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Dal sole all'energia fossile e ritorno
Rainhill Trials, 1829
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<<Il lavoro animato e l'energia cinetica dell'acqua e del vento furono gli unici motori primi utilizzati prima della diffusione della civiltà industriale alimentata dal carbone, mentre i combustibili organici (legno, carbone di legna, residui e scarti delle coltivazioni, letame) fornivano tutto il calore necessario per la vita domestica e le attività produttive. In gran parte dell'Occidente, il predominio dei muscoli, acqua, vento e legno si esaurì solo verso la fine del XIX secolo... >>Vaclav Smil, Storia dell'energia, 2000
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Argano da miniera azionato da cavalli, De re metallica (Basilea 1556) di Georg Agricola
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Diderot e D'Alembert, L'encyclopédie o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri, Parigi 1751-1780
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<<Il primo paese a passare dal combustibile organico al carbone fu, tra il XVI e il XVII secolo, l'Inghilterra, dopo che pesanti carenze di legna avevano portato a un serio incremento dei costi del legname da ardere.. La soluzione più semplice ed ovvia era l'estrazione del carbone e così, tra il 1540 e il 1640, vennero aperte quasi tutte le miniere del paese... una volta esauriti i giacimenti superficiali, bisognò cominciare a scavare in profondità. Anche se ancora alla fine del Seicento le miniere raramente superavano i 50 metri di profondità, i pozzi più profondi scesero a 100 metri subito dopo il 1700, a 220 metri dopo il 1765, a 300 metri dopo il 1830. >>
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Una macchina a vapore converte l’energia termica del vapore in lavoro meccanico. Lo schema di base è sempre lo stesso: una sorgente di calore porta all’ebollizione una certa quantità di acqua producendo vapore che, espandendosi, preme sulle pareti del contenitore mettendo in movimento un pistone o una turbina. Usata per almeno due secoli come base per la costruzione di macchine industriali, per far viaggiare locomotive, navi e anche automobili e autocarri, la macchina a vapore, nella versione a turbina, trova ancora un uso importante nella produzione di energia nelle centrali nucleari o nelle grandi navi militari.
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Macchina a vapore di Boulton e Watt, 1784
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<<Anche l'ingegnere svedese-americano John Ericsson - il quale probabilmente più di chiunque altro contribuì al mondo all'ascesa dell'energia a vapore - … finì per angosciarsi a causa della smisurata fame di carbone del motore a vapore. Temeva che sarebbe venuto “il tempo in cui l'Europa dovrà chiudere le fabbriche per mancanza di carbone”. (…) L'inventore sentì un bisogno così impellente di sviluppare motori solari che dedicò gli ultimi anni della sua vita a questa ricerca.>>John Perlin, Dal Sole. L'energia solare dalle ricerca spaziale agli usi sulla terra, 2000
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<<Nel suo libro The Wonderful Century, Alfred Russel Wallace descrisse gli importanti sviluppi tecnologici che erano stati realizzati nell'arco della sua vita, che copriva quasi tutto l'Ottocento... Per esempio, dagli albori della storia fino alla metà del XIX secolo, il trasporto di cose e persone via terra non era mai cambiato: o si andava a piedi o ci si affidava agli animali... la velocità sulle lunghe distanze non superava di molto le 10 o 12 miglia (15 km) all'ora... Che si trattasse degli antichi Greci... o di inglesi del primo Ottocento, tutti viaggiavano “alla medesima velocità e al medesimo livello di comodità... Le ferrovie aumentarono le velocità dei trasporti alle 50 o 60 (89-95 km) all'ora, rivoluzionando il modo di viaggiare e il trasporto delle merci.>> John Perlin
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<<La nostra civiltà è solo una fase di passaggio: diversamente da quelle da cui è stata preceduta, essendo interamente basata sullo sfruttamento di combustibili fossili, non potrà infatti protrarsi per migliaia di anni, poiché le scorte di energia fossile sono limitate e, anche se usate nel modo più efficiente, comunque destinate a esaurirsi tra mezzo millennio o poco più. In realtà la fine della nostra civiltà potrebbe verificarsi ben prima dell'esaurimento fisico delle scorte di carbone e di idrocarburi: il costo crescente, i crescenti rischi ambientali legati all'uso dei combustibili fossili obbligherà i nostri discendenti a ritornare a sfruttare l'energia solare o a sviluppare nuove fonti di energia.>>Vaclav Smil, Storia dell'energia, 2000
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- 1839 Si scopre l’effetto fotovoltaico, il 19enne fisico francese Alexandre Edmond Becquerel, compiendo esperimenti sull’elettrolisi con due elettrodi metallici, si accorge di un lieve flusso di corrente elettrica di alcuni materiali se esposti alla luce.- 1876 Gli europei e gli americani sono indaffarati nelle ricerche sulla trasmissione via telegrafo. Si stendono i primi cavi da un continente all’altro, e si testano diversi metalli. Tra cui il selenio. Che è un ottimo materiale quando è al coperto; ma quando la luce del sole lo raggiunge, la sua conduttività cambia completamente. I britannici William G. Adams e Richard Evans descrivono l’effetto con precisione: illuminando il selenio, si genera una lieve corrente elettrica. Ecco l’effetto fotovoltaico.
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- 1879 Negli Stati Uniti, Charles Fritts si spinge oltre. Stende un sottile strato di selenio e lo copre con una sottile pellicola semitrasparente d’oro. Nasce il primo pannello al mondo che secondo Werner von Siemens rappresenta per la prima volta “la conversione diretta dell’energia luminosa in energia elettrica”.- 1955 Gli scienziati dei Bell Laboratories Gerald Pearson, Daryl Chapin e Calvin Fuller sviluppano la prima cella solare al silicio capace di generare una corrente elettrica misurabile. Il “New York Times” lancia quest’invenzione come “l’inizio di una nuova era, che condurrà finalmente allo sfruttamento dell’illimitata energia del sole a beneficio di tutti gli usi della civiltà”.
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- 1958 Prima grande applicazione delle celle fotovoltaiche. Il satellite Vanguard I viene lanciato nello spazio. È il primo veicolo orbitante ad essere alimentato dall’energia solare. Le celle al silicio gli forniscono energia fino al 1964, quando il satellite viene disattivato. Un successo tale che le celle fotovoltaiche diventano da allora parte integrante di ogni progetto spaziale.
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La tecnologia
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I pannelli fotovoltaici trasformano l'energia solare in corrente elettrica continua che, per poter essere fruibile da tutte le apparecchiature e immessa nella rete viene convertita in alternata dall'inverter, un congegno elettronico deputato a questo compito specifico. Gli impianti fotovoltaici possono essere suddivisi in due categorie: quelli connessi alla rete elettrica (grid-connected) e quelli isolati (stand-alone). Gli impianti isolati sono in genere dotati di accumulo e possono essere senza o con inverter. Il sistema di immagazzinamento è necessario per garantire la continuità dell’erogazione anche nei momenti in cui non viene prodotta. Questo avviene mediante accumulatori elettrochimici (batterie).
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La CELLA FOTOVOLTAICA è un diodo (componente elettronico che consente il passaggio della corrente in una direzione e ne impedisce il passaggio in quella opposta) di grande superficie che, esposto ai raggi del sole, converte la Radiazione Solare in elettricità. Le celle sono generalmente di colore blu scuro a causa dell’ossido di titanio presente nel rivestimento antiriflettente, fondamentale per massimizzare la captazione dell’irraggiamento solare. La loro forma è quasi sempre quadrata o circolare e le misure variano dai 10cm x 10cm ai 15cm x 15cm.
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Sono costituite principalmente da silicio, arsenuro di gallio e telloluro di cadmio, tutti semimetalli. Il flusso di elettroni è orientato, ossia fluisce in una determinata direzione, all’interno della cella; su questa sono sovrapposti altri due strati di silicio (tipo n e tipo p), trattati ognuno con un particolare elemento chimico (operazione detta didrogaggio), fosforo e boro. Di tutta l’energia che investe la cella solare sotto forma di radiazione luminosa, solo una parte viene convertita in energia elettrica. L’efficienza di conversione delle celle commerciali al silicio è compresa tra il 10% e il 20%.
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I moduli i più comuni sono costituiti da 36 o 72 celle. Queste sono assemblate fra uno strato superiore di vetro e uno strato inferiore di materiale plastico (il tedlar) e racchiuse da una cornice di alluminio. Nella parte posteriore del modulo è collocata una scatola di giunzione in cui vengono alloggiati i diodi e i contatti elettrici. Il modulo fotovoltaico ha una dimensione di circa mezzo metro quadro e le taglie normalmente in commercio vanno da 100 a 300 Watt di potenza.
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Le celle in silicio monocristallino (c-Si) sono ricavate da un unico grande cristallo (lingotto) di silicio ad elevato grado di purezza. Questa caratteristica dà al materiale maggiore conducibilità cui corrisponde una elevata efficienza di conversione: tra il 15 al 20%. Per produrre una potenza di 1 Kw “di picco” c'è bisogno di circa 6 m2 di pannelli. Il modulo dura mediamente 25 anni con perdite di rendimento di meno dell’1% l’anno. Questi tipi di pannelli sono abbastanza sensibili agli ombreggiamenti ma lavorano molto bene se i raggi del sole cadono in maniera perfettamente perpendicolare alla loro superficie. Per quanto riguarda il cosiddetto “bilancio energetico”, ovvero il tempo necessario al pannello per produrre il quantitativo di energia pari a quello utilizzato per fabbricarlo, il modulo monocristallino ha bisogno da tre a sei anni di funzionamento. Come tipo di soluzione risulta decisamente quella più costosa, tra quelle tradizionali, e viene impiegata quando ci sono condizioni ottimali di irraggiamento e si vuole sfruttare al massimo la superficie disponibile, per via della sua maggiore efficienza in relazione allo spazio occupato.
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Il modulo policristallino (poly-c-Si) è realizzato partendo da lingotti di minor purezza (provenienti di solito dal riciclaggio degli scarti dell'industria elettronica) ha efficienze leggermente minori, circa il 13%, ed ha bisogno di una superficie maggiore, rispetto ai precedenti, per produrre 1 Kwp di potenza: sono necessari circa 8 m2. Questi pannelli fotovoltaici sono anch’essi tra i più diffusi e “tradizionali”, perché hanno caratteristiche del tutto assimilabili ai precedenti, tranne l’efficienza leggermente minore. Il modulo policristallino rappresenta infatti un buon compromesso tra: costi, superficie occupata, rendimento produttivo ed efficienza. Un buon compromesso tra moduli monocristallini, da un lato, e pannelli a ‘film sottile’, dall’altro.Anche questo tipo di pannello, come il monocristallino, produce per almeno 25 anni con perdite fisiologiche di rendimento di circa l’1% l’anno. Anche questo tipo di pannello, come il precedente, è particolarmente sensibile agli ombreggiamenti, anche parziali, che possono causare improvvisi o temporanei cali di rendimento sull’intero impianto.
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Il modulo a film sottile in silicio amorfo (a-Si) o in composti di cadmio, tellurio o rame, è quello con la minore efficienza produttiva: tra il 5% e l'8%. Questa tipologia ha bisogno di superfici decisamente maggiori per produrre 1 Kwp di potenza fotovoltaica: fino a circa 20 m2. Nonostante la minore efficienza questo tipo di pannello sta avendo una elevata diffusione sul mercato perché ha il duplice vantaggio di una maggiore economicità, costa meno produrlo, e di una maggiore versatilità di utilizzo. Il pannello a film sottile è di fatto una lastra di pochi millimetri di spessore, flessibile, in grado di ricoprire ed adattarsi perfettamente ad una moltitudine differenti strutture architettoniche: da rivestimenti di facciate a vetrate ad altri elementi architettonici irregolari o non ben esposti ai raggi del sole. I pannelli a film sottile possono costituire una pellicola flessibile di rivestimento, il requisito ottimale per favorire un’ampia possibilità di applicazione in edilizia. Tra i vantaggi del film sottile vi è quello di lavorare bene con luce diffusa o con alte temperature. Può essere installato in posizione orizzontale o verticale senza risentire sensibilmente sul rendimento.
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Da centrale a centrale: i grandi impianti
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Nel 1984, il Distretto Municipale di Sacramento in California, grazie a sovvenzioni federali, realizza vicino alla centrale nucleare di Rancho Seco (che chiuderà poco dopo a causa di un incidente) la prima centrale fotovoltaica da 1.0 MW
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Edifici e paesaggi produttivi
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Campo fotovoltaico in una coltivazione di canna da zucchero
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Lapeña-Torres, Pensilina fotovoltaica, Barcelona, Spagna, 2004
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Walter Hood, Solar Strand, Università Buffalo, New York, 2013
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Città del Vaticano, aula Paolo VI, Livio De Santoli, 2008
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Thomas Spiegelhalter
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Thomas Spiegelhalter, case a schiera con impianti solari e sistema ombreggiante con rampicanti, Friburgo, 1997
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Greetings to the Sun, installazione interattiva, Nicolas Basic, Croazia 2008
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Piccoli Impianti e generatori portatili
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CAPA; progettazione Cannatà e Fernandes (2003)
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DST; progettazione Cannatà e Fernandes (2003)
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