si è fatto come noi per farci come lui · siamo fatti per questo. c’è in noi un inesauribile...

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Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: Poste Italiane s.p.a.- Spediz. in Abbon. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.2.2004 n° 46) art. 1 comma 2 DCB FORLI’ Aut. Tribunale di Forlì n.10 del 18.2.2004 - dir. resp.: Riccardo Ceriani - Stampa presso Monastero Clarisse in San Biagio, p.tta P. Garbin (già S.Biagio), 5 Forlì i.r. Sorelle Povere di Santa Chiara Foglio notizie semestrale (n. 37 anno XIX n.7) novembre 2016 La malattia, la fragilità nelle sue varie forme, la morte attraversano le nostre giornate: esperienza che viviamo nella carne nostra o di quanti ci sono accanto, sempre provocatoria e lacerante. Dov’è Dio in tutto questo? Cosa ha da dire alla nostra vita, così “provata”? La risposta che ci giunge attraverso la Scrittura e nella Liturgia sembra rimanere sommessa, quasi appena sussurrata. Chiede un orecchio attento e un cuore che ascolta. Il ritmo del tempo liturgico nel condurci, come ogni anno, verso il Natale, ci fa prima attraversare la festosa memoria dei Santi e il ricordo riconoscente dei nostri morti, di tutti coloro che ci hanno preceduto. Che anche queste celebrazioni abbiano qualcosa da dirci al riguardo? Ciò che sperimentiamo di fronte alla fragilità e alla morte è prima di tutto che non siamo fatti per questo. C’è in noi un inesauribile desiderio di vita piena. Un desiderio che Dio prende sul serio, anzi, che è l’impronta più vera e profonda di Lui impressa in ciascuno di noi. Di quel desiderio, da sempre, l’amore premuroso e tenero di Dio si prende cura. Egli stesso si fa piccolo proprio per incontrarci dentro la nostra piccolezza e fragilità, dentro il nostro infinito desiderio di vita: questo è l’annuncio del Natale! “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce … perché un bambino è nato per noi” (Is 9,1.5) Quel Dio bambino, quell’uomo Gesù che rivelerà in ogni parola e in ogni gesto – fino al dono di tutto se stesso nella morte - il volto misericordioso e fedele del Padre, è la risposta di Dio alla nostra domanda di vita piena. Ci dice che Dio è Padre e che noi siamo figli amati, e da figli amati possiamo vivere. I Santi hanno accolto questa vita, ne sono diventati segno trasparente e luminoso. E insieme a loro, insieme ai nostri cari già “arrivati a casa” nella comunione che neppure la morte può spezzare, chiediamo al Signore “di farci come lui”: di donarci la grazia della tenerezza nelle circostanze più dure della vita, la grazia della prossimità di fronte ad ogni necessità, della mitezza in qualsiasi conflitto. E’ l’augurio che di cuore rivolgiamo a ciascuno per questo Natale, mentre ripetiamo: “Maranathà, vieni Signore Gesù!” Le Sorelle Clarisse Si è fatto come noi per farci come Lui Si è fatto come noi per farci come Lui Si è fatto come noi per farci come Lui Si è fatto come noi per farci come Lui Si è fatto come noi per farci come Lui

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Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: Poste Italiane s.p.a.- Spediz. in Abbon. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.2.2004 n° 46) art. 1 comma 2 DCB FORLI’Aut. Tribunale di Forlì n.10 del 18.2.2004 - dir. resp.: Riccardo Ceriani - Stampa presso Monastero Clarisse in San Biagio, p.tta P. Garbin (già S.Biagio), 5 Forlì i.r.

Sorelle Povere di Santa Chiara Foglio notizie semestrale (n. 37 anno XIX n.7) novembre 2016

La malattia, la fragilità nelle suevarie forme, la morte attraversanole nostre giornate: esperienza cheviviamo nella carne nostra o diquanti ci sono accanto, sempreprovocatoria e lacerante. Dov’èDio in tutto questo? Cosa ha dadire alla nostra vita, così“provata”?La risposta che ci giungeattraverso la Scrittura e nellaLiturgia sembra rimaneresommessa, quasi appenasussurrata. Chiede un orecchioattento e un cuore che ascolta.Il ritmo del tempo liturgico nelcondurci, come ogni anno, verso ilNatale, ci fa primaattraversare lafestosa memoria deiSanti e il ricordoriconoscente deinostri morti, di tutticoloro che ci hannopreceduto. Cheanche questecelebrazioni abbianoqualcosa da dirci alriguardo?Ciò chesperimentiamo difronte alla fragilità ealla morte è primadi tutto che nonsiamo fatti per questo.

C’è in noi un inesauribile desideriodi vita piena. Un desiderio cheDio prende sul serio, anzi, che èl’impronta più vera e profonda diLui impressa in ciascuno di noi.Di quel desiderio, da sempre,l’amore premuroso e tenero diDio si prende cura.Egli stesso si fa piccolo proprioper incontrarci dentro la nostrapiccolezza e fragilità, dentro ilnostro infinito desiderio di vita:questo è l’annuncio del Natale!“Il popolo che camminava nelletenebre vide una grande luce …perché un bambino è nato per noi”(Is 9,1.5)

Quel Dio bambino, quell’uomoGesù che rivelerà in ogni parola ein ogni gesto – fino al dono ditutto se stesso nella morte - ilvolto misericordioso e fedele delPadre, è la risposta di Dio allanostra domanda di vita piena.Ci dice che Dio è Padre e che noisiamo figli amati, e da figli amatipossiamo vivere.I Santi hanno accolto questa vita,ne sono diventati segnotrasparente e luminoso.E insieme a loro, insieme ainostri cari già “arrivati a casa”nella comunione che neppure lamorte può spezzare, chiediamo

al Signore “di farcicome lui”: di donarci lagrazia della tenerezzanelle circostanze piùdure della vita,la grazia dellaprossimità di fronte adogni necessità,della mitezza inqualsiasi conflitto.E’ l’augurio che dicuore rivolgiamo aciascuno per questoNatale, mentreripetiamo:“Maranathà, vieniSignore Gesù!”

Le Sorelle Clarisse

Si è fatto come noi per farci come LuiSi è fatto come noi per farci come LuiSi è fatto come noi per farci come LuiSi è fatto come noi per farci come LuiSi è fatto come noi per farci come Lui

Amici del Monastero di San Biagio2

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E’ famosa la lettera che Francesco fecescrivere alla nobildonna Jacopa dei Sette Soliper comunicarle che, se voleva rivederloancora vivo, doveva venire subito da Romaa Santa Maria degli Angeli. Al desiderio nondetto di rivedere quell’amica prima della propriamorte, Francesco aggiunse due richieste moltoparticolari: “Porta con te un panno di cilicio incui tu possa avvolgere il mio corpo e la ceraper la sepoltura. Ti prego ancora che mi portidi quei dolci, che eri solita darmi quando mitrovavo ammalato a Roma”. La prima richiestaera per il suo corpo che sarebbe morto da lì apoco, la seconda per il suo corpo che eraancora vivo. E non può non stupire ilfatto che un uomo penitente, che avevarinunciato al mondo e ai suoi piaceri,prima di morire desideri mangiareancora quei dolcetti di cui godevaquando era ospitato da quellanobildonna. Tutto ci si aspetterebbe daFrancesco meno che una richiesta cosìpoco consonante con la figura trasmessadalle biografie di un eroe capace didominare pienamente ogni richiesta delcorpo che non fosse soggetta alla puratrasparenza dello spirito.

Non finiscono qui però le sorprese del raccontocontenuto nella Compilazione di Assisi.Cosciente della sua imminente morte,confermatagli anche dal medico, il Santochiamò frate Angelo e frate Leone affinché glicantassero di nuovo il “Cantico di frate sole edelle altre creature del Signore”. La stessarichiesta l’aveva fatta qualche giorno prima,quando era ancora nel palazzo del Vescovo:infatti aveva chiesto spesso ai suoi frati dicantargli “le laudi del Signore che lui stessoaveva composto parecchio tempo prima”. Ilmotivo era semplice: da questa “lauda” egliriceveva “conforto al suo spirito” affinché “nonvenisse meno a causa delle aspre e diverseinfermità”. Tuttavia la richiesta non era troppoconfacente con la morte di un santo! Né lagente avrebbe avuto una buona impressioneascoltando i frati cantare invece dipregare! È proprio quanto faràosservare frate Elia a Francescodando voce alle possibili obiezioniche sarebbero nate tra gliascoltatori: “Com’è possibile cheuno vicino a morire dimostri tanta

letizia? Farebbe meglio a pensare alla morte!”.La risposta data da Francesco alle perplessitàdi Elia dice i suoi sentimenti: “Fratello, lasciache io goda nel Signore e nelle sue laudi inmezzo ai miei dolori”.

La richiesta rivolta ai suoi compagni di cantargliancora le sue canzoni e l’invito a donna Jacopadi portargli i dolcetti nascevano dalla stessaesigenza: “statemi vicino con la vostra presenzacosì che io possa abbracciare con umiltà epazienza la mia sofferenza e la mia morte”:emerge con evidenza il bisogno-desiderio diFrancesco di essere consolato e aiutato in queimomenti tanto impegnativi.

Ricordiamo gli avvenimenti di quelle ultimegiornate. Arrivata donna Jacopa al convento,Francesco non volle che per lei valesse ildivieto, di entrare nello spazio della clausura:“Così ella entrò dal beato Francesco versandodavanti a lui molte lacrime”, segno di un legameforte e profondo.

Il giorno dopo il suo arrivo confezionò queidolcetti che Francesco aveva desiderato dimangiare. Il racconto permette di assistere aduna scena di umanità semplice, quella di unuomo oramai sfinito e prossimo alla morte, chetentava di mangiare qualcosa sperando chequel cibo lo rincuorasse e rafforzasse. Tuttaviale forze lo stavano abbandonando: “Egli mangiòappena poiché per la gravissima malattia il suocorpo veniva meno di giorno in giorno e siappressava alla morte”. E il racconto così sichiude: “E avvenne come piacque a Dio, che,

proprio nella settimana che donna Jacopa eraarrivata, il beato Francesco migrò al Signore”.Muore un uomo che ha avuto bisogno di essereconsolato da qualcosa di bello e di dolce:dall’amicizia di donna Jacopa.

Perché è di questo che si tratta. Avere delpanno nuovo per la sepoltura e dei dolcettisimili a quelli mangiati a Roma era possibileanche ad Assisi senza scomodare una donnada così lontano. È chiaro allora che il vero“piacere” di Francesco fosse di avere accantoa sé quella amica cara di Roma; e il panno concui “lei lo avrebbe sepolto” e i suoi mostacciolicostituivano la possibilità di prendere congedo

da lei. Egli voleva ricevere da lei ancorauna volta il “sacramento” della suaamicizia, quel segno di attenzione eaffetto che lei aveva avuto tante volteper lui .

Ascoltare dai compagni la sua musica,quella della giovinezza, nata dal suocuore vivace e innamorato della vita,poter assaggiare ancora il piacere diquei dolcetti impastati di amicizia e di

affetto da donna Jacopa costituivano aiuti perreggere all’assalto della sofferenza. Francescoera un uomo che cercava aiuto in tutto ciò chelo aveva nutrito nella sua umanità durante lavita, e lo sosteneva ancora nel momentosupremo della sua morte.

Mentre le biografie ufficiali fanno morire un eroee un santo libero dal bisogno di essere consolatoe aiutato, i racconti dei compagni presentanoun “uomo che muore da uomo”, un uomo chechiede la vicinanza delle persone care peressere sostenuto e consolato.

E i dolcetti di donna Jacopa sono la sintesimigliore dell’umiltà di quell’uomo che hariconosciuto di avere bisogno della vicinanzadi fratelli e sorelle che lo accompagnasseroall’incontro definitivo con Colui che era la perfettamelodia e l’eterna dolcezza cercate e desideratecon tutto il cuore durante la vita.

di p.Pietro Maranesi ofm cap

Amici del Monastero di San Biagio 3

Sfogliando le cronache

Il 9 ottobre è tornato alla casadel Padre Giannino Bruschi, ilpapà di sr. Roberta e di Alberto.Vogliamo ricordarlo con questeparole di saluto lette durante leesequie.

Caro babbo,dopo che in questi mesi il tuo corpo èdiventato sempre più lento, pesante,come una gabbia che tentava dirinchiuderti, ora sei libero e leggeroalla presenza del tuo Signore! Albertoed io ti immaginiamo con il tuogrande sorriso di bimbo, quel sorrisoche ogni giorno ci regalavi e che orasi dilata nella pace e nella gioia chenon finisce mai.Uomo roccioso, di fibra forte,inarrestabile, concreto e schietto, unvero romagnolo. 45 anni dimatrimonio vissuti con la tua Anna:una coppia di persone tanto diverseeppure tanto unite, sempre insieme.Non sapevo come avresti accolto lamia decisione di entrare in monasteroe ho aspettato fino all’ultimo adirtelo; la tua risposta è stata“Roberta, l’importante che tu siafelice. Se tu lo sei, lo sono anch’io”.Sei sempre stato fiero della miavocazione. E all’inizio mi chiedevi“ma tu che preghiere fai, che levoglio fare anch’io?”.Il tuo cammino nella preghiera ècresciuto d’intensità dopo l’incidentedel 2001: 40 giorni di coma ci hannotenuto con il fiato sospeso, ma chegioia grande quando ti sei risvegliato!Da allora sei diventato più tenero esensibile, riconoscente per la nuovavita che ti era stata donata: nellapreghiera non mancava mai il grazie elo stupore per questo. Dicevi a tuttiche eri stato miracolato. Con l’aiutodi radio e televisione la tua giornataera scandita da Lodi, Messa, Rosario,Vespri… tanto che talvolta michiedevo chi di noi due stava inmonastero. Eri davvero assorto con iltuo Signore quando pregavi: gli occhi

Grazie, babbo!chiusi, le labbra che si muovevanosilenziosamente dentro un fiduciosoabbandono.La voglia di vivere non ti è maivenuta meno, neppure in questi mesiin cui la malattia ti haprogressivamente fermato. Tu haiaccolto senza ribellione ognipassaggio, ogni medicina, ogninuovo aiuto di cui avevi bisogno,grato a chi ti aiutava.Gli 8 anni trascorsi dalla morte dellamamma sono stati vissuti nellacondivisione stretta con Alberto, inun legame di bene grande che èsempre cresciuto.“Il mio Albertino – dicevi - è il mioangelo, fa tutto lui”. Alberto infattiormai conosceva tutto di te, semprevicino e attento ad ogni tuo respiro.Ora babbo goditi la bellezza del voltodel tuo Signore, che hai amatoinvocandolo anche in questi ultimigiorni di fatica in cui ripetevi conintensità: “Gesù, non miabbandonare. Gesù, aiutami. Gesù, tiamo”.Grazie, babbone!

I tuoi figli Alberto e Roberta

La stessa frase la ripeteva Francescoquando nessuno gli diceva che cosadovesse fare……e così il “Signore glidette dei fratelli”.Io, a differenza sua, credevo di saperebene cosa dovessi/volessi fare nella miavita, ma le sorelle che la Vita mi hafatto incrociare nel cammino non sonoarrivate per caso, e così c’è stata una“sferzata” inaspettata di direzione dimarcia….. una sorpresa che ci chiededi metterci a disposizione là dove nonavremmo mai pensato.Trascorsi qui in monastero questi primitre anni, intenta ad assaggiare saporie sentire odori che mi parlassero diquesta “terra”, oggi mi ritrovo ascegliere quei sapori che a mesembrano buoni e a decidere di seguirequesto “gusto nuovo”, provando adaffidare ancora una volta la miaesistenza a Lui e alle mie sorelle.Dico “ancora una volta” perché è unadecisione che mi trovo a ri-prendere:tre anni fa, si trattava di decidere di“entrare” per “sbirciare” come da unafinestra la “strana” vita di questafamiglia; poi nel 2014 scegliere seindossare l’abito come passo ulterioreall’interno della fraternità; oggi perme si tratta di dire un terzo “sì”, unpo’ più grande, attraverso laprofessione dei voti temporanei.Tutto questo perché sento che desiderofare ciò che vuole Lui e non ciò chevoglio io.

Valentina

“E il Signore mi dette“E il Signore mi dette“E il Signore mi dette“E il Signore mi dette“E il Signore mi dettedelle sorelle”delle sorelle”delle sorelle”delle sorelle”delle sorelle”

Vi invitiamo a condividerela gioia della

professione temporaneaprofessione temporaneaprofessione temporaneaprofessione temporaneaprofessione temporaneadi di di di di ValentinaValentinaValentinaValentinaValentina

sabato 19 novembrealle ore 15,30

nella Chiesa di S.Biagio

Alberto e sr.Roberta ringraziano di cuoretutti coloro che si sono fatti vicini

in questo momento di distacco dal babbo,condividendo la stessa fede

e la certezza della resurrezione.

Amici del Monastero di San Biagio4

Come di consueto, abbiamo rivolto allesorelle alcune domande sul tema di questonumero.

Cosa significano per te la testimonianza ela compagnia dei Santi?

sr. Maria Teresa: E’ sempre bello e mi fabene pensare ai santi, gustare la lorocompagnia.E’ un forte stimolo a raccogliereframmenti di vita vissuta, intrisa diamore, di sacrifici, di gioia, di saggezza edisseminati nel quotidiano di ognicreatura chiamata alla relazione; ed èanche un incitamento a imparare da lorol’arte dell’amore misericordioso, cheabbraccia tutti senza risentimenti.Vorrei avere parole appropriate di lodeper esaltare e cantare la forza dei martiri,che hanno testimoniato la loro fede aprezzo del sangue... Ancora oggicontinua questo fatto inaudito, chementre da un lato mi sconcerta dall’altroadorna e glorifica la Chiesa di Cristo.

sr. Anna Letizia: Da bambina, la miafede è cresciuta con il catechismo di s.Pio X, e una delle cose che più miaffascinava era quando si parlava diChiesa “militante”, Chiesa “purgante” eChiesa “trionfante”.Al pensiero che col dono del Battesimoero entrata a far parte di una così grandeFamiglia che, grazie alla “comunione deisanti”, non solo si estendeva a tutti ipopoli, ma abitava anche l’oltre fino acongiungersi con il mondo stesso di Dio,mi dava le vertigini! Quel fascino eradato da un profondo senso di infinito, dibellezza, di nostalgia e di …curiositàpure che quel pensiero mi suscitava;soprattutto quando la catechista ciparlava del Paradiso e dei Santi che loabitano: chi sono? Una schierainnumerevole di uomini, donne,bambini, di tutti i tempi e luoghi, che, inogni stato di vita, nel breve o lungospazio di vita concesso, hanno realizzatoin pienezza la loro umanità, trasfiguratadall’amore di Cristo Risorto in loro;persone di fede che, pur con tutti i lorodifetti, hanno accolto e vissutoseriamente il Vangelo, esprimendolo conl’intelligenza e la lungimiranza dellacarità.Per questo ora possono brillare dellastessa gloria di Dio, sono posti comenostri modelli e, grazie all’unico Corpoin Cristo che formiamo fra cielo e terra,pregano incessantemente per noi pressoil Signore.La consapevolezza e la fede in tuttoquesto mi comunica sempre una grande

consolazione e speranza. Consolazione,perché non ci si sente soli nel camminospesso impervio della vita, essi guidanodavvero i nostri passi nell’incedere deigiorni fino al ritorno alla Casa del Padre(non per nulla anche i nostri calendari cidanno la compagnia di almeno un santoal giorno!!). Speranza, perché mitestimoniano che è possibile da subitovivere la santità, quella misura alta dellavita cristiana che ci rende figli conformial Figlio di Dio, secondo il sogno delPadre.

sr. Isabella: I santi li sento come deicompagni di scalata. Mi tengono lacorda per permettermi di superare ipunti difficili della salita, dove la rocciaè più friabile. Nella parete ci sono tantichiodi: posso scegliere quali usare maposso anche decidere di fare unpercorso mio. Così è per me la loropresenza nel cammino di sequela diCristo.

C’è qualche santo che sentiparticolarmente vicino?

sr. Maria Teresa: Non ho unadevozione particolare per qualchesanto, perché li vado a scomodare tuttiquando chiedo qualche grazia!Tuttavia, essendo francescana, ècomprensibile che la mia predilezione eprofonda riconoscenza vada a sanFrancesco, che mi ha affascinata fin dabambina.Laudato sii mi Signore per tutti i tuoisanti!

sr. Isabella: Tra questi compagni discalata vorrei ricordarne tre.Frate Gugluielmo cappuccino. Erobambina e lo ricordo come un adulto conun sorriso dolce e pronto ad accogliermisempre con una carezza e unacaramella...era l’immagine di un padredisponibile ad ascoltarti e ad accoglierti

senza dover per forza essere buoni. Gliandavi bene così com’eri!Charles de Foucauld mi è stato compagnonella mia ricerca vocazionale. Lo sentivofratello per la sua testardaggine nel volercapire ed essere nella volontà del suoBeneamato (per me Dodì!). Non si sentivachiamato a grandi cose ma voleva viverela vita quotidiana con la presenza di Gesùe questo è stato per me fonte di attrazionee motivo di conversione. Lo riconoscocome “roba mia”.Sr.Imelde Laderchi: una sorella di questomonastero che ha vissuto il suo esseredonna matura e consapevole fino allamorte.

sr. Anna Letizia: La misteriosa estupenda intercessione dei santi possodire che l’ho sperimentata più volte: apartire dalla scoperta della miavocazione, leggendo “Storia diun’anima” di s. Teresa di GesùBambino; poi con Francesco e Chiarad’Assisi, fino all’intercessione diBenedetta Bianchi Porro per alcunimalati. Mi piacerebbe conoscere la vitadi tutti! Mi chiedo: ma cosa ha fatto dispeciale questo? Come ha vissuto? Enon perdo occasione di leggere le brevibiografie riportate qua e là, perchéspesso mi manca il tempo di letture più“corpose”.Quando penso ai Santi, in particolareagli ultimi canonizzati, il loro esempioaccende forte in me il desiderio di nonperdere troppo tempo in tutto ciò chepassa, ma mentre provo ad amare qui edora come ci ha insegnato Gesù, provoanche a tenere puntato lo sguardoall’appuntamento del cielo, dove saremotutti per sempre con il Signore. Riempitie traboccanti della sua gioia!

sr. Roberta: I santi, proprio perché sonovivi e partecipano della nostra vita, nonce li scegliamo noi, ma sono loro che civengono incontro.Così è successo a me, ancor prima dientrare in monastero, con Francescod’Assisi; poi quando sono entrata inmonastero e ho iniziato ad approfondirela Parola di Dio, nel tempo dimeditazione pomeridiano andavo asedermi con la mia seggiolina in fondoal boschetto, in mezzo al verde, e miportavo un piccolo vangelo dove c’eranoanche gli Atti degli Apostoli. Nel leggerei primi passi di annuncio dei discepoli di

“insieme

Amici del Monastero di San Biagio 5

Gesù mi sono imbattuta nella figuradell’Apostolo Paolo. Non è che non loconoscessi prima, avevo già letto di lui,ma quella volta è stato come se lui miaspettasse! Nel mio fermarmi ognigiorno ad approfondire la vita dellaprima Chiesa, ho incontrato con stuporeun uomo irripetibile. Leggevo i viaggi ele peripezie da lui vissute per trasmetterea chi incontrava che “Gesù Cristo è ilSignore” e rimanevo piena di stuporenel vedere cosa un uomo era arrivato avivere per amore di quel Gesù che gliaveva stravolto la vita.Paolo mi ha preso il cuore e da allora èuna presenza viva che non ho mai“mollato”, perché da lui non mi sonomai sentita lasciata: tutt’ora miaccompagna nel mio quotidiano! Alcunesue frasi me le sono “stampate” nelcuore e me le ripeto nei momentidifficili.In lui vedo un uomo afferrato econquistato da Cristo! La sua missione“Guai a me se non annunciassi ilVangelo” è divenuta la sua stessa vita:“Per me il vivere è Cristo”.Non mi sono mai piaciuti i “frigoriferi” eneppure i “tiepidi”: in Paolo hoincontrato un uomo “caldo”, infuocatodall’amore. Un uomo veramente uomo,appassionato, vicino alla sua gente per laquale ha rischiato la vita; che ha faticatoe lottato, combattendo la sua buonabattaglia e conservando la fede, ovvero ilrapporto vitale con il suo Signore. Unuomo “sanguigno”, spinto dall’amore diCristo, che non ha agito da solo ma hasaputo creare una “rete” di collaboratoricon legami umani fraterni che hannosostenuto e reso più bella la sua vita.Un uomo che è finito anche in catene acausa di Cristo e che nella debolezza hasaputo dire “posso tutto in Colui che midà forza”. Per questo affascinanteincontro ringrazio e continuo a chiederel’aiuto a Paolo, grande compagno diviaggio.

E per te che cos’è la “santità”?

Valentina: La santità ci riguarda.E’ per tutti.E’ questo che mi dicono i santi.E quando parlo di santi mi riferisco atutti coloro che nella vita hanno cercatodi “farsi dono” impastando di vangelo laloro semplice quotidianità.

A me parla di santità la vita di unamamma che mette a disposizione tuttase stessa perché altri vivano.Ci sono santi tra i genitori, perchédanno la vita completamente gratis.Mi parla di santità l’esistenza disilenziosi “martiri” che ogni giorno innome del Vangelo muoiono, o chidecide di rischiare la vita minuto dopominuto pur di rimanere là nel luogodove sempre ha vissuto e dove oratutto sembra odorare di morte.Sento profumo di santità quando stodavanti a chi vive con fede la malattia, achi cerca di abbracciare quella realtà didolore, credendo ad un progetto piùgrande.Ci sono santi per me tra gli insegnanti,perché l’educazione salva la vita, e il“non smettere di pensare” è lasperanza a cui dobbiamo stareaggrappati.E’ santo chi tutti i giorni cerca di portareavanti un pezzo dell’Opera, un pezzettoche nemmeno si vede o sembra esistere,ma chi lo fa lo fa tutto con amore ebasta.

E adesso lasciamo per un momento isanti e ci chiediamo: come è vissuta lamorte in monastero?

sr. Franca: In monastero la realtà dellamorte mi ha accompagnato fin dai primitempi, permettendomi di percepirlacome un evento legato alla nostraesistenza terrena, che può giungerequando meno te lo aspetti e a cui non cisi può sottrarre, perciò bisogna fare inmodo di essere sempre pronti. La primaoccasione mi si presentò dopo appenasei mesi dalla mia entrata: mia sorellami telefonò informandomi che lamamma era morta di infarto! Il babboera già morto diversi anni prima,quando io avevo 16 anni e, pur dopo unperiodo un po’ turbolento, questo lungotempo mi aveva permesso di

riappropriarmi della vita come qualcosache non dovesse mai avere interruzione.Perciò l’improvvisa morte della mammami aveva piuttosto scossa perché, oltre aldolore del distacco affettivo, mi avevariportato alla coscienza il pensiero che lavita ha un termine. La mia stessapermanenza in monastero si è poipremurata di consolidare questaconsapevolezza, poiché le sette Sorellepiù anziane che mi avevano accolto unadopo l’altra ci hanno lasciate, e ognivolta è stata un’occasione propizia permeditare su questo mistero cheaccompagna la nostra esistenza. Cosìpian piano la realtà della morte, cheall’inizio mi metteva solo paura, haassunto per me un nuovo significato, hocominciato a considerarla non tanto“nemica” ma “sorella”, come la definivaS. Francesco: perché ho capito che con lamorte non finisce tutto, ma essa è comeuna porta che ci immette nella Vita Vera,la vita in pienezza, dove non avremo piùi condizionamenti di questo mondoterreno, dove non ci sarà più sofferenzae pianto, ma solo gioia. Questo ce lo haottenuto Gesù passando lui stessoattraverso la morte, per sconfiggerla edonarci di risorgere con lui: quello che anoi chiede è solo di aprire le braccia eaccogliere questo dono, fidandoci di lui.Avere compreso tutto questo ora mi

permette di affrontare ogni nuovamorte, di amici, conoscenti, parenti, inmodo diverso: sempre con un certodolore per il distacco, ma con laconsolazione di sapere che questodistacco non è per sempre, perché ungiorno ci ritroveremo di nuovo tuttiinsieme nel Regno del Signore. Sonocerta che i nostri cari, che ora fannoparte della schiera dei Santi, ci sonosempre vicini, ci avvolgono col loroaffetto e ci offrono il loro aiuto e la lorointercessione ogni volta che abbiamobisogno.

sr. Giovanna: In questi ormai sedici anniho visto morire diverse sorelle, oltre adaver accompagnato gli ultimi giorni delmio babbo. La cosa più bella che vogliosottolineare è che “cerchiamo di fare in

ai tuoi santi”

Amici del Monastero di San Biagio6

FRAMMENTI DAFRAMMENTI DAFRAMMENTI DAFRAMMENTI DAFRAMMENTI DAPPPPPAPAPAPAPAPAAAAAFRANCESCOFRANCESCOFRANCESCOFRANCESCOFRANCESCO

Diamo lode a Dio per la schiera in-numerevole delle sante e dei santidi tutti i tempi: i santi, però, nonsono solamente quelli canonizzatidalla Chiesa ma sono anche uominie donne comuni, semplici, a volte“ultimi” per il mondo, ma “primi”per Dio”. La comunione dei santi èuna verità tra le più consolanti del-la nostra fede, poiché ci ricorda chenon siamo soli ma esiste una comu-nione di vita tra tutti coloro che ap-partengono a Cristo. Il termine santisi riferisce a coloro che credono nelSignore Gesù e sono incorporati aLui nella Chiesa mediante il Batte-simo. Per questo i primi cristianierano chiamati anche “i santi”.

La Chiesa, nella sua verità piùprofonda, è comunione con Dio,familiarità con Dio, comunione diamore con Cristo e con il Padrenello Spirito Santo, che si prolungain una comunione fraterna. Questarelazione tra Gesù e il Padre è la“matrice” del legame tra noi

cristiani: se siamo intimamenteinseriti in questa “matrice”, inquesta fornace ardente di amore,allora possiamo diventareveramente un cuore solo eun’anima sola tra di noi, perchél’amore di Dio brucia i nostriegoismi, i nostri pregiudizi, lenostre divisioni interiori edesterne. L’amore di Dio bruciaanche i nostri peccati.

La nostra fede ha bisogno delsostegno degli altri, specialmente

nei momenti difficili. Se noi siamouniti la fede diventa forte. Quantoè bello sostenerci gli uni gli altrinell’avventura meravigliosa dellafede! Dico questo perché latendenza a chiudersi nel privato hainfluenzato anche l’ambitoreligioso, così che molte volte si fafatica a chiedere l’aiuto spiritualedi quanti condividono con noil’esperienza cristiana.

La comunione dei santi va al di làdella vita terrena, va oltre la mortee dura per sempre. Non vienespezzata dalla morte, ma, grazie aCristo risorto, è destinata a trovarela sua pienezza nella vita eterna. C’èun legame profondo e indissolubiletra quanti sono ancora pellegrini inquesto mondo e coloro che hannovarcato la soglia della morte perentrare nell’eternità.Questa comunione tra terra e cielosi realizza specialmente nel-la preghiera di intercessione.

Abbiamo questa bellezza! È unarealtà nostra, che ci accompagna nelcammino della vita e ci fa trovareancora lassù in cielo. Andiamo perquesto cammino con fiducia, congioia. Un cristiano deve esseregioioso, deve vivere la gioia diavere tanti fratelli che camminanocon lui; sostenuto dall’aiuto deifratelli e delle sorelle che fannoquesta stessa strada verso il cielo;e anche con l’aiuto dei fratelli edelle sorelle che sono in cielo epregano Gesù per noi. Avanti perquesta strada con gioia!

Nel Simbolo Apostolico (la più brevedelle formule del Credo che recitiamodurante la Messa) affermiamosolennemente: “Credo la comunionedei santi”. Ma cosa significa?Ecco come lo ha spiegato a più ripresepapa Francesco.

modo che il morire rimanga umano”(contrariamente a quanto oggi spessoaccade, perché la morte deve esserenascosta e allontanata): rimanendovicini, tenendoci la mano, facendosentire alla persona che è parte di uncorpo.Sicuramente ogni morte è unica, e anchequi non manca la fatica del distacco, lalotta, talvolta il tenace attaccamento allavita che rende difficile “mollare lapresa”. Sempre più sono convinta che cisi prepara alla morte nella vita di ognigiorno, da sempre: con il lento eserciziodel consegnarsi nelle circostanzequotidiane. Allenandosi a “prenderebene ogni cosa”, per quanto difficilepossa sembrare, perché in tutto siriconoscono le mani del Padre.Qualche sorella che ho conosciutoaveva preparato la morte come festadell’incontro definitivo con lo Sposo,con un sapore di “nozze” che puòapparire strano ... ma non è per questomeno vero. Ho poi vivissima davanti agliocchi l’immagine degli ultimi istanti di sr.Francesca: da sempre aveva chiesto ildono di rimanere lucida e lo è stata, alpunto da riuscire a interessarsi, pochiminuti prima di spirare, del mio mal ditesta. Quando si dice attenzioneall’altro!

sr. Isabella: A proposito di morte,sentite come le scriveva sr. Imelde, lasorella di cui parlavo prima: ”Carissima sorella morte, sei brutta,non mi fare paura, non mi fare tremarela mano a scrivere di teIo in tanti anni non avrò fatto del bene asufficenza da riparare i tanti peccati cheho commesso con questo fragile corpo.Metto tutto sulla bilancia,perchè sei brutta ma sei giusta.Quando il Signore ti manderàvieni a prenderti tutto,ormai c’è rimasto poco,non farai un grande acquisto!Ti saluto cara sorellae perdonami della poca confidenza.”

Amici del Monastero di San Biagio 7

.......un po..un po..un po..un po..un po’ di poesia’ di poesia’ di poesia’ di poesia’ di poesia

Sabato 11 febbraio 2017alle ore 15,30

la nostra sorellasr. Anna Letiziasr. Anna Letiziasr. Anna Letiziasr. Anna Letiziasr. Anna Letizia

della Visitazionedella Visitazionedella Visitazionedella Visitazionedella Visitazionecelebra il XXV

della sua Professione religiosa,nella gratitudine

per la fedeltà del Signore al suo dono.Vi aspettiamo!

Sarà tolto il velo che da semprenasconde il volto bellissimo di lei,dell’Eternità.Sarà come risvegliarsi in un mattinodi sole e di aria fresca,dopo una notte di incubi e paure,di tristezza e smarrimento.Riaprire gli occhi,non più velati di lacrime,non più segnati dalle rughe della delusione.Tutto sarà nuovo,e insieme conosciuto da sempre,perché da sempre atteso e sperato.Qualcuno si è commosso per noi,ci ha voluti salvi,guarda cosa ha preparatoper farci festa.Saremo insieme,ci sazieremo di abbracci e sorrisi,stringeremo ciò che le nostre mani avevano perduto.E i nostri piccoli corpisaranno incoronati di Gloria.Vedrò davvero i tuoi occhie non dovrò più farne a meno.Non dovrò più abituarmi alla tua assenza,ti avrò per sempre.E insieme, tutti, tutti,dimoreremo nella Sua Casa,alla luce del Suo Sguardo.E non conosco ancora le meraviglieche vedrò,come il piccolo mollusco chiuso nella sua conchiglianon può immaginare l’immensità dell’oceano.

Anna Ricci

EternitàEternitàEternitàEternitàEternità Neve di Natale

Dicono che nei presepi la neve è fuori luogo, che in Palestinaai tempi di Gesù non nevicava mai. E invece non è così.

Quella Notte Santa, dopo che la stella, i pastori, l’asino e ilbue, Giuseppe e Maria e il Bambino si furono addormentati,una nuvola passò nel cielo di Betlemme, venuta anch’essa

ad adorare il Bambino Gesù.Ma, non vedendo alcun segno del Grande Evento, ebbe un

brivido e si mise a piangere; ed il suo brivido fu così intensoche, invece che gocce d’acqua, pianse fiocchi di neve.

Quasi nessuno li vide, poiché al primo sorger del sole il lievemanto bianco si era già disciolto.

Ma nulla accade mai per caso, e quei fiocchi cambiarono lavita di un uomo.

Un uomo solo agli occhi del Signore è importante quantol’umanità intera. Specialmente se quell’uomo è un grande

peccatore, di quella specie che Dio predilige in modospecialissimo: senza speranza. Il Signore vuole infatti essere

Lui l’unica speranza, e niente lo attrae di più che un uomodisperato. E quell’uomo aveva mille e una ragione per esseredisperato. Aveva completamente sciupato la sua vita: invece

di edificare aveva distrutto, invece che seminare vita avevacosparso di morte il suo cammino. Se ne era convinto quella

sera, quando, tornando al suo castello sulle colline diBetlemme, aveva incrociato per strada due viandanti, un

uomo e una donna incinta, che al suo passaggio si eranofermati sul ciglio della strada guardandolo in viso

intensamente come nessuna persona del luogo avrebbeosato fare. Uno sguardo accogliente, buono, innocente,

fiducioso; per lui, intollerabile. Lo sguardo della donna, poi,luminoso per l’imminente parto, gli era entrato nell’intimo del

cuore ridestandolo da un lungo letargo. Per quei duepoveracci avrebbe voluto provare disprezzo e scherno, ma

non ci riuscì. E quando gli augurarono, chinandosilievemente, pace e salute, tentò invano di colpirli al voltocon la frusta; il suo cavallo ebbe uno scarto e s’inerpicò

violento verso i colli.(continua alla pagina che segue)

Amici del Monastero di San Biagio8

...come contribuire?...come contribuire?...come contribuire?...come contribuire?...come contribuire?Si può contribuire inviando offerte direttamente al Monastero delle Clarisse, in P.tta Pietro Garbin(già S.Biagio), 5 - 47121 Forlì (tel. 0543 26141)

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Possono servire come bomboniereo per un piccolo dono

Quello sguardo conteneva tutti gli sguardi delle donne violentate, degli uomini rapiti, dei bambini sgozzati nella sua vita;continuava a rimestargli l’anima e, più passavano le ore, più gli pesava sul cuore come un macigno.La notte, poi, quegli occhi che recavano in sé cento altri occhi, lo scrutavano con tale intensità da ogni angolo della suacamera, che l’uomo dubitò di perder la ragione. Estrasse una fune a cappio e si apprestò al gesto che da tempo meditava.Fu a quel punto che un gran fiocco di neve entrò da una feritoia della torre e andò a posarsi sul lume, spegnendolo. Comerisucchiati dall’improvviso buio, centinaia e poi migliaia di fiocchi lo seguirono. L’uomo sentiva che mille brevi gelide carezzegli si posavano sulle mani e sul volto, ma non riusciva a capire di che si trattasse. Di colpo, ebbe una certezza: erano gocce disangue, spruzzi di tutto quel sangue un tempo così caldo ed ora così freddo sparso ovunque dalla sua crudeltà. L’uomoriaccese il lume e rimase folgorato: tutt’intorno a sé non aveva il colore purpureo del suo peccato, ma quello, lontanissimo neltempo, della sua innocenza, l’immacolato bianco delle lenzuola che sua madre gli rimboccava la sera dandogli il bacio dellabuona notte.L’uomo si precipitò a cavallo verso la vallata puntando sicuro, nel buio della notte, là dove il bianco era più luminoso.E mentre tutti dormivano, nella santa grotta, e la neve lentamente si scioglieva, egli silenziosamente scioglieva il suo piantoverso Colui che lo aveva talmente amato da preparargli in dono la neve.

“Il popolo che camminava nelle tenebrevide una grande luce;

su coloro che abitavanoin terra tenebrosauna luce rifulse.

Poichè un Bambino è nato per noi,ci è stato dato un figlio”

(Is 9, 1.5)

Riconoscentiper la vostra amicizia,la vostra generosità

e la premura che sempre ci dimostrate,auguriamo a tuttiun Santo Natale

e un sereno Anno 2017!Le sorelle Clarisse