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La Povertà
LEZIONE 1
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La Povertà
• L’analisi economica della povertà riprende diversi concetti discussi nello studio della disuguaglianza;
• Il problema della povertà si distingue da quello della disuguaglianza poichè presuppone l’identificazione dei soggetti da considerare poveri;
• L’identificazione dei soggetti poveri o delle famiglie povere è definita rispetto ad una soglia di povertà.
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Definizione
• È definita povera una famiglia il cui reddito (o la cui spesa per i consumi) è inferiore o uguale alla soglia di povertà;
• La soglia di povertà può essere definita rispetto ai redditi (o alla spesa per i consumi) secondo diverse modalità;
• Esistono due criteri principali per definire la soglia:
1. Assoluto
2. Relativo
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Criteri di classificazione
• Criterio assoluto:La soglia è definita rispetto ad un paniere minimo di beni sufficiente ad assicurare la sopravvivenza della famiglia;
La povertà in termini assoluti è definita come l’incapacità ad acquistare tale paniere.
• Criterio relativo:La soglia è definita in relazione allo standard di vita medio della comunità di riferimento;
Di norma lo standard di vita medio è fatto coincidere con il valore medio (o mediano) dei redditi familiari;
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La povertà assoluta (1/3)
• Il concetto si basa sull’idea che sia possibile determinare un paniere di beni e servizi primari il cui consumo è necessario per non vivere in uno stato di privazone;
• Il budget standard approach, si ispira al metodo dei minimi calorici, e permette di esprimere il livello assoluto di spesa necessario ad acquisire il paniere;
• Il mancato raggiungimento del livello di spesa prefissato indica una condizione di povertà assoluta
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La povertà assoluta (2/3)
• In un dato contesto occorre definire i bisogni di base che una persona deve soddisfare per vivere in modo decoroso;
• Tale approccio dà luogo a due ordini di problemi:1. Le valutazioni degli esperti che consentono di
determinare la soglia non sono mai totalmente oggettivi;
2. La povertà assoluta, per come è definita la soglia, tende a ridursi nel tempo in presenza di reddito reale pro-capite e spesa per consumi crescenti.
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La povertà assoluta (3/3)
Il metodo rimane tuttavia valido poiché permette:
1. nei paesi sviluppati, di individuare le famiglie che hanno difficoltà a raggiungere gli standard minimi vitali;
2. nei paesi in via di sviluppo, dati i bassi livelli di vita prevalenti, è ancora oggi il miglior modo di valutare la povertà.
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La povertà relativa (1/2)
• La povertà misurata in senso relativo permette di tener conto dell’evoluzione delle norme e dei costumi sociali di una collettività;
• La povertà è da considerarsi un fatto relativo. La soglia di povertà è correlata ad una misura media o mediana della spesa o del reddito individuale o familiare;
• Nell’accezione relativa, è povero colui che possiede risorse inferiori a quelle possedute in media dagli altri membri della società in cui vive.
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La povertà relativa (2/2)
• Questo approccio presenta diversi punti deboli:
1. la povertà relativa non cambia se i redditi di tutti gli individui si muovono della stessa percentuale;
2. la povertà relativa può avere andamento pro-ciclico;
3. il concetto di povertà relativa tende a confondersi con quello di disuguaglianza.
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Un criterio alternativo: la povertà soggettiva
• Le linee di povertà elaborate con il metodo soggettivo (consensual poverty lines), sono fissate a quel livello di reddito che viene ritenuto dalla famiglie necessario a garantire uno standard minimo di benessere;
• Questo approccio offre, tra l’altro, un criterio alternativo a quello econometrico per il calcolo delle scale di equivalenza.
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Metodologie a confronto (1/2)
• Le metodologie utilizzate per determinare le soglie di povertà si differenziano per variabile economica di riferimento, unità di analisi, indice di posizione, scala di equivalenza:
1. ISTAT: indagine sui consumi, famiglie, media, scala Carbonaro basata sulla legge di Engel;
2. EUROSTAT: indagine sui redditi, individuo; mediana, scala OCSE modificata;
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Metodologie a confronto (2/2)
• Il criterio ISTAT (analisi sulle famiglie) può prevedere l’utilizzo di:
1. linea di povertà unica, con cui si confronta il reddito familiare equivalente;
2. tante linee di povertà quante sono le dimensioni delle famiglie, a cui si confrontano i redditi familiari correnti;
• Il criterio EUROSTAT (analisi sugli individui) prevede un’unica linea di povertà con cui confrontare il reddito familiare equivalente di ciascun individuo.
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Definizione delle soglie di povertà
• La soglia di povertà per la famiglia di riferimento, di norma quella di 2 individui, (in base al criterio dell’International Standard of Poverty Line) è fissata al livello della spesa mensile pro capite del complesso delle famiglie incluse nella popolazione;
• La costruzione delle soglie di povertà per famiglie di ampiezza diversa, prevede l’utilizzo di specifiche scale di equivalenza.
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Scale di Equivalenza (1/3)
• Le scale di equivalenza permettono di rendere comparabili i redditi di famiglie di struttura diversa, associando a ciascuna tipologia familiare un numero di componenti equivalenti;
• In alternativa sono utilizzate per costruire soglie di povertà per famiglie di ampiezza diversa da quella di riferimento;
• Il rapporto tra reddito familiare e il coefficiente di scala determina il reddito equivalente;
• Le scale di equivalenza si dividono in: econometriche, soggettive, desunte da minimi nutrizionali, pragmatiche, implicite nei programmi di assistenza sociale;
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Scale di Equivalenza (2/3)
• Econometriche: sono scale stimate su dati campionari sulla base di modelli teorici fondati sulla teoria microeconomica del consumatore;
• Soggettive: si desumono da indagini in cui alle famiglie viene richiesto di valutare a quale livello di reddito corrisponde un tenore di vita basso, medio o elevato;
• Minimi Nutrizionali: si basano su specifici panieri di consumo che permetterebbero a famiglie di diversa composizione di conseguire lo stesso benessere;
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Scale di Equivalenza (3/3)
• Pragmatiche: sono costruite secondo semplici schemi di calcolo, e sono utilizzate per fini comparativi;
• Implicite nei Programmi di Assistenza Sociale: sono previste da enti locali o centrali per differenziare tra famiglie di diversa composizione la possibilità di accesso ai servizi sociali (in Italia si utilizza la scala ISE);
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Scala alla Engel (1/3)
• Tra le scale econometriche, la più utilizzata è quella fondata sulla legge di Engel;
• Le legge di Engel stabilisce che la funzione della spesa totale destinata alle necessità primarie si riduce al crescere del reddito delle famiglie per via degli effetti delle economie di scala;
• Una scala di equivalenza basata sulla Legge di Engel è quella stimata da Carbonaro (1985) e tuttora utilizzata dall’ISTAT per calcolare la povertà in Italia;
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Scala alla Engel (2/3)
• Nei dettagli si assume che il rapporto tra consumi alimentari (A) e spesa totale (S) sia l’indicatore del tenore delle famiglie;
• Per A/S costante è possibile determinare il coefficiente delle economie di scala (e);
• e misura la variazione relativa della spesa totale necessaria affinché, data una variazione relativa unitaria del numero dei componenti della famiglia (N), il tenore di vita della famiglia resti costante.
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Scala alla Engel (3/3)
Tre sono i casi possibili:
• e < 1 → S aumenta meno che proporzionalmente rispetto all’aumento di N (economie di scala);
• e = 1 → S aumenta proporzionalmente rispetto all’aumento di N;
• e > 1 → S aumenta più che proporzionalmente rispetto all’aumento di N (diseconomie di scala).
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La scala di equivalenza Carbonaro (1/2)
• In genere risulta e < 1, poiché molte spese familiari riguardano il consumo di beni o servizi che vengono utilizzati congiuntamente (ad esempio le spese per l’abitazione), permettendo di realizzare economie di scala;
• Carbonaro (1985), nell’ambito degli studi della Commissione d’Indagine sulla Povertà, ha stimato: e = 0.667 ;
• L’ISTAT utilizza tale valore per determinare i coefficienti di scala che permettono a loro volta di costruire le soglie di povertà per ogni possibile ampiezza familiare;
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La scala di equivalenza Carbonaro (2/2)
• Definita la soglia di povertà per la famiglia di riferimento è possibile determinare le soglie di povertà per le famiglie di diversa ampiezza, applicando un certo coefficiente (c):
• Esempio (coefficiente per famiglia di 3 persone)
N
NecN ˆ11
11 NNN cLPLP
333,1333,12
1667,01 233
LPLPc
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Scale di equivalenza pragmatiche
• Esistono criteri alternativi per determinare gli indici di povertà;
• In questo caso le famiglie sono comparate determinando il reddito equivalente, ottenuto rapportando il reddito familiare ad un coefficiente di equivalenza;
• La soglia di povertà è definita direttamente sui redditi equivalenti familiari, ed in genere è fissata ad un livello pari al 50% o al 60% del reddito equivalente medio (o mediano).
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Scale OCSE
• Le scale OCSE assegnano pesi diversi al capofamiglia, agli altri adulti e ai minori di 14 anni. Il reddito equivalente si ottiene:
• si distinguono la scala OCSE e OCSE modificata:
• ae1 = 1 + 0,7*(adulti – 1) + 0,5*(minori di 14 anni)
• ae2 = 1 + 0,5*(adulti – 1) + 0,3*(minori di 14 anni)
• LP=0,6*mediana(Yeq)
ae
YYeq
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Scala di Buhmann et al.
• La scala di Buhmann et al. (1988) sintetizza in un unico parametro scale diverse. Il reddito equivalente è determinato come segue:
• dove 0≤ θ ≤ 1.
• Molto diffusa è la scala che assume θ = 0,5 (Atkinson et al.)
• LP=0,5*media(Yeq)
N
YY eq
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Misure di povertà: proprietà desiderabili (1/3)
• Identificazione: la misura di povertà deve essere invariante rispetto a una redistribuzione monetaria fra soggetti che sono al di sopra della soglia e che vi rimangono anche dopo il trasferimento;
• Monotonicità: il livello di povertà di una distribuzione deve necessariamente aumentare se diminuisce il reddito di uno qualunque dei soggetti classificati come poveri;
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Misure di povertà: proprietà desiderabili (2/3)
• Simmetria: il valore assunto dall’indice deve essere invariante rispetto a qualsiasi permutazione del generico vettore dei redditi, che non ne modifichi la distribuzione di frequenza;
• Indipendenza della popolazione: se la distribuzione dei redditi x è ottenuta replicando la distribuzione y, y ed x presentano lo stesso livello di povertà;
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Misure di povertà: proprietà desiderabili (3/3)
• Principio del trasferimento: la povertà aumenta a seguito di un trasferimento di reddito da un soggetto povero ad un qualsiasi altro individuo con reddito superiore;
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Indice di diffusione
N
qH
q = numero di famiglie povere, N = numero di famiglie nella popolazione;
• Non misura l’intensità del fenomeno;
• Soddisfa gli assiomi di identificazione, di simmetria e di indipendenza.
• Non soddisfa il principio di monotonicità, poiché la riduzione del reddito di un individuo povero non muta la diffusione della povertà.
• Non soddisfa il principio dei trasferimenti.
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Indice d’intensità
• gi indica il divario tra la soglia di povertà e il reddito dell’iima famiglia povera (poverty gap);
I = 0 se tutti Yipov = LPI = 1 se tutti Yipov = 0
• Il principio di monotonicità è soddisfatto, ma non è possibile registrare variazioni nel numero di poveri. Sono rispettati gli assiomi di identificazione, di simmetria e di indipendenza;
• Il principio dei trasferimenti non è in genere soddisfatto, l’indice è insensibile ai mutamenti nella distribuzione del reddito.
qLP
gI i i
0 povii yLPg
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Indice di Sen
• L’indice di Sen, basato su 3 assiomi (dei pesi, del benessere monotonico e del valore normalizzato dell’indice di povertà), sintetizza le informazioni su diffusione, intensità e distribuzione del reddito tra gli individui poveri;
• Soddisfa i principi di monotonicità e dei trasferimenti, è funzione crescente di H, I e Gp (indice di Gini tra i poveri);
• A valori più alti dell’indice corrisponde un più alto grado di povertà e viceversa.
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Esercizi: Metodo ISTAT (1/7)
• Consideriamo 10 famiglie di 2 componenti ciascuna che dispongono dei seguenti redditi:y1 y2 y3 y4 y5 y6 y7 y8 y9 y10
2 3 10 21 25 40 49 70 80 100
• Soglia di povertà per famiglia di riferimento = spesa media pro-capite, quindi LP = 20
Famiglie povere e poverty gap: F1 → g1 = 18, F2 → g2 = 17F3 → g3 = 10
2020
400
n
YY i
i
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Esercizi: Metodo ISTAT (2/7)
Indici:
%3010
3
N
qH
%75203
101718
qLP
gI i i
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Esercizi: Metodo ISTAT (3/7)
• Si opera un trasferimento progressivo da F4 ad F2 per un ammontare pari a 3 unità di reddito. La nuova distribuzione dei redditi è la seguente:
y1 y2 y3 y4 y5 y6 y7 y8 y9 y10
2 6 10 18 25 40 49 70 80 100
Famiglie povere e poverty gap:
F1 → g1 = 18F2 → g2 = 14F3 → g3 = 10F4 → g4 = 2
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Esercizi: Metodo ISTAT (4/7)
Indici:
%4010
4
N
qH
%55204
2101418
qLP
gI i i
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Esercizi: Metodo ISTAT (5/7)
• Si opera un trasferimento progressivo da F5 ad F1 per un ammontare pari a 10 unità di reddito. La nuova distribuzione dei redditi è la seguente:
y1 y2 y3 y4 y5 y6 y7 y8 y9 y10 3 10 12 15 21 40 49 70 80
100
Famiglie povere e poverty gap:F1 → g1 = 17F2 → g2 = 10F3 → g3 = 8F4 → g4 = 5
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Esercizi: Metodo ISTAT (6/7)
Indici:
%4010
4
N
qH
%50204
581017
qLP
gI i i
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Esercizi: Metodo ISTAT (7/7)
Riassumendo:
D1 D2 D3H 30 40 40I 75 55 50
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La Povertà
LEZIONE 2
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La linea di povertà relativa in Italia:
• La linea di povertà ufficiale per l’Italia segue il criterio relativo ed è fissata secondo gli standard internazionali;
• In base a tale criterio è considerata povera ogni famiglia di due persone il cui consumo è inferiore al consumo medio pro capite;
• L’estensione alle altre ampiezze familiari si ottiene applicando le scale di equivalenza in modo da ottenere le linee di povertà relative alle varie ampiezze;
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La povertà relativa in Italia nel 2006
Indagine ISTAT sulla spesa per i consumi:
• Soglia di povertà: per una famiglia di 2 componenti è rappresentata dalla spesa media mensile pro-capite, ed è pari, nel 2006, a 970,34 €;
• Le famiglie di 2 componenti con una spesa mensile inferiore o uguale a tale soglia sono classificate come povere.
• Per le famiglie di diversa ampiezza, le linee di povertà sono ottenute applicando la scala di equivalenza Carbonaro.
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La Povertà in Italia nel 2006: Linee di Povertà
Ampiezza Familiare Coefficienti Linea di Povertà1 0,60 582,20€ 2 1,00 970,34€ 3 1,33 1.290,55€ 4 1,63 1.581,65€ 5 1,90 1.843,65€ 6 2,16 2.095,93€
7 o più 2,40 2.328,82€
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Diffusione della povertà
Famiglie povere: 2.623.000 (pari al 11,1%)Individui poveri: 7.537.000 (pari al 12,9%)
In particolare, per ripartizione geografica:Nord: 595.000 (pari al 5,2%)Centro: 315.000 (pari al 6.9%)Sud: 1.713.000 (pari al 22,6%)
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Trend 1997-2006
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Italia 12,0% 11,8% 11,9% 12,3% 12,0% 11,0% 10,6% 11,7% 11,1% 11,1%Nord 6,0% 5,7% 5,0% 5,7% 5,0% 5,0% 5,3% 4,7% 4,5% 5,2%Centro 6,0% 7,5% 8,8% 9,7% 8,4% 6,7% 5,7% 7,3% 6,0% 6,9%Sud 24,2% 23,1% 23,9% 23,6% 24,2% 22,4% 21,3% 25,0% 24,0% 22,6%
0,0%
5,0%
10,0%
15,0%
20,0%
25,0%
30,0%
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Considerazioni generali
• L’incidenza della povertà è rimasta costante all’11,1% tra 2005 e 2006. La povertà relativa si è ridotta nelle regioni meridionali, ma è aumentata nel Nord e nel Centro Italia;
• Nel Mezzogiorno l’incidenza rimane su livelli notevolmente più elevati rispetto alle altre aree del paese;
• L’intensità della povertà è diminuita leggermente dal 21,3% al 20,8%.
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Ampiezza familiare e tipologia familiare
• Le famiglie numerose (5 o + componenti), presentano ovunque livelli di povertà elevati:Italia: 24,3%, Nord: 8,1%, Centro: 15,4%, Sud: 37,5%
• Sono particolarmente colpite le famiglie con almeno tre minorenni nel nucleo familiare (30,2% a livello nazionale);
• Anche tra gli anziani il tasso di povertà è leggermente superiore alla media;
• Livelli di povertà superiori alla media si riscontrano per le famiglie monogenitori (13,8%), mentre sotto la media si collocano le famiglie costituite da coppie di non anziani (4.9%) e i single (3.3%).
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Genere e titolo di studio
• Non emergono grandi differenze in termini di povertà in relazione al sesso del capofamiglia (11,2% per CF uomo, 11,0% per CF donne);
• Il titolo di studio determina invece diversi tassi di povertà:Nessun titolo – elementare: 17,9%Media inferiore:12,2%Media superiore e oltre: 5,0%
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Mercato del lavoro
• La condizione professionale della persona di riferimento del nucleo familiare incide in modo notevole sulla povertà della famiglia:
Dipendente: 9,3%Autonomo: 7,5%In cerca di occupazione: 28,2%Ritirato dal lavoro: 12,2%
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Rischio di povertà e “appena povertà”
• La classificazione delle famiglie povere può essere più articolata definendo quattro soglie aggiuntive:
• 80% LP = 776,27 €, • 90% LP = 873,31 €, • 110% LP = 1067,37 €• 120% LP= 1164.41 €;
• In questo modo le famiglie sono classificabili come:Sicuramente povere: 4,8% (<80% LP)Appena povere: 6,3% (80%-100% LP)Quasi povere: 8,1% (100%-120% LP)Sicuramente non povere: 80,8% (>120% LP)
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Povertà relativa e ciclo economico
• Una riduzione dell’indice di povertà non sempre è indicativo di una miglior condizione di vita:
Anno t:y1 y2 y3 y4 y5 y6 y7 y8 y9 y10 2 4 11 19 25 40 49 70 80
100LP = 20, H = 40%
Anno t + 1:y1 y2 y3 y4 y5 y6 y7 y8 y9 y10 0 2 8 18 20 33 42 63 78 94LP = 17.9, H = 30%
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La povertà in Italia: uno studio sui consumi
Autore: Gorrieri; Dati: ISTAT 1985 – 1987;
• Gorrieri seguì in parte le modalità impostate dalla Commissione d’Indagine sulla Povertà, che individuò un totale di 40 tipologie familiari (di cui solo 13 effettivamente utilizzate nello studio);
• Furono determinate 3 soglie di povertà (SP1 – miseria, SP2 – povertà, SP3 – quasi povertà) ed individuate altre 7 classi di spesa, allo scopo di distribuire le famiglie in classi in grado di dare l’idea della disuguaglianza nei consumi.
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Le classi di spesa
Le classi di spesa sono:
Miseria fino al 35% della spesa media
Povertà 35% - 44%Quasi povertà 44% - 53% Disagio economico 53% - 60%Quasi disagio 60% - 70%Condizione modesta 70% - 90%Situazione media 90% - 110%Benessere 110% - 150%Benessere elevato 150% - 200%Ricchezza oltre 200%
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I risultati principali
• In merito alla suddivisione della popolazione in fasce di spesa, sono emersi i seguenti risultati:
1985 1987Fascia Inferiore (fino al 70%): 37.9%
40.5%Fascia Intermedia (70% - 150%): 47.0%
44.0%Fascia Superiore (oltre 150%): 15.1%
15.5%
• Emerge, quindi, una dinamica di accrescimento della disuguaglianza tra le famiglie in termini di distribuzione in classi di spesa.
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Luxembourg Income Study (1/3)
• Recentemente, gli studi su povertà e disuguaglianza nei paesi ricchi hanno fatto ricorso ai dati del “Luxembourg Income Study” (LIS);
• Il LIS è una banca dati che raccoglie e cerca di rendere comparabili le più importanti indagini campionarie sulla distribuzione del reddito di numerosi paesi ricchi;
• In tema di povertà il LIS fornisce l’evoluzione e i più recenti tassi di diffusione.
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Luxembourg Income Study (2/3)
• La linea di povertà è data dal 60% della mediana della distribuzione indivduale dei redditi familiari disponibili equivalenti;
• La scala di equivalenza utilizzata è quella di Buhmann et al. secondo la specificazione di Atkinson et al.;
• L’unità di analisi è l’individuo, mentre il benessere economico è valutato a livello familiare.
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Luxembourg Income Study (3/3)
• I dati più recenti mostrano che i paesi scandinavi presentano bassi livelli di povertà (Svezia, 12.3%, Finlandia, 12.4%), mentre quelli anglosassoni elevati livelli di povertà (UK, 21.3%, US, 23.8%);
• I dati mostrano anche che nel corso degli anni ’80-90 la povertà è generalmente aumentata, soprattutto tra i minori;
• Il LIS ha calcolato che in Italia il tasso di diffusione è aumentato da 17.4% (1986) a 19.9% (2000). Tra i minori la diffusione è aumentata, nello stesso periodo, del 7.5%
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L’indagine Banca d’Italia (1/3 )
• L’indagine di Banca d’Italia è l’unica a permettere lo studio dell’evoluzione della povertà in Italia in base al reddito (periodo 1977-2002);
• Il reddito delle famiglie è dato dalla somma di tutte le fonti di reddito al netto delle imposte, ed è reso equivalente utilizzando la scala ISE (N^0.65);
• Ad ogni individuo è attribuito il reddito familiare equivalente corrispondente.
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L’indagine Banca d’Italia (2/3 )
• L’andamento della diffusione della povertà è simile a quello della disuguaglianza;
• In leggera discesa nella prima metà degli anni ’80, in sostanziale crescita nei primi anni ’90 (crisi economica), piuttosto stabile negli anni successivi;
• L’andamento è diseguale rispetto alle classi di età. La situazione è migliorata per gli over 64 e peggiorata per gli under 18.
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L’indagine Banca d’Italia (3/3 )
• La povertà relativa tra la fine degli anni ’70 e i primi anni del nuovo secolo:
1. è peggiorata tra i lavoratori ed è migliorata tra i pensionati;
2. è migliorata nel Centro-Nord e peggiorata al Sud;3. relativamente peggiorata per individui con
istruzione medio-alta;4. peggiorata per nuclei familiari medio-grandi,
migliorata per nuclei ristretti.
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La povertà nei paesi in via di sviluppo
• La comparazione degli indici di povertà a livello internazionale da luogo a problemi di ordine pratico e concettuale;
• Paesi differenti hanno diverse definizioni di povertà e, soprattutto, un diverso standard di vita;
• È quindi necessario definire un criterio che renda possibile il confronto;
• In questo senso la Banca Mondiale (BM), utilizzando il criterio di classificazione assoluto, ha definito delle soglie di povertà internazionali.
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BM: soglie di povertà internazionali (1/2)
• Per determinare le soglie di povertà è necessario fissare un paniere di beni sufficiente a garantire la sussistenza, e darne una valutazione monetaria sulla base dei prezzi internazionali (criterio assoluto);
• La BM, nel 1985, ha così definito due soglie di povertà:1 dollaro al giorno (povertà estrema)2 dollari al giorno
• Tali soglie sono state rivalutate ai prezzi del 1993:1,08 dollari al giorno (povertà estrema)2,15 dollari al giorno
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BM: soglie di povertà internazionali (2/2)
• L’effettiva comparazione dei diversi tassi di povertà, può avvenire solo dopo aver adattato le soglie internazionali ai prezzi correnti nei vari paesi;
• Questo passaggio avviene utilizzando la Parità di Potere d’Acquisto (PPP’s – purchasing power parities);
• Un ultima distinzione avviene rispetto all’area di residenza (rurale o urbana) della popolazione. In questo senso vengono determinate due diverse soglie di povertà
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BM: popolazione in povertà estrema (1/2)
Regions 1987 1990 1998 East Asia and the Pacific 67,0% 66,1% 48,7% Eastern Europe and Central Asia
3,6% 9,6% 20,7%
Latin America and the Caribbean
35,5% 38,1% 31,7%
Middle East and North Africa
30,0% 24,8% 29,9%
South Asia 86,3% 86,8% 83,9% Sub – Saharan Africa 76,5% 76,4% 78,0% Total 61,0% 61,7% 56,1%
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BM: popolazione in povertà estrema (2/2)
Brasile (1998): 11,6%Repubblica Centro Africana (1993): 66,6%Cina (1999): 18,8%Repubblica Ceca (1996): < 2%India (1997): 44,2%Mali (1994): 72,8%Nigeria (1997): 70,2%Federazione Russa (1998): 7,1%Sud Africa (1993): 11,5%Yemen (1998): 15,7%Zambia (1998): 63,7%
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Studi alternativi sulla povertà nel mondo
• Oltre alle stime della BM, altri studi hanno cercato di analizzare la disuguaglianza e la povertà nel mondo. Tra questi, si distinguono gli approcci basati su:
1. redditi medi pro-capite non pesati rispetto alla popolazione dei diversi paesi;
2. redditi medi pro-capite pesati rispetto alla popolazione dei diversi paesi;
3. indagini campionarie.
• I redditi di paesi diversi sono comparati utilizzando coefficienti che permettono di ottenere il PPP.
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Redditi medi pro-capite non pesati
• Lo scopo è capire se è in atto o è avvenuta una convergenza tra le condizioni economiche tra i vari paesi;
• L’unità di analisi è il singolo paese;
• I limiti di queste analisi sono:1. il mancato utilizzo di pesi per la popolazione;2. il trascurare la componente interna ai singoli paesi
(within) nella disuguaglianza tra i redditi
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Redditi medi pro-capite pesati
• Il metodo è simile al precedente, e mantiene il limite di tener conto solo della disuguaglianza tra i vari paesi (between);
• In questo caso tuttavia si tiene in considerazione del diverso peso dei vari paesi in base alla loro popolazione.
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Indagini campionarie
• Permette di studiare in modo completo la povertà e la disuguaglianza nel mondo e tiene conto della disuguaglianza all’interno di ogni singolo paese (within);
• Si distinguono 2 metodi di analisi che utilizzano:
1. le surveys campionarie per ottenere informazioni sulla distribuzione relativa del reddito, ma i livelli di reddito sono imputati sulla base della contabilità nazionale (Bourguignon e Morrison, 2002, Sala-i-Martin, 2002);
2. solo surveys sui redditi familiari, sia per la disuguaglianza che per i valori medi delle variabili economiche (Chen e Ravallion, 2004 e Milanovic, 2002).