il suo viso e quello di tutti gli uomini. Dentro la natura di Dio,
Dante vede l’uomo, riconosce se stesso, gli amici, la moglie, il primo uomo e l’ultimo.
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Quel è ‘l geomètra che tutto s’affigge
Per misurar lo cerchio, e non ritrova,
135 pensando, quel principio ond’elli indige;
tale era io a quella vista nova:
veder volea come si convenne
138 l’imago al cerchio e come vi s’indova;
ma non eran da ciò le proprie penne;
se non che la mia mente fu percossa
141 da un fulgore in che sua voglia venne.
Dante, che finora ha cercato di spiegare Dio, di fronte al Mistero, si arrende. Così come il
matematico cerca di calcolare la quadratura del cerchio, allo stesso modo il poeta, uomo,
cerca di capire come fanno a stare insieme l’imago e il cerchio, la Trinità, l’immagine
dell’uomo dentro ad essa, si arrende e comprende che non può comprendere. Se non che,
Dante riceve un’ultima Grazia: con le proprie penne, cioè con i suoi strumenti umani, non
può capire il Mistero, ma con l’ultima Grazia, appunto, in un’intuizione folgorante, il
mistero è finalmente rivelato.
A l’alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e ‘l velle,
144 sì come rota ch’igualmente è mossa,
l’Amor che move il sole e l’altre stelle.
Qui la fantasia che tanto si era elevata, cessa il suo potere, ma il desiderio e la volontà,
hanno cominciato a partecipare all’universo, uniforme come la ruota che si muove, gira
uniformemente, mossa dall’Amore che fa muovere il sole e le altre stelle.
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STORIA DELL’ARTE
Le stelle di Van Gogh: il de-sideribus
Vincent Van Gogh (1853-1890) è un artista olandese, post-impressionista che getta le basi
del movimento espressionista. Dal punto di vista pittorico, Van Gogh affronta diversi
periodi di produzione, tutti collegati dalla funzione catartica, ovvero alla concezione di arte
come valvola di sfogo.
Durante il periodo di Saint-Remy (1889), in cui il pittore olandese decise di farsi ricoverare
in una clinica psichiatrica, vi è una delle produzioni più interessanti, quella delle notti
stellate.
Tra le notti rappresentate dal pittore, vi è la più famosa: Notte stellata del 1889.
Notte stellata
Notte stellata, 1889, olio su tela, 73x92 cm, Museum of Modern Art, New York
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Nel 1888 Van Gogh si trova ad Arles ospite dell’amico Paul Gauiguin.
In quell’anno scrive al fratello Theo, proprio parlandogli di una sua opera, Notte stellata
sul Rodano:
“Ho un terribile bisogno – devo dirlo? – di religione. Allora, esco di notte, e dipingo le
stelle. Guardare le stelle mi fa sempre sognare (…)come prendiamo il treno per andare a
Tarascona o a Rouen, così prendiamo la morte per raggiungere le stelle.”
V. Van Gogh, lettera al fratello 1888
Da queste poche righe emerge l’animo tormentato del pittore, così come tradizione vuole,
impegnato nell’espressione di sé, nello sfogo delle proprie emozioni sulla tela bianca.
L’inquietudine di Van Gogh è sottolineata dal modo in cui l’artista usa il colore: anzitutto,
esso non è steso omogeneamente, ma è accostato con pennellate spesse, grumose, che
danno al colore una matericità nuova. I tratteggi delle linee vorticose del cielo sono dipinti
in senso opposto rispetto all’andamento diagonale dell’orizzonte, e sono richiamate in tutto
il quadro, nel cipresso ondeggiante che spicca verso il cielo, nel moto del cielo stesso e in
quello delle stelle e della luna.
Gli astri sono incredibilmente luminosi e la luna sembra quasi un sole. Parte della critica di
Van Gogh afferma che possa esserci una correlazione tra le undici stelle rappresentate nel
quadro e un passo della Genesi:
“Sentite – disse [Giuseppe] – ho avuto un altro sogno, ho visto il sole, la luna e undici
stelle prostrarsi davanti a me.”
Genesi, 37:9
Studi recenti, che risalgono all’anno 2007, dimostrano invece che gli astri rappresentati
sono invece una copia fedele della volta celeste che Van Gogh poteva guardare la notte in
cui dipinse l’opera, en plein air. Gianluca Masi, astronomo italiano, grazie al programma
Virtual Telescope, ha rintracciato delle simmetrie tra le costellazioni che apparivano nelle
notti del settembre 1888 e quelle rappresentate da Van Gogh.
Si notano infatti la costellazione dei Pesci, Venere e la il quarto di luna.
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Notte stellata con rappresentazione virtuale del cielo tramite programma “Virtual
Telescope” (planterio di Roma)
Van Gogh: il rapporto conflittuale con la realtà
Il desiderio di Van Gogh parte dalla realtà stessa, che non viene esclusa per far posto
all’espressione della propria soggettività, ma diventa anzi la protagonista del dramma
esistenziale dell’autore. Il dramma esistenziale rappresentato da “Campo di Grano con
Corvi” scaturisce dal rapporto conflittuale con la realtà. Da questo emerge il suo
desiderio di trovare nella realtà qualcosa di più grande, qualcosa che lo rimandi
all’infinito: le stelle, che come già prefigurava Dante, rimandano al desiderio più
profondo dell’uomo, al desiderio di felicità.
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ENGLISH LITERATURE
William Butler Yeats: the desire for freedom
The Irish Question
The English domain in Ireland begins in the XVI century, and in the next century the Great
Britain starts to expropriate the land of the Irish and promulgates the Penal Laws of
Ireland. In 1607 the Gaelic aristocracy finally decays and the Ireland can be colonized by
the England Crown.
The Irish Parliament is abolished in 1801 and Ireland becomes part of the United Kingdom
of Britain and Ireland under the Act of Union.
Anti-British feeling are always present in Ireland, but after the An Gorta Mòr, the great
famine, the struggle for independence intensifies among the population.
In 1905 the political movement Sinn Féin is founded. This group of Irish nationalists wants
to obtain Home Rule, a form of self-government under the British Crown. In 1914
England decides to give Ireland this political autonomy, but it’s not immediately granted
because of the outbreak of the World War One, in the same year.
This is the theme of the poem “Easter 1916”, written by William Butler Yeats, where the
poet also focuses on the single figures of the rebels.
The poem: “Easter 1916”
In the first stanza, the rebels are described as ordinary men and the poet refers to his
relationship with them. They are not his friends, they’re just superficial acquaintances, in
fact he makes fun of them, of their ideals and of their strong desire for freedom, which the
poets interprets as a political obsession.
In the second stanza Yeats makes reference to the leaders of the rebels, describing their
psychological characteristics. The author doesn’t like one of the leaders, Major John
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McBride, because he’s the husband of Maude Gonne, the woman he loves. Yeats wonders
whether the leaders’ sacrifice of their lives for the Irish Independence is useless or not.
The third stanza is the most complex of the poem, because it contains an important symbol.
Yeats describes a natural settings: there’s a river, a horse, birds, some clouds and they’re all
moving. In contrast with them there’s a stone, in the middle of the stream of river, which
represents the fixity and the narrow mindedness of the rebels among the continuous
changes of life and history.
In the last stanza the author asks himself some questions about the sacrifice of the rebels.
What is his task as a poet? Does he have to celebrate the rebels as heroes, because they
fought for freedom with passion of life, or does he have to underline that their sacrifice
was useless, because England would have given Ireland Home Rule after the war?
Yeats doesn’t give an answer, because he lets the reader free to meditate about this fact and
to acquire a personal opinion.
His task, in the end, is only to remember the rebels, one by one, because they died for their
country and will always be seen as heroes in Ireland.
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BIBLIOGRAFIA
- Luigi Giussani, Il movimento di Comunione e Liberazione. Conversazioni con Robi Ronza
(1986), Jaca Book
- Luigi Giussani, Il rischio educativo, Milano (1977), Jaca Book
- F. Nembrini, Alla ricerca dell’Io perduto, l’umana avventura di Dante, Conversazioni
sull’Inferno, Città di Castello (PG), Itacalibri, 2009
- F. Nembrini, Alla ricerca dell’Io perduto, l’umana avventura di Dante, Conversazioni sul
Paradiso, Città di Castello (PG), Itacalibri, 2009
- M. Zoli e G. Sbrilli, La Divina Commedia di Dante Alighieri: antologia di canti, Firenze,
Editore Bulgarini Firenze, 2008
SITOGRAFIA
- http://www.youtube.com/watch?v=XXE_bWEYFPw (Intervista a Franco Nembrini su Rai1,
“Io, Dante, i ragazzi e Benigni”, 26/05/2012)
- http://www.youtube.com/watch?v=8hVVqEJs9Rg (R. Benigni, “L’ultimo del Paradiso”,
23/12/2002)
- http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/scienza_e_tecnologia/notte-bianca-scienza/van-
gogh-dipinto/van-gogh-dipinto.html