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CIVILTÀ DELLA SCRITTURA 9 di GIANNI BORGO Il poeta veronese Gianni Borgo è un curioso e infaticabile giramondo. Ora, di ri- torno da un soggiorno presso amici brasiliani, ha inviato in redazione una singo- lare raccolta di materiale etno-linguistico, che, lì per lì (sapendo “i veronesi tutti matti”), abbiamo considerato uno scherzo. Ma era tutto vero. Nella lettera d’ac- compagnamento, scrive queste interessanti note, che qui pubblichiamo. (p.a.p.) E dal ceppo veneto in Brasile è nato el Taliàn lo parlano 25 milioni di oriundi Le persone nate o residenti nel Rio Grande do Sul sono chiamate “gaùchos”. La loro origine è una me- scolanza di popoli dalle più disparate culture, portoghe- si, spagnoli, tede- schi, italiani, russi, ebrei, polacchi ec- cetera. A Porto Alegre, come sim- bolo della città, è stata dedicata al gaucho una statua, il “laçador” (il lan- ciatore di laccio). T i segnalo la nascita di una nuova lingua: “el Taliàn”. Devi sapere che un gruppo di oriundi, dopo anni di ricerche, studi, raccolte eccetera, ha deciso di codificare l’antica parlata veneta, usata dagli emigranti, registrata e riconosciuta quale patri- monio culturale brasiliano, con Decreto del Ministero della Cultura, N° 3551 del 4.8.2000. I promotori si sono peraltro attivati per estendere la sua conoscenza e il suo approfondimento tramite stampa, radio, internet, saggi e pubblicazioni di vario genere. A me sembra che si tratti di un avvenimento straordinario, anche alla luce di quanto si legge nei n. 1 e 4 della nostra rivista: delle 6000 lingue parlate oggi nel mondo, fra un secolo ne resterà solo la metà; inoltre nei 36 Paesi europei, dove sono state registrate 337 minoranze lin- guistiche con un totale di cento milioni di persone, molte di queste lingue, specie quelle orali, spariranno definitivamente, e quelle scritte andranno rinchiuse nei sarcofaghi delle biblioteche. Beh, sappiamo che si tratta di pro- cessi che non avverranno tanto repenti- namente, come invece avviene in natura con la desertificazione e i mutamenti cli- matici, che condannano molte specie vi- venti all’estinzione. Ebbene, questa “nuova” lingua, “el Taliàn”, è in Brasile compresa da più di 25 milioni di oriundi (quasi mezza Italia) ed è considerata la seconda lingua più diffusa dopo quella ufficiale, il portoghe- se. Inoltre, io ho colto, fra questi amici brasiliani, un forte orgoglio di apparte- nenza alle origini italiche, il che rende l’antico dialetto veneto, assurto a dignità di lingua viva, parlata e codificata, un in- cisivo veicolo di diffusione e di coesione culturale. Ti fornisco qualche dato storico/so- ciale, interessante per capire la vastità di questo fenomeno linguistico. Durante l’antica migrazione (1875- 1940), nelle province (Stati) del sud Bra- sile (Rio Grande do Sul, Santa Catarina,

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di GIANNIBORGO

Il poeta veronese Gianni Borgo è un curioso e infaticabile giramondo. Ora, di ri-torno da un soggiorno presso amici brasiliani, ha inviato in redazione una singo-lare raccolta di materiale etno-linguistico, che, lì per lì (sapendo “i veronesi tuttimatti”), abbiamo considerato uno scherzo. Ma era tutto vero. Nella lettera d’ac-compagnamento, scrive queste interessanti note, che qui pubblichiamo.

(p.a.p.)

E dal ceppo venetoin Brasile è nato

el Taliànlo parlano 25 milioni di oriundi

Le persone nate oresidenti nel RioGrande do Sulsono chiamate“gaùchos”. La loroorigine è una me-scolanza di popolidalle più disparateculture, portoghe-si, spagnoli, tede-schi, italiani, russi,ebrei, polacchi ec-cetera. A PortoAlegre, come sim-bolo della città, èstata dedicata algaucho una statua,il “laçador” (il lan-ciatore di laccio).

T i segnalo la nascita di una nuova lingua: “el Taliàn”. Devi sapere che un gruppodi oriundi, dopo anni di ricerche, studi, raccolte eccetera, ha deciso di codificare

l’antica parlata veneta, usata dagli emigranti, registrata e riconosciuta quale patri-monio culturale brasiliano, con Decreto del Ministero della Cultura, N° 3551 del4.8.2000. I promotori si sono peraltro attivati per estendere la sua conoscenza e ilsuo approfondimento tramite stampa, radio, internet, saggi e pubblicazioni di variogenere.

A me sembra che si tratti di un avvenimento straordinario, anche alla luce diquanto si legge nei n. 1 e 4 della nostrarivista: delle 6000 lingue parlate oggi nelmondo, fra un secolo ne resterà solo lametà; inoltre nei 36 Paesi europei, dovesono state registrate 337 minoranze lin-guistiche con un totale di cento milionidi persone, molte di queste lingue, speciequelle orali, spariranno definitivamente,

e quelle scritte andranno rinchiuse neisarcofaghi delle biblioteche.

Beh, sappiamo che si tratta di pro-cessi che non avverranno tanto repenti-namente, come invece avviene in naturacon la desertificazione e i mutamenti cli-matici, che condannano molte specie vi-venti all’estinzione.

Ebbene, questa “nuova” lingua, “elTaliàn”, è in Brasile compresa da più di25 milioni di oriundi (quasi mezza Italia)ed è considerata la seconda lingua piùdiffusa dopo quella ufficiale, il portoghe-se. Inoltre, io ho colto, fra questi amicibrasiliani, un forte orgoglio di apparte-nenza alle origini italiche, il che rendel’antico dialetto veneto, assurto a dignitàdi lingua viva, parlata e codificata, un in-cisivo veicolo di diffusione e di coesioneculturale.

Ti fornisco qualche dato storico/so-ciale, interessante per capire la vastità diquesto fenomeno linguistico.

Durante l’antica migrazione (1875-1940), nelle province (Stati) del sud Bra-sile (Rio Grande do Sul, Santa Catarina,

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gnossesto anca tea so Madre Patria”1.“Honório Tonal, uno dei più convinti

ed attivi propugnatori della nuova/vec-chia lingua, ha attivato anche un sito suinternet, per discutere e diffondere sem-pre più il “Talian”. In una lettera-circola-re “Ai amighi del tuto el mondo”, spiegae chiarisce, tra l’altro: “Con sincerità, noson mia drio ndar inserca de soldi, par-ché me nono Francisco Pagani, un braocremonés, el disea che “Quando i è mas-sa, i soldi i diventa del diaol, parché,depù che se ghinà, pussè se ghin vol;quando se mor, no se ghin porta mia via;e assa i altri baruffando par spartirli; eno so se San Piero non dimandarà lareza dei conti par saver come se li gaguadagnai…”2.

La carta geografi-ca del Brasile. Coni suoi 8.547.404km², il Brasile, re-pubblica federale,composta di 26stati, è per esten-sione il primo delSudamerica. Lin-gua ufficiale ilportoghese. Tragrandi ricchezze etragiche povertà,il Brasile conservatuttora miserevolisacche di degrado(favelas) nellamaggior parte del-le metropoli.

Paranà, Sao Paulo, Espirito Santo) ci fuun flusso migratorio in massima partedal Triveneto (tanto che in Brasile siidentifica l’immigrazione italiana con ilVeneto). Per fare un esempio concreto,nel Rio Grande do Sul, su centomila im-migrati italiani, vengono date le seguentipercentuali: 54% Veneti; 33% Lombardi;7% Trentini; 4,5% Friulani; 1,5% altreprovenienze. Mettendo insieme i Trive-neti, si avranno questi altri dati: 65,5%Triveneti, 33% Lombardi, 1,5% altreprovenienze.

È stata dunque la massiccia presenza diVeneti a imporre l’uso comune di

parlate orali consimili (vicentino, padova-no, bellunese, trevigiano, veronese, vene-ziano, rovigoto, bassanese eccetera), lequali parlate sono confluite, dunque, inun corpus linguistico, al quale è stato datoil nome di “Talian”. È stato pubblicato unDicionário Português/Talian, insiemecon una Gramática, con i fondamenti “desta nova/vecia lingua, nassesta tel parlardei nostri primi imigranti, confinai inmeso el bosco, squasi tuti analfabeti, par-lando diferenti dialeti, no solo par intra-capirse, ma anca par la necessità de no-minar tuto quel che era novità e desco-

Vittorio Fabris in una foto ricordo scattata nel1934 in occasione del suo settantacinquesimocompleanno.

Il passaporto rilasciato aVittorio Fabris alla finedell’Ottocento, uno deiprimi Veneti giunti aCaxias do Sul, quandoera soltanto un modestonucleo di baracche.

1 “Di questa nuova/vecchia lingua, nata dal lin-guaggio dei nostri primi immigranti, confinati inmezzo ai boschi, quasi tutti analfabeti, parlandodiversi dialetti, non solo per comprendersi traloro, ma anche per la necessità di dare un nome atutto quello che era nuovo e sconosciuto anche inMadre Patria.”2 “Con sincerità, non sto andando in cerca di sol-di, perché mio nonno, un bravo cremonese, dice-va: “Quando sono troppi, i soldi diventano deldiavolo, perché, più se ne ha, più se ne vuole;quando si muore, non si possono portare via; si la-sciano gli altri a litigare fra loro per dividerseli; enon so se San Pietro non ci domanderà la resa deiconti, per sapere come li abbiamo guadagnati…”

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Porto Alegre, ca-pitale di RioGrande do Sul, loStato più meridio-nale del Brasile.Ha una popola-zione di circa1.400.000 abitanti.

E Tonal così conclude: “Quando vo-lemo sfrugnar tel baul dei ricordi e cata-remo i fantasmi dei nostri antenati, anal-fabeti, confinai tea foresta misteriosa,piena de pericoli e distante de tuti i re-cursi, quando i vedremo indenociai, pre-gandoghe al Signor, a la Madona e a tutii Santi che sia liberi dele malatie, deledisgrassie e dei nemici, bisognarà sudarfredo e assar che vegna su el pel de oca esentir la corsa dele làgrima sincere na-sceste tea sorgente del cuor par pi duro epeloso chel sìpia. Se te piase cognósserla fantastica e verissima stòria dei nostriprimi imigranti, bisogna che te scomìnsia scoltarli quando loro i parla dea soagranda batalia par mansar la natura re-bele. E lori i dopererà la so lìngua, la somaniera de parlar che noantri gavemo eldirito e el dover de no assarla sparir: elTaliàn!”3.

Una panoramica di Caxias do Sul, città di400.000 abitanti, situata nello Stato di RioGrande do Sul. Fu fondata il 20 giugno 1890 daemigranti italiani, per la maggior parte veneti.Più dell’80% della popolazione è oggi di origi-ne italiana e parla “el Taliàn”.

3 “Quando vogliamo frugare nel baule dei ricordie troveremo i fantasmi dei nostri antenati, analfa-beti, confinati nella foresta misteriosa, piena dipericoli e lontana da ogni aiuto, quando li vedre-mo inginocchiati, pregando il Signore, la Madon-na e tutti i Santi per essere liberi dalle malattie,dalle disgrazie e dai nemici, bisognerà sudarefreddo e lasciare che venga la pelle d’oca e sentirescendere lagrime sincere, nate dalla sorgente delcuore, perfino dal più duro e peloso che sia. Se haipiacere di conoscere la fantastica e verissima sto-ria dei nostri primi immigranti, bisogna che tu co-minci ad ascoltarli quando parlano della lorogrande battaglia per domare la natura ribelle. Edessi adopereranno la loro lingua, la loro manieradi parlare, che noi abbiamo il diritto e il dovere dinon lasciar sparire: il “Taliàn”.

Insomma, questo fervore linguisti-co mi sembra che faccia onore non soloagli oriundi italiani in Brasile, ma chepossa diventare un esempio anche perla cultura italiana in genere, così tra-scurata, maltrattata, stracciata e stirac-chiata dalle nostre stesse istituzioni na-zionali, tra anglicismi, barbarismi,oscene volgarità, cattivi insegnamenti emancanza d’amore.

Un carro allegori-co della Festa del-l’uva, allestito nel1930 da CarlinFabris (a destraappoggiato alcarro). La fami-glia Fabris è unadelle più antiche,arrivate dal Ve-neto a Caxias doSul. La tradizionedei carri allegori-ci della Festa del-l’uva era moltoavvertita nel Ve-neto negli anniVenti e Trenta.

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“Bacalà a lavisentina,

bon de sera ede matina

“Can vecio nobaia a la luna

“Cul che cagano ghe oro

che lo paga

“ Miseria famiseria

“ Megio unamigo che

çento parenti

Corso de Taliana cura de Fra Rovilio

Prima LessionI Assenti

Solo par farve vegner l’aqua in boca, na pìcola lession par leder meio el testo chegavì qua. Assenti. In Talian ghe ze solo due assenti: (`) el grave: Garòfolo (cravo);Scàtola (pequena caixa); e (´) el acuto (agudo): Orgólio (orgulho); Fémena(mulher). Desso, lora, ledì ancora el testo dessora, e co catè l’assento grave (`) lapronùnsia la ze verta, e co catè l’assento aguto (´), la pronùnsia la ze serada. Ledìin vose alta, tuti insieme, e co gavì dùbio, domandeghe ai pi veci, e vedarì comela vien fora giusta. In futuro tornemo ancora ai assenti.

Seconda LessionL’Alfabeto

Par Leder

La ava la vola Eva la va via La - Le (A –As) prima letra delalfabeto: singolare, plurale

Le ave le vola La ava la vol la ua Ava, ave (abelha, Abelhas) sf.

La ava la va via Le ave le vol la ua Va via: vai embora

Le ave le va via Eva la vol le olive Vol el ovo: quer o ovo

Eva la vol el ovo Ivo el vol ua Lava el velo: lava o véu

La Oliva la lava el velo Ivo el vol i uvi Vol la ua: quer a uva

El alfabeto del Talian el ze formà de 21 letra: 5 (sinque) vogale e 16 (sédese) con-sonante, a saver: A a, B b, C c, D d, E e, F f, G g, H h, I i, J j, L l, M m, N n, O o,P p, Q q, R r, S s, T t, U u, V v, Z z. Le vogale le ze come in portoghese. Quando pronusiade verte, el assento ze grave(`). Esémpio: Ànera (gansa); mànego (cabo); sùbito (logo, já); sìmile (parecido,igual, tal e qual). Quando pronunsiade sarade, doperar el assento acuto (´). Esém-pio: Cénere (cinza); doménega (domingo); fémena (mulher). Nel Talian, sepronùnsia tute le létere de la parola: Guera (guerra); qualità (qualidade); quel(aquele), con essession del cio: ciodo - leder come (tchodo = prego); cia: ciavada(leder come tchavada) giu: giudìssio (leder come djudìssio); gia: giardino (ledercome djardino). La letra “i” la ze muta.Le consonante e el suo suon (som):B - come in portoghese – Belo (bonito), balar (dançar), bevitor (beberrão);C - vanti de a, o, u, come in portoghese. Come se fusse on (K) – caval (cavalo);corno (corno, chifre); culata (nádega);La letra C c, la ze la pi fadigosa de tute:1º– La sona come “tch”.Cia = tcha: C i a ve = La ciave de San Piero; Bò c i a = Go portà casa na bòcia de vin.Cio = tcho. C i o do = El ciodo de le longarine el ze el pi longo de tuti; Tòc i o =Polenta e tòcio e un bel goto de vin.Ciu = Tchu. C i uco = Dopo de esser ciuco no se pol diriger; Inc i u carse = Sebevemo massa, podemo inciucarse. La letra “i” la deventa muta. No podemo pro-nunsiarla. La serve solo par darghe la tonalità a la parola.Ce = Tche. Celo = Par ndar al celo bisogna pregar; pace = I ga fato la pace.Ci = Tchi. Cimento = Col cimento e la sàbia se posta i matoni; pacìfico = El zera sentàpacìfico soto na pianta.2º- La sona come “k”Ca = Ka . Casa = Tuti a casa sua; vaca = Gavemo na vaca de late.

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Che = Ke. Checo = El zio Checo el va a messa; pache= Ntea barufa el ga dato na man depache.Chi = Ki. Chilo = Mi vui un chilo de formaio; Bechi = I Bechi i ga la testa dura.Co = Ko. Corona = La corona de spini del Signor; bauco = No stà esser bauco.Cu = Ku. Cuna = El tatin dormia ntea cuna; cocùmeri = I cocùmeri de me nona.Che = come in italiano (K). Michele (Miguel); Rachele (Raquel).D - come in italiano e português. Diaol (diabo); adio (adeus); disnar (jantar); di (dia);F - come in portoghese. Fior (flor); fil (fio); fede (fé); fàcile (fácil);G - vanti del a, o, u, come in portoghese. Gato (gato); gal (galo); gola (gula); Vanti del ee del i, el ga el suon de dje e dji. Génova (djénova); giugador (djugador) jogador; genaio(djenaio) janeiro; Gìgio (djìdgio) Luiz; La letra G g la ze la seconda in dificoltà:1º - La sona come “g, gue, gui”

Ga = Gato, garafa, paga, magari.Go = Gola, fagoto, figo, bìgoli.Gu = Gusto, gùcia, sagù.Ghe = Braghe, teghe, braghete.Ghi = Fighi, sighi, ghigna.

2º - La sona come dj.Gia = dja – Giacheta, giasso.Gio = djo – Giornal, giossa, giostra.Giu = dju – Giudel, giudìssio, giuro.Ge = dje – Gente, gelosia, gemel.Gi = dji – Gilè, pàgina, maginarse.

La letra “i” la deventa muta. No podemo pronunsiarla. La doperemo solo par darghe latonalità a la parola.3º - Insieme co la letra “n” la deventa compagna del “nh” in portoghese. Esémpio: Legna,bagna.H = Solo insieme co el “c” e el “g”. – Soche, bechi, doghe, sgherlo; e ntele sclamassion:Ah! Oh!Gh - solo vanti de e o del i, avendo el medèsimo suon (som) de gue e gui. Portoghese(português) ; fonghi (fungos); parlarghe (falar-lhe); piaghe (chagas); laghi (lagos);GN - ga el suon (som) come el nh in portoghese e el ñ in spagnol. Cucagna (sorte, fortu-na); magnar (comer); guadagno (ganho); gnente (nada); vegner (vir);H - solo se lo dopera insieme de c (ch) - Checo (keco)- Francisco; e g (gh) - ghigna(guinha), e oncora nela sclamassion - Oh! Ah!L, M, N, P e Q - i ga el medèsimo suon (som) che in portoghese.R - Ga el suon (som) compagno del italiano e del spagnol, però, dito fiaco, ancora che elsìpia tel scomìssio dea parola. Roma (Roma); guera (guerra); vero (verdadeiro); rosa(rosa); rana (rã).S - come in portoghese. Ze la ùnica consonante che pol esser scrita dópia: Sasso (pedra);adesso (agora); o senò simples. Paese (vila, país); sensa (sem). Ze la ùnica consonantedópia. Le vogale e, i, le pol dopiarse nte serti plurai: idee, zii, rii, òcii...S-C – separai col tratino, parché bisogna pronunsiarli separadi. S-ciantiso (stchantiso)relâmpago; s-cianta (stchanta) pouco; s-ciopo (stchopo) espingarda; s-ciafa (stchafa)tapa, tabefe; ris-cio (rischo) risco, perigo;SC - dopara solo devanti el a, o, u e se lo parla come in portoghese. Scàndola (taboínha,usada como telha); scùria (chicote, soiteira); biscoto (biscoito);V - el suona (som) come in portoghese. Vanga (pá-de-corte); verza (couve); voia (vonta-de); vin (vinho);Z - suona (som) come in portoghese. Pianze (chora); zia (tia); pranzo (almoço, banquete).Obs. no ghe ze mia tel Talian i incontri gl e cq come ghe ze nel italiano. Esémpio: orgólio(orgulho), invesse de orgóglio. Galiota (pequeno carro), invesse de gagliota. Aqua (água),invesse de acqua). Quando el gl vien co el nome pròprio, soratuto te i cognomi, el suon zecompagno del lh in portoghese. Esémpio: Tagliamento, Sonàglio, Bertòglio, Pizzamìglio,Gìglio, Garbùglio. Nel Talian no ghe ze assenti nasalai. Ex: Pan (pão), dir come fusseassento grave pàn, e nò pã.

“Dimi chi son,ma no

me dir chigera

“ Tuto ga fin

“La paura facoragio

“ Chi alza elculo

el perde elscragno

“ Roba robà,come la vien

la va

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La xè frola, dài de quà, dài, dài, la broa, lascota.

Ahi, ahi, ahi, me son scotàLa xè cota, la xè cota.

Sior Florindo la se senta, che xè fata lapolenta

Dunque magnemola; ghe manca el salSal de la fiaba, xè la moral.

Ecco: la spatola, la xè mio estroLa xè il mio genio, pronto e maestro;

E quel finissimo fior de fatinaVol dir Rosaura e Colombina;

L’acqua broenta, xè nostro cuor,E la polenta, la xè l’amor

Il LIBRO DELLA POLENTA di LUIGI CARNA-CINA e VINCENZO BUONASSISI - ALDOMARTELLO – GIUNTI EDITORE S.P.A. - 1984 -STAMPATO IN FIRENZE

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Gustavo Adolfo CarlottoEL PARON DE UN RISTORANTE

OFRE UN MENU’A NA COMPAGNIA DE PASSAGIO

“DAÍ BERICI AL GARDA” POESIE - SONETITIP. EDITRICE G. CONSONNI - VICENZA 1966

Cossa posso servire a lor Signori?...“ ... ‘Na feta de parsuto... San Daniele...

un carciofeto in ogio... un filetin d’aciuga..., buro... de le olive... bele!

... e... par smorbar la boca... un acetin?!”...

“ E po drio man mi ghe farò gustaredei boni capeleti - “nostri” - in brodo... o tajadele... Ma se i vol magnare

risoto mantecà..., lo fasso a... modo!...

Del pesse? Posso darghe del più fin fresco, tuto pescà in sto nostro mare:

Zevoli, orade, boseghe, branzin... pesse de mejo no se pol trovare!...

Par l’alesso fasso passare el piato:Manzo misto, testina de vedelo

Galina grassa, polastra, codeghin...Verdura cota e salse?... fa capelo! ...

Posso servirghe po’ del bon brasatocon contorno de fonghi e patatine,piato squisito e tanto delicato ... o se i vol del rosto e salatine! ...

Magnare male no fa un’economia!El bon magnar mantiene el corpo in forza

e, in corpo san - ...xè viva l’alegria che - in longo fa durar la nostra scorza!

Come vini - par infiorare el pranzo? - Drio el pese ghe darò del Bianco seco,

- e ghe lo digo subito.. d’avanzo:- ghe porto un bicier vecio de... Proseco!

Par el piato de carne... : piato forte,Go del vecio Cazzano de Tramigna...o un tipo so vissin... de Monteforte...!... Ma xè Cazzan el sito de la vigna!

Darcy Loss LuzzattoGNÉCHE ROMAGNA

E LE LIME DELE SÓRE GHEN’AVEMO FATO ARQUANTE DC

LUZZATTO EDITORES LTDA.PORTO ALEGRE RS BRASIL 1ª ED. 1985

L’àlbero cargo de lime maùre, zalde come ‘l sol,

‘l zera tacà al muro e rivarghe, de di, no se pol.

I fruti se i vedéa tuti i dìco se ndéa a scola.

De magnarli ghéino góla,ma tochéa assarli li.

Col ciaro no se pol rivarghe-spetémo ‘na nòte scura!

Che altra cosa pensar se de dì se gavea paùra?

Sàbo de sera, piovenea,Pino, Gigio, Gnèche, Ary

e altri, ancora, e insiéme anca mi Tuti sìti

caminando pianpianéto al àlbero, driti,

sbassadi, a cucéto

Chi va sù? - Gìgio? Nò, le massa picenin!

- Ary ?Mi nò, gò paùra dei spin!

Lora và sù Gnèche,gà dito qualchedum.

E Gnèche le ndàt sù.

Lù sóra, ‘l butéa zó lime

nantri soto a torle sù.

Scarsèle piene camise piene.

Nantri, svèlti fora,

Gnèche la sù ‘ncora.

Sol par dispèto Ary ‘l gà grità:

- Móneghe, i ve ròba le lime!Co’I muro gavéino ormai saltà.

Gnèche, poro can, spaurì,

salta zó tut spinà,come un màt,

mezo inseminì.

Le sòre le gavéacambià de posto la latrina.

La merda dentro ‘l buzo vèrtola zera ancora molesìna.

Gnèche, com quela da vegnar fora svèltee col scuro che féa,

‘l sà desmentegà dal buzo,robe che ‘l se neghéa.

- Aiùto, Aiùto! ‘l ciaméa.- Déme ‘na man,

- no son bon de vegnar fóra!Lon tirà sù co’na rama,

parché l spusséa.E dòpo ‘l se lamentéa:

- Gò perso le sinèle de la mama!

Berto BarbaraniI VA IN MERICA

Fulminadi da un fraco de tempesta,l’erba dei prè par ‘na metà passìa,

brusà le vigne da la malatiache no lassa i vilani mai de pèsta;

ipotecado tuto quel che resta,col formento che val ‘na carestia,

ogni paese el g’à la so agoniae le fameie un pelagroso a testa!

Crepà la vaca che dasea el formaio,morta la dona a partorir ‘na fiola,protestà le cambiale dal notaio,

una festa, seradi a l’ostaria,co un gran pugno batù sora la tola:

«Porca Italia » i bastiema: «andemo via!»

E i se conta in fra tuti - In quanti sio?Apena diese, che pol far strapasso;el resto done co i putini in brasso,

el resto, veci e puteleti a drio.

Ma a restarquà, no se magna no, par dio,bisognarà pur farlo sto gran passo,se l’inverno el ne capita col giasso,pori nualtri, el ghe ne fa un desìo!

Drento l’Otobre, carghi de fagoti,dopo aver dito mal de tuti i siori,dopo aver fusilà tri quatro goti;

co la testa sbarlota, imbriagada,i se dà du struconi in tra de lori,e tontonando i ciapa su la strada!

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Arrigo Boito ELOGIO DELLA POLENTA

“ La spatola, ossia, l’arte de menarbene la polenta e de mettarghe el tocio.Alegoria de Arlechin Batocio, moretobergamasco e mezo mato. El qual laofre, dedica e presenta, ai omeni politizide Stato”

‘Ghe xè na caldiera, tacada su un fogo,Che par una bampa, de inçendio e de rogoDe là gh’è una polvare, che par d’oro finE quà gh’è la spatola, del gran TrufaldinScominsia el miracolo, se vede de dentro

Levarse ‘na brombola, d’arzento, d’arzento;Po’ subito un’altra, la vien a trovar

E l’acqua nel fondo, scomininsia a cantar.La canta, la ronfa, la subia, la fuma

De quà la se sgionfa, de là se ingruma,El fogo consuma, col vivo calor

Le brombole in sciuma, la sciuma in vapor.La bogie, de boto: atenti ghe semo

Più fiama, de soto; supiemo, supiemoChe gusto, che roje; la bogie, la bogie.

La va, la galopa, la zira, la sciopaLa fa la manfrina, farina, farina

La salta per sora, la sbrodola foraPortème in cusina farina, farina...

Ocio, ocio, ohè, Batocio, ciapa in man teciae caena

Missia, volta, zira , mena. Deme el tocio,ocio, ocio

Mola, tira, mola e destira e stinca e fola