edizioni cofine in inglesee neodialettali annalisa...
TRANSCRIPT
IND
ICE
DE
LL
EPA
GIN
EO
N-LIN
E
PR
EFA
ZION
E3
INT
RO
DU
ZIO
NE
4
CA
PITO
LO
IT
raduzione inglese di poesie in dialetto1. L’antologia di H
. W.H
aller e l’inadeguatezza della lessicografia dialettale
62. L’antologia di L
. Bonaffini
73. L
a poesia Marzo
in due diverse traduzioni8
4. Traduzioni di ’A
mugliera ’e M
asaniellodi Ferdinando R
usso9
CA
PITO
LO
IIP
rospettive teoriche nella traduzione dal dialetto1. L
a “densità semantica” delle espressioni dialettali
102. L’interpretazione del dialetto e la traduzione
113. L
o “stile” del dialetto12
4. Analisi stilistica del dialetto
135. L
o stile del dialetto e la traduzione16
6. Differenze tra le accezioni italiana e inglese del term
ine “dialetto”17
CA
PITO
LO
IIIA
chille Serrao e la traduzione della poesia neodialettale1. L
a poetica della parola interiore: ’Acanniatura
182. Il fonosim
bolismo nella poesia di A
chille Serrao20
3. I suoni caratterizzanti di una lingua e la traduzione 21
4. I neodialettali e le traduzioni di sé stessi 21
5. Cantalesia, la scrittura nell’oralità
226. Viam
erica: The Eyes
26
APPE
ND
ICE.
Intervista ad Achille Serrao
27
NO
TE
29
BIB
LIO
GR
AFIA
32
DIALETTALIE NEODIALETTALI
IN INGLESEPrefazione di Cosma Siani
AN
NA
LISA
BU
ON
OC
OR
E
ED
IZIO
NI C
OF
INE
Ai m
iei nonni Anna e G
iovanni32
Fin
ito di sta
mpare
aprile 2
003
presso
tipogra
fiaN
uova
Eu
rografica
via R
osasp
ina 5
0 - R
oma
Gra
ficaR
osa V
alle
Ed
itore:C
ofine srl, via
Vicen
za 3
2 - 0
0185 R
oma
tel-fax 0
6.2
286204 - e-m
ail
poeti@
poetid
elparco.it
ww
w.p
oetidelp
arco.it/
ED
ITO
RIA
.htm
Il Cen
tro di d
ocum
enta
zione d
ella P
oesia d
ialetta
le“V
incen
zo Sca
rpellin
o”diretto d
a A
chille S
errao e V
incen
zo Lu
cian
ih
a sed
e presso la
Bib
lioteca C
omu
nale G
.R
odari
via O
lcese 28 - 0
0185 R
oma
ww
w.p
oetidelp
arco.it/
centro-d
ialetta
le/cen
tro.htm
QU
AD
ER
NI d
el Cen
tro di d
ocum
enta
zione
della
Poesia
dia
lettale “V
incen
zo Sca
rpellin
o”
2
Patrocin
ioA
IC (A
ssociazion
e Italia
na C
asa
) - Rom
a
PR
EFA
ZION
E
In questo
volume,
rielaborazione della
sua tesi
di laurea
pressol’U
niversità Federico II di N
apoli nel 2001, Annalisa B
uonocore esploraun filone di studi italiani negli Stati U
niti che fa capo all’area di New
Yorke a studiosi ben riconoscibili.
Del prim
o di essi, Herm
ann W. H
aller, Professor of Italian e direttore di
Dipartim
ento al Queens C
ollege della City U
niversity of New
York, biso-gna ricordare fin da questa prefazione (e poi lo fa in dettaglio l’A
utrice nelcapitolo iniziale) l’antologia
The H
idden Italy. AB
ilingual Edition of
Italian Dialect Poetry (1986), che cadeva all’unisono con il rinvigorirsi
degli studi dialettali dopo Pasolini; e anche il recente
The O
ther Italy. The
Literary C
anon in Dialect (1999), un repertorio saggistico e bibliografico,
in cui, sulla scorta dell’evolversi della ricerca in Italia, Haller offre pano-
ramiche generali e regionali di poesia, prosa e teatro dialettali, risalendo
oltre il limite cronologico dell’antologia, che era il Settecento.
Se Haller può esser visto com
e l’antesignano degli studi dialettali negliU
SA, Luigi B
onaffini, Professor of Italian al B
rooklyn College, anch’esso
della City U
niversity of New
York, ne è un punto fermo per alm
eno treragioni: in prim
o luogo per le sue traduzioni dialettali in inglese, cheincludono volum
i su Rim
anelli, Jovine, Serrao, Cirese, P
ierro. In secondoluogo, per essere stato prom
otore di due grosse antologie di poesia dialet-tale,D
ialect Poetry of Southern Italy (1997), eD
ialect Poetry of Northern
& C
entral Italy (2001), che aggregano l’opera d’un gran numero di stu-
diosi e traduttori, con saggi critici generali, panoramiche regionali, sele-
zioni dialettali in versione italiana e inglese. Infine, si deve a Bonaffini la
creazione e la cura della pagina web Italian D
ialect Poetry, nel sitohttp://userhom
e.brooklyn.cuny.edu/bonaffini/DP
/index.html, che è fra i più
articolati e vasti che si possano trovare (chi è scettico, visiti e poi giudi-chi).
La seconda delle antologie appena citate vede Bonaffini affiancato nella
curatela da Achille Serrao. E
d è la terza figura sulla cui opera si incentraquesto studio di A
nnalisa Buonocore. Serrao non è solo poeta dialettale
affermato nel panoram
a italiano, ma anche appassionato cultore di poe-
sia in dialetto. Stanno a dimostrarlo alm
eno due suoi volumi:
Via terra.
45
3
Antologia di poesia neodialettale (1992), e l’inchiesta
Presunto inverno.Poesia dialettale (e dintorni) negli anni N
ovanta (1999), in cui quasi tren-ta fra poeti e studiosi sono chiam
ati a rispondere a quesiti sullo stato dellarinascenza dialettale.
Com
e si vedrà dallo studio dell’Autrice e dai rim
andi bibliografici,Serrao è da anni contatto italiano privilegiato per il filone di studi dialet-tali oltreatlantico. N
on solo; è anche giusto non dimenticare il contributo
notevole che ha dato all’antologia mondadoriana di F
ranco Brevini
La
poesia in dialetto. Storia e testi dalle origini al Novecento,
1999. Il suocoinvolgim
ento tanto nella scena italiana quanto in quella d’oltreoceanospiega perché, im
battendosi in Serrao nel proprio percorso americano,
Annalisa B
uonocore abbia poi ritenuto di dedicargli un intero capitolo.C
osì facendo, l’Autrice può entrare nel m
erito della poesia dialettale in sée dei problem
i di traduzione inglese che essa pone.Il taglio privilegiato è appunto quest’ultim
o, riguardante la traduzione.Q
uanto sia interessante giudicheranno da sé il lettore genericamente
informato che voglia addentrarsi nella questione, com
e pure i lettori avve-duti in letteratura, m
a non in modo speciale di quell’aspetto d’essa che
sono gli studi italiani oltreoceano. Chi poi dovesse avere pregiudizi verso
tesi di laurea e neolaureati, consideri onestamente il paragrafo in cui
l’Autrice elenca le peculiarità dei vernacoli, per rendersi conto della m
eti-colosità e dell’acum
e con cui l’allora laureanda (ora specializzanda inF
rancia per un Master in linguistica) sia andata vagliando un’am
piagam
ma di testi poetici alla ricerca di esem
pi pertinenti.N
on tutto il filone degli studi d’italianistica in USA
si esaurisce nellearee, nelle opere e negli autori visitati in questo volum
e. Troviamo, volen-
do citare a caso, la rivistaA
rba sicula (Alba siciliana), totalm
ente bilingueitalo-siciliana, anim
ata da Gaetano C
ipolla. Questi è anche
manager delle
edizioni Legas, che pubblica molti dei volum
i nell’ambito qui studiato, ed
è egli stesso traduttore inglese del siciliano Meli. E
abbiamo l’autore tri-
lingue italiano-inglese-molisano G
iose Rim
anelli; e il poeta quadrilingueitaliano-inglese-latino-garganico Joseph Tusiani – ferm
andoci a casi lam-
panti odierni. Annalisa B
uonocore è al corrente di questa produzione; lacita nei rim
andi bibliografici. Ci aspetterem
mo perciò che voglia ulterior-
mente esplorare per noi questo settore di studi incrociati e com
parativi fraItalia e Stati U
niti.C
osma Siani
INT
RO
DU
ZIO
NE
La produzione poetica dialettale in Italia sta conoscendo un periodo di
forte sviluppo e coinvolge non pochi poeti significativi. Molto num
erosi edi notevole interesse sono anche gli studi critici che di riflesso vengonopubblicati sull’argom
ento. Questa considerevole produzione poetica e cri-
tica ha prodotto interessanti studi anche in Am
erica. Indizi recenti di taleattenzione si colgono nell’am
pia antologia The Hidden Italy
di H. W
.H
aller, pubblicata dalla Wayne State U
niversity Press di Detroit nel 1986,
e nella rivista bilingue anglo-siciliana Arba sicula
diretta da Gaetano
Cipolla. L
e due iniziative hanno il merito di aver fatto conoscere per prim
ead un più am
pio pubblico internazionale l’entità ed il valore della poesiadialettale.
Un altro m
omento significativo di tale interesse critico è rappresentato
dall’opera di Luigi B
onaffini Dialect P
oetry of Southern Italy, un’antolo-gia trilingue (dialetto-italiano-inglese) pubblicata a N
ew Y
ork dalla Legas
nel 1992, che raccoglie poesie, in gran parte novecentesche, nei dialettidell’Italia m
eridionale, ed è stata completata recentem
ente da un ulteriorevolum
e per l’Italia settentrionale. Num
erose sono state finora anche lepubblicazioni in edizione trilingue di raccolte poetiche di singoli autoridialettali e m
olte altre sono in corso di stampa. 1
Per quel che concerne l’attività poetica, in Am
erica si distinguono “unapoesia popolare italo-am
ericana” direttamente legata al tem
a dell’emigra-
zione, del ritorno al paese natale e delle difficoltà di integrazione dell’e-m
igrante nel nuovo paese, e qualche esperienza poetica che può rientraresotto l’etichetta di poesia neodialettale. N
el primo caso spesso, al centro
delle opere, vi è l’impatto con una lingua sconosciuta, che naturalm
enterappresenta il m
aggiore ostacolo all’integrazione dell’emigrante. In queste
opere compaiono, m
essi direttamente a confronto, il dialetto e l’inglese.
L’italiano è completam
ente estraneo a queste poesie. Il più delle volte itesti ritraggono quadretti del paese natale degli autori e contengono espres-sioni italo-am
ericane. Atale filone appartengono le poesie del calabro
Michele Pane. 2
Em
igrato in Am
erica, il poeta ricorda nostalgicamente la
sua patria e racconta la vita dell’emigrante:
Tata mio biellu, ccà ’a fatiga ténedi
’nu bruttu nume, chi ’m
pagùra: l’uorcu, 3
67
4
…ppe’dire ad unu: tu cchid’hai? Se dìcediccussìdi: G
uazza-marra-vajù?
4
Papà mio bello, qui il lavoro ha
un brutto nome, che im
paurisce: l’orco,…per dire a uno: tu cos’hai? Si dice
proprio così: guazza-marra-vajù?
Esponenti attuali della poesia dialettale di em
igrati sono i sicilianiV
incenzo Ancona (M
alidittu la lingua/ Dam
ned language, New
York,
Legas, 1990) e N
ino Provenzano (Vinissi / I’d love to come, N
ew Y
ork,L
egas, 1994). Dai loro com
ponimenti em
erge un continuo confronto tra lediverse culture del paese d’origine e del paese in cui essi attualm
ente vivo-no. M
olto diverse sono le esperienze poetiche di chi compone poesia neo-
dialettale, il cui statuto è quello di una poesia scritta in dialetto ma sgan-
ciata dall’orizzonte culturale circoscritto della poesia tipicamente vernaco-
lare. Il codice di questi testi poetici è il dialetto, ma il “registro del discor-
so”5è alto, frutto di una cultura cosm
opolita. Bonaffini nota com
e a carat-terizzare la poesia del neodialettale sia proprio “la tensione che si crea tral’am
piezza delle esperienze culturali e il mezzo linguistico periferico e
locale”. 6Il poeta neodialettale si rivolge al dialetto, spesso dopo esperien-ze poetiche o letterarie in lingua, per il bisogno di recuperare le proprieradici culturali, alla ricerca di una identità certa, garantita da una realtàautentica e circoscritta, diversa dal luogo dello sradicam
ento, appartenen-te ad una realtà contem
poranea totalizzante e straniante. Il neodialettale,in Italia com
e in Am
erica, compone le sue poesie in condizioni di lonta-
nanza reale o mentale dal luogo e dalla cultura di origine e con esperien-
ze culturali di ambito internazionale.
Italoamericani dialettali o neodialettali sono i poeti Joseph T
usiani 7e
Giose R
imanelli, 8entram
bi docenti di letteratura italiana in università ame-
ricane. Tusiani usa il dialetto circoscritto della sua terra natale, San M
arcoin L
amis, con l’intento di richiam
are alla mem
oria la cultura originaria delsuo paese. Il poeta reagisce alla sensazione di estraniam
ento esistenzialecostruendo nelle sue poesie il m
ito di un’età svanita: il villaggio, la mon-
tagna, il convento, gli antichi mestieri.
L’attività poetica di Giose R
imanelli è un vero e proprio lavoro di scavo
filologico e culturale. Innestati sul tronco del dialetto, troviamo elem
enti dicodici appartenenti a culture diverse m
a viste come fonti pure e originarie,
ben lontane da quelle che esprimono la realtà contem
poranea. C
ome si vede da questi pur brevi cenni il panoram
a dialettale italo-ame-
ricano si presenta ricco di stimoli e di interesse. Q
uesto lavoro, nel dare ri-salto alla produzione poetica e critica d’oltreoceano e all’attività di colla-borazione tra studiosi e poeti operanti in Italia e in A
merica, si pone com
eem
blema del m
utamento avvenuto nella realtà linguistica degli ultim
item
pi. Se la scelta stilistica dei poeti in passato poteva vertere sulla varie-tà del contado, piuttosto che su quella urbana o sulla varietà del popolo,piuttosto che su quella della tradizione letteraria, oggi il confronto avvienetra le varietà locali e le lingue standard, italiano o inglese. In vista di unsem
pre maggiore depauperam
ento degli standard, vittime dell’om
ologa-zione, l’alternativa proposta sono i vernacoli. D
alla prospettiva neodialet-tale, speciale per l’epoca storica di appartenenza e per il particolare vissu-to sociale e linguistico di tali poeti, i vernacoli risultano essere codici ric-chi di autenticità e spessore. In una tale visione extralinguistica più chevarianti individuabili secondo m
eccanismi interni alla lingua stessa, i dia-
letti vengono percepiti sulla base del rapporto che essi hanno con la realtàda loro riflessa e in opposizione alla lingua standard e alla realtà che talelingua rappresenta.
Per i poeti e i traduttori neodialettali il vernacolo non è un insieme astrat-
to di segni convenzionali ma è sostanza. L
a dimensione vernacolare è il
veicolo e il luogo di approdo dell’operazione poetica dei neodialettali voltaalla ricerca e al recupero della propria identità. L
a scelta del dialetto è det-tata da m
oti interiori e coinvolge direttamente la sfera affettiva, sentim
en-tale. Spesso infatti la parola recuperata è quella di persone am
ate scom-
parse ed è quanto rimane di loro nella m
emoria.
I capitoli seguenti registrano le attività di studio e di riflessione di poetie critici per i quali i dialetti non sono pura astrazione bensì oggetto diriflessione in chiave pragm
atica. Ciò che risulta essere il principale punto
di riferimento di tali attività critiche e poetiche, infatti, è la coscienza che
un segno convenzionale ha la camaleontica capacità di assum
ere i conno-tati della realtà in cui è im
merso, essendo, la form
a di una lingua, sempre
condizionata dalle persone, dall’ambiente, dalla cultura, dal paesaggio in
cui la lingua stessa è impiegata.
89
5
CA
PITO
LO
I
Traduzione inglese di poesia in dialetto
1. L’antologia di H. W
. Haller
e l’inadeguatezza della lessicografia dialettale
The Hidden Italy
di Herm
ann W. H
aller è la prima raccolta di poesie dia-
lettali tradotte in lingua inglese ad essere pubblicata negli Stati Uniti.
L’anno della pubblicazione è il 1986. L’opera è suddivisa in dieci capito-li, ognuno dei quali corrisponde ad una regione, con ventiquattro autoriantologizzati. E
ssa contiene inoltre molte inform
azioni di carattere lingui-stico. L’am
pia introduzione è dedicata al rapporto tra letteratura e dialettinella storia e ad un’analisi diacronica e sincronica della realtà linguisticaitaliana: nascita e sviluppo dei dialetti e dell’italiano, situazione attualedella lingua standard, attuale distribuzione dei dialetti in Italia. I vari capi-toli contengono una descrizione delle principali caratteristiche dei dialettidelle varie regioni a cui essi sono dedicati e inform
azioni sui poeti antolo-gizzati e sulle loro pubblicazioni. L’antologia, di cui tutte le poesie sonotradotte da H
aller ad eccezione della poesia di Porta La nomina del
Cappellan, resa in inglese da T
usiani, è in edizione bilingue. Accanto ai
testi in dialetto è presente direttamente la traduzione in inglese.
Se le più recenti pubblicazioni in inglese sulla poesia dialettale riporta-no, naturalm
ente accanto ai testi originali e alla traduzione in inglese,anche una versione in italiano, l’assenza del testo in italiano nell’edizionecurata da H
aller potrebbe essere una scelta obbligata; considerato l’enor-m
e numero di brani antologizzati sarebbe stato difficile, se non im
possibi-le, reperire altrettante traduzioni in italiano. Infatti nella m
aggior parte deicasi le poesie dialettali sono state pubblicate in edizioni prive di traduzio-ne a fronte. In più, le raccolte antologiche curate da autori italiani fino al1986, anno della pubblicazione dell’antologia di H
aller, sono soltanto due:quella di Pasolini–D
ell’Arco e l’antologia di C
hiesa-Tesio, come lo stesso
autore ricorda nella prefazione, specificando che esse si limitano ad inclu-
dere poesie dialettali del novecento, e lamentando l’assenza di antologie
complete che includano una selezione di poesie dialettali com
prendenti
1011
6
tutti i secoli.L
o stesso Haller precisa nella prefazione che m
olti testi non sono statim
ai tradotti prima in nessuna lingua e invita tutti i parlanti nativi e quanti
sono esperti nei vari dialetti ad essere indulgenti di fronte a qualche suo“dilem
ma filologico”.
Un’analisi sulla traduzione di H
aller, limitata al capitolo sulla C
ampania,
conferma quanto detto finora. 1
Se gramm
atiche e vocabolari sono stati un utile supporto, permettendo
ad un anglofono di tradurre testi da una lingua estremam
ente circoscrittacom
e il napoletano, questi stessi supporti rivelano i loro limiti e le loro
carenze quando suscitano nel traduttore i “dilemm
i filologici” da lui stes-so dichiarati. Il traduttore è fuorviato dalla consultazione di questi voca-bolari che spesso non riportano le accezioni in cui i lessem
i vengonoim
piegati dai poeti. G
li stessi vocabolari sono inoltre molto carenti sul versante della cultura
napoletana e delle abitudini del popolo napoletano.Infatti l’im
mediatezza e la concretezza che caratterizzano le poesie in
dialetto sono dovute al fatto che la lingua in cui sono espresse ha sempre
come referenti oggetti e abitudini della realtà locale, una realtà in gran
parte sconosciuta a chi non è napoletano. Anche qui quello che determ
inale incertezze del traduttore è la difficoltà ad acquisire tutte le inform
azioninecessarie per poter interpretare alcuni passaggi delle poesie oscuri ad unanglofono, o m
eglio, ad una persona che vive lontano dalla realtà napole-tana.
2. L’antologia di L. B
onaffini
La raccolta antologica di H
aller ’86 è un’opera pionieristica anche rispet-to alle pubblicazioni italiane di questo genere. Il tipo di traduzione è lega-to allo scopo della pubblicazione, quello di rivelare l’esistenza di un’altraletteratura italiana, pressoché sconosciuta all’estero, m
a consistente e ori-ginale. Il traduttore non ha la pretesa di restituire in inglese la pienezza ela com
plessità dei singoli testi dialettali, ma vuole piuttosto divulgare la
poesia dialettale cercando di rendere conto dell’entità e del fascino di que-sto fenom
eno importante e a m
olti sconosciuto.D
’altronde la sua posizione per quanto riguarda il tipo di traduzione pro-
posto è esplicita: “Ho scelto una traduzione letterale prosastica, sacrifican-
do l’eleganza ritmica e stilistica delle poesie, conscio della difficoltà di tra-
durre ‘l’originale espressività’(the unique expressiveness) di ciascun dia-letto. L
e mie traduzioni vanno intese unicam
ente come aiuto al lettore a
familiarizzarsi con un dialetto non suo. C
osì esse seguono molto da vicino
il testo originale, ovunque possibile, riga per riga”. 2
Ben altre pretese ha la traduzione offerta dalla più recente antologia
Dialect P
oetry of Southern Italypubblicata da B
onaffini nel 1997, in cui ildiverso tipo di traduzione è dovuto alla differente im
postazione dell’ope-ra.Il ruolo di m
ediazione del traduttore diventa molto più im
portante e latraduzione stessa assum
e una posizione centrale, come si evince dalle note
al testo: “L’antologia si sforza di presentare la poesia dialettale in tradu-zioni che siano della qualità di quelle che accom
pagnano l’italiano stan-dard, com
e ulteriore riaffermazione del concetto fondam
entale che labuona poesia può essere scritta in ogni lingua e che la poesia dialettale puòe dovrebbe essere posta sullo stesso piano della controparte italiana”. 3
L’obiettivo non è più quello di semplice registrazione di una realtà. C
onla sua antologia B
onaffini vuole contribuire all’affermazione della poesia
dialettale e, in particolare, di quella neodialettale, che non viene affrontatada H
aller ’86. L’opera fornisce una panoramica della poesia dialettale del
novecento, in particolare di quella della seconda metà del secolo.
L’esigenza di rivalutare la poesia dialettale, di rendere conto dello straor-dinario fenom
eno della poesia neodialettale che assegna un ruolo priorita-rio al codice linguistico, fa sì che sulla traduzione si focalizzi lo scopo stes-so del lavoro di antologizzazione. L’antologia che si lim
ita a raccoglierepoesie dialettali dell’Italia m
eridionale soprattutto del novecento, è in edi-zione trilingue. E
ssa presenta accanto al testo originale una traduzione initaliano, di cui riporta il nom
e dei traduttori, e una traduzione in inglese,che, differentem
ente da quanto avviene in Haller ’86, è opera di ben dieci
traduttori.L’opera contiene due saggi introduttivi iniziali, uno di G
. Spagnoletti,l’altro di L
. Reina, che trattano del rapporto tra letteratura dialettale e let-
teratura in lingua nel corso dei secoli ed in particolare nel novecento, esaggi introduttivi ai singoli capitoli, ognuno dei quali dedicato ad unaregione.
Il saggio introduttivo al capitolo sulla Cam
pania è di Dante M
affia che
1213
7
presenta gli
autori antologizzati:
Salvatore D
i G
iacomo,
FerdinandoR
usso, Raffaele V
iviani, i neodialettali Achille Serrao, M
ichele Sovente eTom
maso Pignatelli. 4
3. La poesia M
arzoin due diverse traduzioni
La lirica M
arzodi Salvatore D
i Giacom
o è stata antologizzata in entram-
bi i volumi, e ci offre la possibilità di un confronto diretto tra le due diver-
se proposte di traduzione. Quella di H
. W. H
aller dichiara l’impossibilità
di rendere conto delle caratteristiche dei singoli dialetti ed opta per una tra-duzione interlineare e prosastica, m
entre la traduzione di M. Palm
a seguela direzione proposta dall’intera antologia di B
onaffini, cercando di resti-tuire quanto più possibile il testo originale nel codice di arrivo.
Palma cerca di riprodurre con esattezza lo schem
a metrico della lirica
(quattro quartine di settenari a rima alternata), restituendo in inglese la
rima alternata e il verso (quattro quartine di ottonari). E
gli inoltre rendem
olto bene la ripetizione di suoni e di parole della prima strofa dell’origi-
nale e la ripresa anaforica nei quattro versi della seconda strofa, riprodu-cendone così in parte il ritm
o.
Marzo
Marzo: nu poco chiove
e n’ato ppoco stracqua:torna a chiovere, schiove,ride ’o sole cu ll’acqua.
Mo nu cielo celeste,
mo n’aria cupa e nera:
mo d’’o vierno ’e tem
peste,m
o n’aria ’e primm
avera.
N’auciello freddigliuso
aspetta ch’esce ’o sole:ncopp’’o tturreno nfusosuspireno ’e vviole…
Catarì!…
Che buo’cchiù?
Ntiénnem
e, core mio!
Marzo, tu ’o ssaie, si’tu,
e st’auciello songo io.
Versione inglese di H
. W. H
aller:
March: it rains a little
and then stops raining for a while:
it starts raining again, stops raining,the sun laughs w
ith the water.
Now
a blue sky,now
gloomy and dark,
now the air of w
inter storms,
then again the air of spring.
Abird, sensitive to the cold,
waits for the sun to com
e out:over the soaked earth,the violets are sighing.
Catherine!…
What m
ore do you want?
Do you understand, m
y sweetheart!
March, you know
, is you,and the little bird is I.
Versione inglese di M
. Palma:
March: there’s a bit of rain,
just a bit later it stops:it starts, then it stops again,the sun laughs w
ith the drops.
Am
oment of clear azure
a mom
ent of clouds threateninga m
oment of w
inter’s fury,a m
oment of glorious spring.
Ashivering bird nearby
waits for the sun to return,
while all of the violets sigh
over the sodden terrain.
Caterina!…
Isn’t it clearfrom
what you ’ve already heard?
You know
, you are March, m
y dear,and I am
that little bird.
Per quanto riguarda la resa dei contenuti, un esito completam
ente diver-so tra le due traduzioni si realizza in particolare in alcuni punti di difficile
1415
8
interpretazione. U
na prima difficoltà è data dall’aggettivo freddegliuso. 5
Haller traduce
letteralmente sensitive to the cold
che equivale a freddoloso, esito propo-sto da Pasolini nella traduzione italiana, m
a che Palma non segue, tradu-
cendolo infatti shiveringcioè trem
ante, tremolante, esito più vicino a quel-
lo proposto da Achille Serrao nella sua traduzione alla lirica contenuta in
Brevini ’99: infreddolito. E
’importante notare che M
. Palma ha una buona
conoscenza diretta del dialetto napoletano e che la sua traduzione è piùvicina a quella di Serrao. E
ntrambi propongono un’interpretazione m
enoletterale di quella di H
aller e di Pasolini.U
n altro passaggio difficile è costituito dai versi 13-14. Palma, anche per
le necessità imposte dalla m
etrica, reinterpreta i versi in una traduzionetroppo libera, troppo distante dal suo significato originale:
Caterina!…
Isn’t it clearfrom
what you’ve already heard?
In questo caso è sicuramente più opportuna la traduzione di H
aller, benriuscita anche per l’utilizzo della form
a enfatica:
Catherine!…
What m
ore do you want?
Do you understand, m
y sweetheart!
6
4. Traduzioni di ’A
mugliera ’e M
asaniellodi F
erdinando Russo
Un’altra possibilità di confronto tra i due tipi di traduzione ci è data dalla
poesia ’Am
ugliera ’e Masaniello
di Ferdinando Russo, anch’essa antolo-
gizzata sia da L. B
onaffini che da H. H
aller.N
ella particolare costruzione del dialetto napoletano usata dal Russo
nella sua poesia, e lle diceno ’a parola, il generico sintagma
’a parola,im
piegato in funzione metonim
ica acquista un significato fortemente allu-
sivo, che va ben al di là di quello letterale. La traduzione di B
onaffini è: elle diceno ’a parola >
and they let a word go by. In H
aller il significato èm
olto più generico: e lle diceno ’a parola > tell her som
ething.
Alcune delle poesie antologizzate da H
aller richiedono per la loro com-
prensione la conoscenza di luoghi precisi della città di Napoli o di abitudi-
ni e tradizioni diffuse tra il popolo napoletano. Nella stessa poesia, al verso
1 della quinta strofa, compare il term
ine vascio(basso). N
el testo origina-le questo term
ine è utilizzato come sostantivo, m
a è interpretato da Haller
come sem
plice avverbio di luogo: Int’’o vascio d’
’a scasata > D
own
around the ruin. La traduzione di B
onaffini è: Dint’’o vascio d’’a scasa-
ta > In the slum
of the poor wom
an.
Bonaffini com
e Michael Palm
a cerca di restituire in traduzione oltre aicontenuti anche la form
a metrica. Il risultato è una poesia in inglese che ri-
produce molto bene il particolare ritm
o cantilenante dell’originale, dovutoalla rim
a alternata che è stata conservata nella versione inglese, così come
è stata ben riprodotta la ripresa anaforica alla strofa quattro (versi 5,6 e 7):
E lle danno ’a vuttatella
e lle diceno ’a parolae lle tirano ’a vunnella…
And they give her a light hit,
and they let a word go by,
and they pull her skirt a bit…
e anche la particolare struttura a chiasmo della strofa cinque (versi 1 e 2).
Del chiasm
o inoltre vengono riprese le ripetizioni di suoni: la nasale alveo-lare /n/ di pane niro
e la liquida alveolare /r/ di niro amaro
sono rese ininglese dalla occlusiva dentale /d/ di darkened bread
e dalla occlusiva den-tale /t/ di bitter tears:
Pane niro e chianto am
aro,chianto am
aro e pane niro
Darkened bread and bitter tears,
bitter tears and darkened bread.
All’ottim
a resa sonora della versione inglese dei due versi sopra riporta-ti non corrisponde una uguale resa sul piano del contenuto. Il sintagm
apane niro
in napoletano significa esattamente “pane integrale”. Il poeta
con questa espressione ha voluto in particolare evidenziare il ritorno allapovertà della protagonista della poesia, attraverso un alim
ento tipico dellem
ense dei poveri. L’aggettivo neroacquisisce anche una valenza m
etafo-rica e sta per “am
aro, triste, scuro”; quest’ultimo significato è l’unico che
viene veicolato nella traduzione inglese.
1617
9
CA
PITO
LO
II
Prospettive teoriche nella traduzione dal dialetto
1. La “densità sem
antica” delle espressioni dialettali
Un prim
o problema che si presenta a chi vuole tradurre dal dialetto è
legato alla sua diffusione limitata e al fatto che esso sia intim
amente lega-
to ad una realtà altrettanto circoscritta. È veram
ente difficile per chi non siaa stretto contatto con il m
ondo dialettale tradurre dal dialetto anche se sidispone di m
olti strumenti quali gram
matiche e dizionari. E
’anche vero
che per tradurre da una qualsiasi lingua il solo uso del dizionario si rivelainsufficiente. M
a nel caso specifico del dialetto napoletano il problema è
maggiorm
ente sentito dato che i dizionari dialettali sono carenti. Le m
ag-giori difficoltà si presentano nelle opere di autori appartenenti al filonerealistico com
e il Russo le cui poesie contengono espressioni tipiche del
dialetto parlato. Sono proprio queste espressioni: forme idiom
atiche, ellit-tiche, allusioni, m
etafore, a costituire la maggiore difficoltà per un tradut-
tore.Q
uest’ultimo punto è stato rilevato anche da B
onaffini nel suo studiosulla traduzione della poesia dialettale: 1
“La traducibilità del dialetto…
dipende precisamente dall’elim
inazione di elementi più strettam
ente ver-nacolari, delle punte idiom
atiche troppo pronunciate, così come nel caso di
Giotti, M
arin, Noventa e infine R
imanelli”.
Aconferm
a di ciò lo stesso Bonaffini porta ad esem
pio un’espressione didifficilissim
a resa, contenuta nella poesia “Nu tiem
po c’è stato”del neo-
dialettale Achille Serrao e da lui tradotta e raccolta nell’antologia D
ialectP
oetry of Southern Italy:2“L’intera poesia di Serrao, scritta nel dialetto di
Caivano, un dialetto di lim
itata estensione che non conosce tradizionescritta, presenta enorm
i difficoltà soprattutto laddove la lingua è impiega-
ta dal poeta nelle sue forme discorsive”.
L’espressione in questione è jacuvella; Achille Serrao ne spiega il parti-
colare significato nel glossario da lui aggiunto alla raccolta ’Acanniatura
/ The Crevice:
3“s.f.: intrigo, astuzia, vezzi, m
oine. Etim
.: dal franceseJacques
= Giacom
o, che ha il significato metaforico di ‘sciocco, sem
pli-
1819
10
cione’, almeno a datare dal secolo X
IV(nel 1358 infatti, i contadini in
rivolta furono detti spregiativamente Jacques B
onhomm
es; il nome perso-
nale ‘Giacom
o’, nella sua forma latina Jacobus
ha dato Jàcovoin nap.;…
”.D
i seguito è riportata la strofa dove è contenuta l’espressione e la relati-va traduzione di B
onaffini:
Nu tiem
po c’è stato ch’’e pparole nun cagnavano ll’aria, addu nujefrièvano cu’ll’uogliod’’a iacuvella aréto ’a vocca attenùtepe’ppaura, cum
meniènza che ssaccio
nu chiuovo stu silenzio…
There w
as a time w
hen words
didn’t change the air, around these partsthey fried in the oil of cunning, held in the m
outhby fear, expedience m
aybe,this silence is a curse…
Il traduttore non è soddisfatto dell’esito della sua traduzione: “Non
essendo possibile rendere nella traduzione nemm
eno parte della ricchezzaconnotativa della parola non ho avuto scelta e ho dovuto accontentarm
i delgenerico e insoddisfacente oil of cunning”.
Lo stesso autore nella traduzione italiana non opta per una soluzione
molto diversa da quella di B
onaffini: C’è stato un tem
po in cui le parole /non cam
biavano l’aria, dalle nostre parti / friggevano nell’olio / della fur-bizia trattenute dietro la bocca / per paura, convenienza, che so,/ un chio-do fisso questo silenzio…
Oil of cunning
(olio della furbizia) è dunque espressione generica e ina-datta a restituire la ricchezza sem
antica dell’espressione originale. Soltantonel caivanese, infatti, l’espressione è il risultato di un im
piego della linguain senso connotativo. A
tale impiego sono sem
pre legate situazioni con-crete, esperienze della quotidianità che hanno attribuito nel tem
po all’e-spressione tutta la sua ricchezza sem
antica.
2. L’interpretazione del dialetto e la traduzione
Nel suo studio, 4B
onaffini riporta le osservazioni del traduttore Michael
Palma, 5
il quale riconosce nel processo di traduzione due fondamentali
problemi. Il prim
o problema è quello che potrem
mo definire ciò che è a
monte del processo di traduzione, cioè l’interpretazione, l’esatta com
pren-sione, assim
ilazione del contesto di uso di una parola, di un’espressione.L’altro problem
a è quello che potremm
o definire ciò che è a valle del pro-cesso di traduzione, cioè le diversità che intercorrono tra la lingua di ori-gine e la lingua di arrivo, e naturalm
ente la difficile resa delle forme origi-
nali nella lingua di arrivo dovuta a tali diversità.M
olto utili a chiarire il primo problem
a sono le osservazioni di un altrotraduttore dell’antologia D
ialect Poetry of Southern Italy, 6A
ntony Molino,
riportate da Bonaffini: “H
o sempre creduto che una traduzione ha buon
esito nella misura in cui la cultura e la lingua che nutrono il testo sono
totalmente assunte, ovvero conosciute
dal traduttore. In ciò c’è qualcosacom
e una dimensione antropologica, qualcosa di sim
ile alle capacità del-l’etnografo di ‘vivere secondo le usanze locali’(going native)”.
L’espressione jacuvellanon può essere com
presa appieno se non si cono-scono non tanto l’etim
ologia della parola o i suoi sinonimi, m
a piuttosto“la dim
ensione antropologica” nella quale l’espressione viene impiegata.
Nella glossa il poeta oltre a riportare l’etim
ologia della parola, e vari sino-nim
i, spiega anche l’origine storica, l’impiego m
etaforico e il contesto nelquale la parola è stata calata, da cui nasce il suo particolare uso connotati-vo. Senza tale spiegazione sarebbe im
possibile assaporarne tutto il signifi-cato.
Ritornando all’espressione jacuvella, una volta afferratone il vero signi-
ficato, sorge il secondo problema: com
e rendere quest’espressione ininglese. In traduzione non è sem
pre possibile istituire un parallelismo fra
le due lingue ed operare “per contiguità”. Vi sono form
e della lingua, nelnostro caso l’espressione jacuvella, le quali rappresentano dei “nodi” checontribuiscono a caratterizzarla, ad accentuarne le peculiarità intrinsechem
a che la allontanano necessariamente da qualsiasi altra lingua. E
lementi
più strettamente vernacolari e punte idiom
atiche troppo pronunciate sonoquelli che determ
inano una maggiore perdita in traduzione; lo abbiam
oappena visto in B
onaffini con oil of cunning, elementi in cui c’è un uso
connotativo della lingua, che trascinano con sé pezzi di una realtà concre-ta e circoscritta qual è quella del m
ondo dialettale.
2021
11
3. Lo “stile” del dialetto
La principale m
otivazione che muove gli studi critici, l’attività di tradu-
zione e pubblicazione di poesie dialettali negli Stati Uniti, è legata alla
necessità di far conoscere a chi vive in una realtà linguistica completa-
mente diversa, la realtà linguistica italiana. I vari traduttori condividono la
stessa passione per i codici dialettali italiani, ben consci del fatto che granparte della bellezza delle poesie dialettali e neodialettali è dovuta allepeculiarità che i dialetti posseggono e che li differenziano dallo standard.V
i sono dei tratti che caratterizzano la categoria “dialetto”, ad esempio
quello di essere percepito come più im
mediato e più concreto, e che pos-
sono essere rintracciati in altre lingue o varianti di lingua. In altri casi l’u-nicità e l’originalità è conferita da caratteristiche che appartengono a cia-scun dialetto e che lo diversificano da tutte le altre lingue. E
sse, proprioperché diversificano una lingua da tutte le altre, non possono essere rese intraduzione. L
e traduzioni da un dialetto in un altro dialetto non dannoinfatti risultati m
igliori rispetto a quelle da un dialetto in uno standard.B
enedetto Croce ad esem
pio trova le versioni inglese e tedesca delP
entamerone
di Basile m
igliori di quella italiana o di quella bolognese. Sui tratti che caratterizzano i singoli dialetti si è sofferm
ato H. H
aller,che non a caso si pronuncia per la loro “intraducibilità”, dandoci un’effi-cace descrizione del valore fonosim
bolico di alcuni dei più noti dialettid’Italia: “…
il suono di ogni dialetto è differente, il fonosimbolism
o diognuno aggiunge uno speciale effetto m
usicale: il suono piuttosto cupo,m
elanconico del siciliano; l’allegra tonalità del napoletano che esprime
amore per la vita; il tim
bro cordiale del romanesco e la leggerezza del
veneziano; le potenti intonazioni galliche del milanese”. 7H
aller individuadelle peculiarità sul piano fonologico che contraddistinguono ciascun dia-letto differenziandolo da tutti gli altri, e che per tale m
otivo non possonoessere rese in traduzione.
Alcuni fenom
eni fonetici sono presenti in modo m
arcato in un dialetto enon negli altri, per tale m
otivo contribuiscono a caratterizzarlo, anche alivello fonosim
bolico. Infatti i parlanti finiscono per associare ai fenome-
ni fonetici caratteristici di una lingua la realtà specifica in cui la stessa lin-gua è im
mersa.
Nel suo lavoro di traduttore e di critico della poesia dialettale, L
uigiB
onaffini tende invece ad andare al di là delle peculiarità dei singoli dia-
letti per individuare le caratteristiche che li accomunano. E
gli punta ad undiscorso più generale che sia valido per il dialetto inteso com
e particolaretipo di codice linguistico in virtù della sua posizione di “diversità”, di ori-ginalità rispetto alla lingua nazionale e alla sua diversa storia, prem
inente-m
ente orale. 8Infatti, il dialetto è innanzitutto lingua fam
iliare, speech-oriented, cordiale, spontanea. Tali caratteristiche sono rintracciabili in ognivariante linguistica dialettale, nell’oralità com
e nella scrittura. Il ricambio
tra scrittura e oralità nel dialetto è avvenuto in maniera del tutto originale.
La scrittura dialettale, anche quella poetica, ha privilegiato le caratteristi-
che dell’oralità mantenendo una forte continuità con la letteratura dialetta-
le orale. L
a diversa storia del dialetto, il fatto che sia stato per secoli lingua dellacom
unicazione orale, quotidiana e letteraria, soprattutto in ambito fam
ilia-re e com
unque in ambiti socio-culturali, prevalentem
ente diversi dall’ita-liano, hanno determ
inato una sua diversa tradizione testuale rispetto allostandard: “Q
uando il parlante deve passare dal dialetto alla lingua o vice-versa trattando lo stesso argom
ento con lo stesso interlocutore e nella stes-sa situazione com
unicativa, non si limita a sostituire un codice linguistico
a un altro, ma rispetta anche le norm
e che condizionano la costruzione ditesti nei due casi”. 9
Più in particolare, il passaggio dal dialetto alla lingua comporta un acqui-
sto di esplicitezza e una perdita di espressività: “rispetto al dialetto la lin-gua richiede enunciati più im
personali e meno legati al contingente, con
meno sottintesi e un più m
arcato grado di astrazione”. 10
Le stesse caratteristiche del dialetto sono state rintracciate da G
iovanniM
eo Zilio analizzando la traduzione in italiano che Z
anzotto ha fatto dellasua storia in dialetto veneziano intitolata La storia del barba zhucon / Lastoria dello zio tonto. Z
ilio ha notato che, nonostante Zanzotto nel tradur-
re abbia adottato un criterio di rigorosa fedeltà, egli ha operato delle scel-te stilistiche (lessicali, sintattiche, m
elodiche, ecc.) che si allontanano daltesto originario. In particolare Z
ilio ha messo in evidenza nella versione in
italiano una presenza di parole o sintagmi m
eno familiari o m
eno plebei om
eno rurali di quelli del testo originale e una maggiore sobrietà (discre-
zione espressiva,
misura,
moderazione),
che include
semplificazione,
razionalizzazione, antiteatralità, rispetto al testo originario. 11
2223
12
4. Analisi stilistica del dialetto
Lo sviluppo dei dialetti su un piano prem
inentemente orale è uno dei fat-
tori che ha portato a differenziarli rispetto all’italiano. Sugli elementi che
diversificano i dialetti dalla lingua standard si è soffermato Franco B
revini,nell’introduzione alla sua antologia La poesia in dialetto: “L
a ricchezzalessicale dei dialetti per quanto concerne la civiltà m
ateriale o la sua effi-cacia interiettiva e, all’opposto, la specializzazione dell’italiano e la suaben nota ricchezza sinonim
ica nelle sfere dell’indagine psicologica e dellariflessione intellettuale, rappresentano le prove più esterne delle connota-zioni caratteristiche di ogni codice, del ‘genio’
proprio di ciascuna lin-gua”. 12
Atale proposito egli cita nel suo libro Le parole perdute
13l’interessantestudio di O
ttavio Lurati D
ialetto e italiano regionale nella Svizzera italia-na. 14In questo studio il linguista svizzero tenta una definizione stilistica delcodice dialetto basata su un’analisi linguistica puntuale di m
ateriale dialet-tale: “L’approccio sincronico dapprim
a con cui, su materiali ticinesi, si
tenta una seppur rapida tipologia dell’espressione dialettale in genere…”. 15
La principale caratteristica del dialetto è la sua concretezza, prem
essa fon-dam
entale per qualsiasi tipo di analisi stilistica: “Il significante di ogni ter-m
ine è ratificato non in astratto, ma in una successione di situazioni con-
crete”. 16
Un’analisi testuale di poesie in dialetto napoletano
17mostra com
e la pro-pensione alla concretezza insiem
e alle altre caratteristiche del dialetto evi-denziate da L
urati siano riscontrabili in tali opere. Se ne deduce che il prin-cipale punto di riferim
ento nella composizione poetica dialettale è la lin-
gua d’uso, dato che si trovano in esse molte form
e della lingua parlata.Partendo dalla peculiarità di fondo, la concretezza, una prim
a analisi è con-dotta da L
urati su differenti soluzioni tra dialetto e standard. Egli nota
come i term
ini astratti della lingua ufficiale tendano ad avere nella linguapopolare un diverso im
piego con significati più concreti. A
d esempio, il term
ine italiano “ánima”, “spirito”, diviene in ticinese
arma
“nocciolo di un frutto”, oppure, il termine italiano “continenza” con
il significato di “costumanza, m
origeratezza” diviene in ticinese contanen-za
e indica “Il velo bianco che le donne di Verzasca e d’O
rsenone usavanoin chiesa”. 18
Dalle poesie in dialetto napoletano si possono trarre i seguenti esem
pi: il
termine senso
include tutte le funzioni, dette organi di senso, che provve-dono alla raccolta e trasm
issione degli stimoli interni e esterni. In dialetto
sènzosostituisce
i term
ini che
indicano i
singoli organi
di senso. 19
Esem
pio: sènzo duciazzo(sapore dolciastro; così in T. Pignatelli, N
u pil’’epastiggio), ancora, ’o sènzo d’’o ccafè l’agguste
(il sapore del caffè; E. D
eFilippo, Jam
mo guaglione!) e in D
i Giacom
o Am
more abbasato: ’o sènzo
’e cierta carta staggiunata(qui senzo
sta per tatto). Del verbo garbare,
dialetto e italiano condividono la stessa origine latina ma cam
bia il gene-re: l’uso intransitivo è lo stesso in napoletano com
e in italiano ma l’unico
uso transitivo in lingua è esclusivamente tecnico: dare il garbo a una nave.
In dialetto il termine conosce anche un uso riflessivo: aggarbarsë (aggiu-
stare lo stomaco vuoto, adattarsi: 20na chiorm
a ’e muscille che s’aggarba
pezzulle ’e pane sereticcio,una m
armaglia di gatti che assapora pezzi di
pane muffo; da M
al’aria, A. Serrao). Il term
ine trascorsoim
piegato in ita-liano com
e sostantivo significa: errore, colpa, per lo più di lieve entità (es.:trascorso di gioventù, trascorsi insignificanti) > trascurzo
in napoletano, infunzione di sostantivo, im
piegato anche come sinonim
o di parlamiénto,
parlata, cioè chiacchierata: 21’Aggente nnante ’e vasce facevano ’o ppoco
’e trascurzo(da Serenata, G
. Capurro).
Il dialetto per esprimere i gradi di qualità e di intensità privilegia le paro-
le-contenuto. Si usano molto più frequentem
ente che in italiano imm
aginie paragoni (locuzioni) e la reduplicazione. A
nche per esprimere la quanti-
tà si sostituiscono spesso gli avverbi con termini che hanno com
e referen-ti realtà concrete: C
ate ’e veleno(letteralm
ente, secchiate di veleno; in S.D
i Giacom
o, ASan F
rancisco); na mano ’e càuce
(letteralmente, una
mano di calce; da A
. Serrao, ’Apèndem
a); sciampagna a m
muzzo
(cham-
pagne in gran quantità; in R. M
urolo, Napule ca se ne va!); nu sciurillo ’e
sole(letteralm
ente, un fiorellino di sole, cioè una fioritura di sole; in’M
àtula, T. Pignatelli); ’a scumm
a d’’e pezziente(letteralm
ente, la schiu-m
a dei pezzenti; da F. Russo, ‘N
Paraviso); nu m
uorzo ’e gallaria(lette-
ralmente, un m
orso di galleria, cioè un pezzetto di galleria; da F. Russo, ’N
Paraviso); ’e ddiece d’’e ssunate
(letteralmente, le dieci esibizioni – ddie-
ce sta per Dio con valore attenuativo – cioè “esibizioni grandiose”; da R
.V
iviani, ’O tam
murraro); ’e cape fem
mine (capa
significa: testa, capo, equindi: le donne m
igliori; da S. Di G
iacomo, A
Capem
onte); ’o masto d’’e
penziére(letteralm
ente, il maestro dei pensieri; da A
. Serrao, Chiantàjeno-
fernute ’e suonne); ca luceva comm
’’o velluto nfuso
(letteralmente, che
2425
13
luccicava come il velluto bagnato; da S. D
i Giacom
o, Lassamm
o fa Dio).
La ripetizione nelle sue varie form
e, soprattutto la reduplicazione, èim
piegata in napoletano con una faciltà e una frequenza elevatissima, oltre
a reduplicazioni usuali anche nell’italiano: doce doce, forte forte, appenaappena, m
ò mò
(or ora), uocchie nire nire, chiano chiano(piano piano),
lesto lesto(veloce veloce), nu poco poco, sola sola, sotta sott’a nu barco-
ne, na serata sana sana, cuoncio cuoncio (adagio adagio). In dialetto peresprim
ere l’intensità di solito si reduplica il sostantivo, come ad esem
pio,a schiocche a schiocche
(a ciocche a ciocche; in S. Di G
iacomo, E
ra dem
aggio). Le locuzioni num
erali avverbiali, a differenza dell’italiano, sonospesso reduplicate in dialetto: a ciento a ciento
(da Mbriaco
di S. Di
Giacom
o); a mille a m
ille(da S. D
i Giacom
o, Lassamm
o fa Dio). A
ncora,è una reduplicazione in dialetto, m
a non in lingua, la locuzione avverbialeA
uocchie a uocchie(alla chetichella; da G
. Capurro, Serenata). A
ltre redu-plicazioni rappresentano form
e ellittiche come ad es.: M
e ne vogl’i’canti-ne cantine
(voglio andarmene sostando cantina dopo cantina fra quelle che
si incontrano lungo il camm
ino; da R. G
aldieri, Alleram
ente), e ancora,m
uro muro
(rasente il muro. Se ne só jute m
uro muro da ’o m
aciello ’avetrera ’a dint’ê ccase; da A
. Serrao, Mal’aria). U
na particolare redupli-cazione con apocope del secondo term
ine è costituita dalla forma enfatica
mena m
è(sù, coraggio!; da A
. Serrao, Chill’anno). A
ncora in A. Serrao in
’O vide ’e venì, troviam
o la forma avverbiale ’m
pilo ’mpilo
(a malapena),
derivata dal sost. pilocioè “pelo” in dialetto spesso usato per indicare la
quantità, es. nu pil’e silenzio(un po’di silenzio; da T. Pignatelli, ’A
morte);
usco, usco(di soppiatto; 22da A
. Serrao, Vide che d’’a muntagna).
Molto produttive in dialetto sono anche le dittologie: Zitta e m
uta(senza
parlare, in silenzio; da E. D
e Filippo, ’E m
atina); tale e quale(F. R
usso, ’NP
araviso), tale e tanta(da S. D
i Giacom
o, Pe la via), m
’aggia fa chiatto ettunno
(modo di dire che significa: voglio vivere davvero bene; da R
.G
aldieri, Alleram
ente). L
a propensione alla concretezza del dialetto è ben visibile in alcune ripe-tizioni che si pongono com
e alternativa più imm
ediata e diretta a forme
parallele più astratte. Es.: se po dì ca dint’’a n’anno ce vedevem
o sì e no!(si può dire che nell’arco di un anno, forse, ci vedevam
o appena una volta;da E
. De Filippo, M
amm
a mia); m
ez’aperta e meza nchiusa
(semichiusa;
da S. Di G
iacomo, M
amm
arè, ringrazia Dio...); ’o m
enamm
o ’a copp’ab-bascio
(lo buttiamo giù; da R
usso, ‘N P
araviso); aggia cuntà na storia a
chisto e a chillo, poco o niente faie(da G
. Capurro, P
rimm
avera); d’’a
matina ’a nfino ’a sera
(da R. V
iviani, ’O tam
murraro); m
o fai luce e mo
no(da S. D
i Giacom
o, Lassamm
o fa Dio).
Un’altra form
a di ripetizione ampiam
ente usata in dialetto nelle elenca-zioni è l’iterazione del pronom
e dimostrativo preceduto dalla congiunzio-
ne e: E chesto è ’o llardo e chesta è ’a nzogna ’m
pane, ’e cheste so’’e but-teglie…
(da R. G
aldieri, ’O ccafè!). M
olte di queste forme esistono di fatto
anche in lingua ma hanno im
pieghi molto più lim
itati. Ciò dim
ostra come
nel dialetto esse siano molto più produttive. A
d esempio la form
a “dallatesta ai piedi” si usa solo riferita a persone, in dialetto si usa anche in rife-rim
ento alla durata: ’a capo a pere ’e ll’anno(per tutto l’anno; da R
.G
aldieri, ’O ccafè!).
In dialetto si tende a dare sempre una collocazione puntuale nello spazio
di qualsiasi referente, anche astratto. Ad esem
pio “al suono del pianofor-te” o “al suono di un m
andolino” si dirà rispettivamente: ncopp’’o pianino
(da R. V
iviani, Bam
menella), ncopp’a nu pandulino
(da S. Di G
iacomo,
Nannina); ’a m
iez ’a via(letteralm
ente, da mezzo alla strada, cioè, dalla
strada; da A. Serrao, C
hiantàjeno – fernute ’e suonne…); for’a via
(lette-ralm
ente, fuori alla strada, cioè, sulla strada; da F. Russo, ’A
mugliera ’e
Masaniello); â via ’e vascio
(verso giù; da A. Serrao, Speranzella ’e nu
sole…); dint’a na cauràra c’’e rrote ’a sotto
(letteralmente, dentro a una
pentola con le ruote da sotto; da A. Serrao, C
’era na vota).Inoltre, spesso, per dare indicazioni di tipo spaziale o tem
porale, si sosti-tuiscono agli avverbi im
magini concrete: sulla m
ano destra(sulla destra;
mano
sta per “direzione”; da S. Di G
iacomo, Lassam
mo fa D
io…),
‘mm
ano a chillo23(al tem
po di; da A. Serrao, Sagliem
manco criaturo); una
vutata(letteralm
ente, voltata, svolta, girata; impiegato com
e avverbio è“rapidam
ente, in un batter d’occhi”; 24da S. Di G
iacomo, A
mm
ore abbasa-to); a nu cum
anno(ad un com
ando, cioè: all’improvviso; da S. D
iG
iacomo, A
mm
ore abbasato).L
a concretezza del dialetto è ancora più visibile in alcuni sintagmi ver-
bali o nominali costituiti da più parole, concrete, che sostituiscono di
norma un solo term
ine “astratto” della lingua. Ad esem
pio “le pupille” sidirà ’o nniro ’e ll’uocchie (da A
. Serrao, ’O cunto d’’e ccose piccerelle);
fatto a vino(ubriaco; da S. D
i Giacom
o, ’Atavuliata); e deva l’annum
me-
nata(incolpava; da T. Pignatelli, P
ur’’o viecchio Sceccospirro); ghiuto
acito(andato a m
ale; da A. Serrao, A
ddò c’aveva à partere); mette m
ano
2627
14
’a sacca(paga; da F. R
usso, ‘N P
araviso); segn’è ca(significa che; da E
.D
e Filippo, ’E m
atina); me darraje na voce
(te ne accorgerai; da A. Serrao,
Trasette vierno); vuie facite abbedè(voi fingete; da S. D
i Giacom
o,A
mm
ore abbasato); tenette mente
(guardò fisso, pose mente; da S. D
iG
iacomo, Ll’om
bra); mena zeppe
25(picchia; da F. Russo, ’N
Paraviso).
Più in generale, spesso ai termini “astratti” della lingua corrispondono in
dialetto forme più im
mediate e dirette com
e suoni onomatopeici, form
eallocutive, term
ini che hanno come referenti abitudini o oggetti della quo-
tidianità: p’ogni chi sa (per ogni evenienza; da S. Di G
iacomo, ‘A
SanF
rancisco); e ’o ndrì, ndrì d’’e butteglie e d’
’e bicchiere(da S. D
iG
iacomo, ’A
tavuliata); fanno inzieme uno ciù, ciù…
(civettano; S. Di
Giacom
o, Ventariello); nu votta votta(un pigia, pigia; da A
. Serrao, Nu
tiempo c’è stato…
); pèdë catapèdë(form
a più conservativa rispetto all’ita-liano,
significa “passo
dopo passo,
adagio, adagio”; 26
da A.
Serrao,C
ecatèlla); quanno è a ’Vumm
aria(all’ora di cena, all’ora in cui si prega
l’Ave M
aria; da R. V
iviani, ’O tam
murraro); ’a zella da bufera
(la tignadella bufera; da T. Pignatelli, ’A
morte); piglià pe fesso
(prendere in giro;da T. Pignatelli, P
iscegràzia); piede ’e mandarino
(mandarino, albero di
mandarino; 27 da S. D
i Giacom
o, Dint’o ciardino); ’a lavarella
(lo stagno; 28
da A. Serrao, ’A
pèndema); casarella
(guscio; tale e quale ’a cestunia ’acasarella,com
e una tartaruga il guscio; da A. Serrao, N
a jurnata ’e chel-le); ’o surdeglino
(il sibilo; da A. Serrao, C
ecatèlla); na fiura(una parven-
za, ma letteralm
ente: una figura; da A. Serrao, F
riddo e che friddo); pè sca-gno
(letteralmente, per scam
bio, cioè: per caso, per accidente; da A.
Serrao, ’O penzièro); na schiattiglia
(un’invidia, ma letteralm
ente: crepa-re, scoppiare; da F. R
usso, ’N P
araviso); uocchie a guallarèlla(occhi
gonfi, ma letteralm
ente: occhi a ernia; da A. Serrao, A
ccussì trase viérno);’o carnente tujo
(tuo figlio; da T. Pignatelli, ’Mm
àtula). Per esprimere
alcuni concetti nel napoletano si fa ricorso a composti m
olto efficaci: ascialacòre
(in allegria; da A. Serrao, ’A
scardélla); bonapezza(form
a anti-frastica,
ironica sta
per “traditrice,
persona m
alvagia”; T.
Pignatelli,Zuzzùrro); casadiavulo
(inferno; ibid.); legnesante(kaki, loti; 29
da A.
Serrao, Cecatèlla).
Per attribuire una qualità ad un soggetto, definendolo in base ad una suacaratteristica, in dialetto si usano term
ini presi dalla realtà e impiegati
come traslati. E
ssi prendono il posto dei significati letterali e rappresenta-no sem
pre situazioni concrete legate alla quotidianità di una realtà margi-
nale e circoscritta. Questo è il risultato della diversa evoluzione del dialet-
to, del suo continuo riferirsi a realtà tangibili, lontane dalla scrittura coltae astratta. L’oralità del dialetto perm
ette tale impiego di aggettivi o sostan-
tivi, in un continuo gioco di “contestualizzazione”. Es.: so zuzzuse
(lette-ralm
ente, sono sporchi, cioè: parsimoniosi); Sant’E
liggio è nu canzirro(un
villano, ma letteralm
ente: bardotto, incrocio tra cavallo ed asina); nc’è SanG
iorgio, ch’è nu zezo(galante, cascam
orto; da F. Russo, ‘N
Paraviso); era
na carnetta(uom
o senza scrupoli; R. V
iviani, ‘Gnastillo); nu scuorteco
(usato in senso lato, si dice di chi somiglia ad un ronzino, un cavallo sche-
letrico tutto pelle ed ossa; da F. Russo, ‘N
Paraviso).
L’uso dei traslati che permettono la continua “contestualizzazione” del
dialetto, cioè la ripresa di fatti e azioni della realtà contingente, è ancorapiù evidente nei m
odi di dire, l’aspetto più caratteristico dei vernacoli:cam
menanno ncopp’a ll’ove
(in punta di piedi; da S. Di G
iacomo, D
int’ociardino); restà cu ’e m
mane m
mano
(restare senza far nulla; da F. Russo,
’N P
araviso); se sentette mancà sott’
’e piede ’o terreno(si sentì venir
meno; da S. D
i Giacom
o, Cade ’a cielo, ’a m
amm
arella puverella, puve-rella). Q
uesti potrebbero essere ascritti ad un’abitudine ricorrente nellacultura vernacolare cioè quella di individuare analogie per spiegare i con-cetti. Sistem
i di corrispondenze sono continuamente istituiti tra i fenom
e-ni della natura, la realtà, gli eventi concreti da un lato e tutto ciò che non èim
mediatam
ente percepibile, tutto ciò che è indistinto e astratto dall’altro. A
ltri due fenomeni ricorrenti nel dialetto sono l’etim
ologia popolare(un
termine, proveniente da altra lingua, non essendo noto al dialettofono
viene scambiato per una parola del dialetto sim
ile nella forma e di cui è
noto il significato) e la tabuizzazione. Quest’ultim
a dà luogo ad alterazio-ne parafonica del term
ine “tabù” o a sostituzione dello stesso con una paro-la di form
a simile m
a di significato diverso, a volte opposto. Casi di eti-
mologia popolare
sono: capa ’e zì Vicienzo(uom
o povero, dalla formula
latina caput sine censu; da A. Serrao, A
ddò c’aveva ’a partere); arduomo-
bile(autom
obile; da F. Russo, ’N
Paraviso); vischisodo
(whisky e soda; da
S. Di G
iacomo, Lassam
mo fa D
io).C
asi di sostituzione o alterazione parafonica dovuti a tabuizzazionesono:
Puozze na vota resuscità!…
(attenuativo dell’imprecazione P
uozz’esseaccisa; da S. D
i Giacom
o, Luna nova); vuie che cancaro accucchiate(in
sostituzione della parolaccia vuie che càntaro30accucchiate!; da F. R
usso,’N
Paraviso); M
amm
a r’’a Sanità(M
adonna del quartiere della Sanità; da
2829
15
S. Di G
iacomo, ’A
San Francisco); P
’’a m
arina(in sostituzione della
parolaccia P’’a M
adonna; da A. Serrao, ’O
vide ’e venì); infine abbiamo
già visto che l’uso del numerale diece
con valore attenuativo in realtà staper “D
io”. 31
Non m
ancano naturalmente term
ini che si riferiscono alla cultura e ad usiesclusivam
ente locali, inesistenti nella cultura in lingua e che per questonon hanno un corrispettivo in italiano. A
d esempio il term
ine munaciello:
32
’o munaciello jesce a se fa quatto passe
(da S. Di N
atale, Je suis le téné-breux).
5. Lo stile del dialetto e la traduzione
Afare la differenza sul piano stilistico è soprattutto la frequenza con cui
ricorrono determinate form
e nella lingua d’uso. Il dialetto è ricchissimo di
locuzioni avverbiali, modi di dire, im
magini e voci di paragone. C
iò èquanto rileva L
urati in seguito alla sua analisi stilistica sui dialetti dellaSvizzera italiana: “…
Le differenze tra dialetto e lingua non stanno in una
gramm
atica fondamentalm
ente diversa (tant’è che si è parlato spesso didialetto che tende…
, che preferisce…). L
e strutture frasiche, le possibilitàdi evoluzioni lessicali e sem
antiche sono le stesse per i due codici di comu-
nicazione. Diversa è la frequenza dell’uso di determ
inati schemi frasici,
diversa è l’utilizzazione di un certo complesso di (m
edesime) possibilità.
E ciò a causa delle differenti condizioni di funzionam
ento dei codici: con-dizione orale l’una, scritta l’altra. Presenza del partner, contesto situazio-nale, contesto gestuale, in una parola: il carattere di dialogo, sono fattorideterm
inanti nel dialetto”. 33
La frequenza con cui ricorrono determ
inate forme in una lingua ha valo-
re (di scarto) sul piano stilistico se confrontata con un’altra lingua. Fre-quenti form
e enfatiche e nello stesso tempo ellittiche realizzano allusioni,
metonim
ie e metafore, e m
ettono in evidenza il carattere prevalentemente
orale del dialetto, la sua maggiore espressività e la sua m
inor esplicitezzarispetto
allo standard:
Em
bè niente!
Nun
è cosa!
(da F.
Russo,
’NP
araviso); Seh! stai lustro! E’na parola!
(Stai fresco, è più facile a dirsiche a farsi; id.). Ironici o allusivi sono anche i richiam
i per antonimo: è il
caso del termine bonapezza
già incontrato; ancora, in alcuni casi, il signi-ficato opposto è m
arcato dal cambio di genere, dal m
aschile al femm
inile
e viceversa: petrèra34(pietraia; da A
. Serrao, Mal’aria).
Ricorrenti fenom
eni linguistici come quelli appena m
enzionati e latabuizzazione, la paretim
ologia, la proverbialità, il modo di dire sono l’im
-m
ediata conseguenza di fattori culturali peculiari e mostrano com
e riflessidi cultura siano in grado di condizionare la form
a della lingua al punto dim
odificarla: alterazione parafonica, sostituzione per antonimo, frasi seg-
mentate, ecc.A
nche i fenomeni di fonosim
bolismo, com
e quello definito da Lurati
“onomatopeizzazione secondaria”, sono m
olto frequenti nel dialetto e,com
e le figure di pensiero, legati al mondo delle esperienze. N
el caso spe-cifico si sfrutta la capacità del solo significante di evocare im
magini o
situazioni veicolando significati ulteriori (si tratta di uno dei tanti casi diim
piego non convenzionale del segno). Tra i casi di “onom
atopeizzazionesecondaria” citati dal linguista svizzero vi è la ripetizione (abbiam
o vistocom
e essa sia diffusissima, in tutte le sue form
e, nei testi poetici napoleta-ni).
Le peculiarità di un codice possono essere individuate con agilità in que-
sti aspetti della lingua in cui la parola viene impiegata per il suo valore di
“simbolo”. Sono parti del discorso che m
eglio riflettono l’ambiente origi-
nale nelle quali si sviluppano. Queste hanno valore stilistico in quanto sono
frutto della cultura e del paesaggio da loro evocato. In definitiva, è soprat-tutto attraverso le figure retoriche e di pensiero, le associazioni logiche, ilfonosim
bolismo che l’orizzonte antropologico, la cultura di un posto si
imprim
ono nella lingua caratterizzandola stilisticamente.
Un segno convenzionale im
merso nella realtà si carica di significati ulte-
riori determinati dall’uso, dovuti alle esperienze di cui esso stesso di volta
in volta è protagonista. Tali significati ulteriori sono quelli che impieghia-
mo com
e traslati e da cui trae origine la gran parte delle forme peculiari del
dialetto. In ultima analisi le associazioni di parti del discorso fatte sulla
base di rapporti sintagmatici, cioè per contiguità (così com
e nella metoni-
mia), e paradigm
atici, o per similarità (com
e nelle metafore) riassum
onotutti gli usi traslati. C
omponenti fondam
entali di tali processi, senza i qualinon potrebbero avvenire le associazioni, sono i contesti e l’extratestualità.
Di qui le difficoltà dell’attività di traduzione per quanto concerne il codi-
ce linguistico dei testi letterari. Interessantissime al riguardo le argom
enta-zioni esposte da B
envenuto Terracini nel suo studio Il problema della tra-
duzioneper spiegare le difficoltà del traduttore dovute alla variazione sti-
3031
16
listica delle lingue: “Effettivam
ente la libertà di un traduttore è legger-m
ente diversa da quella libertà di scelta, o – se vogliamo chiam
arla col suonom
e vero – dalla libertà espressiva di cui gode un qualsiasi cittadino dellapropria lingua. Q
uesti, ad esempio, può contare illim
itatamente sul potere
evocatore delle parole che, secondo la terminologia del Saussure, si fonda
sulle associazioni mnem
oniche; diremo in lingua povera che il parlante
può far affidamento su tutte le connotazioni, le risonanze, le associazioni
dettate da una raffinata sensibilità e complessa esperienza personale (si
pensi al Leopardi) e da una tradizione secolare della lingua, che la presen-
za e il suono di una singola parola sono capaci di destare”. 35
6. Differenze tra le accezioni italiana e inglese
del termine “dialetto”
Un problem
a centrale affrontato da Bonaffini, nel suo studio sulla tradu-
zione, riguarda la versione in lingua inglese di testi in cui si intreccianodialetti e italiano. Il problem
a della resa in inglese, dell’alternanza dei duecodici ha com
plesse implicazioni legate al fatto che la situazione linguisti-
ca italiana è diversa da quella inglese. Non si possono trasferire in una
terza lingua le informazioni im
plicite che sono veicolate dall’uso dei dia-letti nel testo in lingua e che solo chi è im
merso nella situazione diglossi-
ca italiana può comprendere. In altre parole, non si può trasm
ettere inun’altra lingua “l’unicità e l’originalità del dialetto e la latente tensionedialettica tra dialetto e lingua standard”. 36
Questa “tensione dialettica” è
nota solo a coloro che conoscono perfettamente la realtà italiana, dove
accanto alla lingua nazionale e di maggiore prestigio convivono tante lin-
gue “marginali” e dove i parlanti valutano i dialetti sulla base di criteri di
tipo sociostilistico. I giudizi dei parlanti sul dialetto non possono essereveicolati tram
ite la traduzione.N
on c’è nei paesi di area anglofona un equivalente dei dialetti italiani.D
el termine inglese “D
ialect” possiamo dare una definizione che è com
-pletam
ente diversa da quella del termine italiano “dialetto”. B
onaffini pre-cisa infatti che l’accezione con cui viene im
piegato il termine “dialetto” in
inglese è “anormalità, allontanam
ento da un ben definito standard lingui-stico” e ne dà una definizione che, aggiungerà subito dopo, “può esserevalida per i vari dialettiam
ericani, ma sarebbe assolutam
ente inadeguata a
descrivere il fenomeno dei vernacoli, e le relative questioni di stile, in
Italia”. 37“L
o stile vernacolo può, naturalmente essere definito in svariati
modi, m
a nel seguente intendo per vernacolo una speciale categoria di‘substandard’o di ‘uso com
une’che demarca una classe sociale, una regio-
ne di provenienza o una fascia di età e che include particolari caratteristi-che gram
maticali e lessicali ‘speech-oriented’
così come form
e ed epitetifam
iliari, slang, oscenità, e altri volgarismi, alcuni tipi di strutture m
orfo-logiche e sintattiche allusive o ellittiche”. 38
Com
e ben si sa in Italia i dialetti non sono semplici “deviazioni” dallo
standard, bensì lingue sviluppatesi autonomam
ente a partire dal latino.B
onaffini definisce il “vernacular” uno “stile”, una variante della linguastandard; il dialetto non può identificarsi con un’unica varietà espressivaessendo una lingua autonom
a. Per le stesse ragioni sarebbe sbagliato im
piegare un “vernacular” perrisolvere il problem
a della resa in traduzione delle peculiarità del dialetto,com
e quelle della maggiore im
mediatezza e concretezza. A
l riguardo èm
olto utile un’osservazione di Michael Palm
a: “Ovviam
ente, non c’è unequivalente in inglese della traduzione italiana della poesia dialettale.T
radurre nello slango in qualsiasi altro dialetto inglese non norm
ativo SoI says to him
, I says, o cose simili sarebbe totalm
ente inappropriato; il ten-tativo di catturare lo spirito dell’originale fallirebbe e si avrebbe una poe-sia inglese che suona piuttosto bizzarra. L’unica soluzione era di tradurrequeste poesie nello stesso idiom
a di tutte le altre: se c’è stata una qualsia-si concessione al supposto sapore (flavour) delle originali, si è trattato diuna tendenza, a m
omenti, leggerm
ente più accentuata verso un’espressio-ne più inform
ale”. 39
Sarebbe errato dunque tradurre i dialetti italiani con uno slang o jivetalk
40ma sarebbe anche errato considerarli sem
plicemente “la norm
a”41alla
stregua dello standard. Così si perderebbero tutte le peculiarità stilistiche
dovute al loro diverso sviluppo. Che tali peculiarità siano presenti nei testi
poetici dialettali è indubbio. Anzi il m
otivo fondamentale del ricorso ai
vernacoli da parte dei poeti risiede nelle loro diversità stilistiche, nel lorovalore di scarto rispetto allo standard. E
’questo il senso dell’uso “riflesso”dei dialetti. Il poeta che scrive in lingua guarda a tali codici da un punto divista esterno, quello dell’italiano, e ne considera soprattutto gli scarti su unpiano sociostilistico. Il m
odo in cui i vernacoli sono impiegati nell’opera,
quindi lo stile dei testi poetici, dipenderà dal giudizio “contingente” sui
3233
17
dialetti del parlante-scrittore dialettale (valutazione sociostilistica dei par-lanti che vivono in una realtà linguistica caratterizzata da bilinguism
ocom
e quella italiana). 42
CA
PITO
LO
III
A. Serrao e la traduzione della poesia neodialettale
1. La poetica della parola interiore: ’A
canniatura
I poeti neodialettali scelgono in genere per le loro poesie dialetti isolati,per lo più privi di tradizione letteraria. Tale scelta è dettata dalla necessitàdi recuperare un orizzonte antropologico orm
ai scomparso, che può essere
testimoniato soltanto dalla lingua che lo esprim
e. Il dialetto infatti ha valo-re proprio perché unico testim
one di una realtà che non può essere espres-sa nello standard.
In questo lavoro di recupero, “appare spesso essenziale la distanza daldialetto e dalla patria”; 1questa distanza consente al poeta di lavorare conun codice che non è tanto una realtà oggettiva, appartenente al m
ondoesterno, m
a piuttosto una lingua “interiore”. Il poeta può così operare conm
aggiore libertà rispetto al dialetto “inventando” il codice dei suoi testipoetici attraverso un lavoro di scavo “filologico”.
La raccolta ’A
canniaturadel poeta A
chille Serrao è un’opera che benrappresenta la poetica dei neodialettali. ’A
canniaturacom
prende tutte lepoesie in dialetto scritte fino al 1993, anno della sua pubblicazione. Prim
adi scrivere le sue poesie in dialetto, A
chille Serrao, come altri neodialetta-
li, ha un passato di poeta in lingua; il ricorso al dialetto è dettato dallanecessità di recuperare un m
ondo o un vissuto, quello della sua infanzia, dicui il dialetto stesso rim
ane l’unico testimone: “In questi tem
pi naturali hoparlato il dialetto, respirato il dialetto, perfino la segnaletica sostitutivadella parola ha com
unicato efficacemente una cultura del luogo che con la
lingua nazionale non ha nulla da spartire”. 2
Il poeta avverte l’esigenza di riportare alla luce un contesto estraneo allostandard, in cui il dialetto è sentito com
e il naturale rappresentante, attra-verso gli elem
enti del codice più intimam
ente legati alla realtà dialettale,in grado di evocare l’orizzonte antropologico in cui il dialetto è im
merso.
Ogni fram
mento della lingua dell’infanzia recuperato alla m
emoria si cari-
ca di significatività perché trascina con sé parte di un universo antropolo-gico caro al poeta, e diverso da quello rappresentato dallo standard. Il valo-
3435
18
re di questi aspetti o framm
enti di lingua è proprio nello scarto tra il mondo
che essi rappresentano e il mondo rappresentato dall’italiano.
La lingua, le voci, i suoni del passato hanno im
presso imm
agini nellam
emoria dell’autore. ’A
canniaturaè “la fenditura”, il passaggio attraver-
so il quale queste impressioni vengono recuperate e prendono form
a diven-tando poesia.
L’eco delle voci, con i ricordi che essi suscitano, risuona nell’interiorità.L
a voce del mare: ’o m
are/ nu rutecà ’e parole maje fernute…
/ …’o m
arefarfagliùso:
il mare/ un andare e venire di parole incom
piute,…/…
il mare
balbuziente…(A
st’ora chi simm
o…). L
a voce del silenzio: e nce siénte ’espicà/ ’o silenzio si attòcca, nu sisco ’e vocca/ a m
alappena na tagliatad’aria:
…e lì senti crescere/ il silenzio sem
mai, un fischio di bocca,/ a
malapena uno sfregio d’aria. (Trasette vierno…
). La voce del vento:…
ma
’o ffriddo parlàvemo ’e friddo e d’’e pparole/ vacante tale e qquale ô vien-
to/ ca scònceca capille sulamènte, nun have cchiù a m
manése/ na fiura ’e
chiantulella manco n’om
bra/ ’e fronna pe’m
mastrià…
: …m
a il freddoparlavam
o di freddo e di parole/ vuote come il vento/ che scom
pigliacapelli soltanto, non ha più a portata di m
ano/ neppure una parvenza dipianta neanche un’om
bra/ di foglia da far stormire…
(Friddo e che friddo).
Le im
pressioni che le voci, i suoni, la lingua veicolano al poeta sonosem
pre intimam
ente connesse a quelle veicolategli dall’ambiente circo-
stante e dalla sua cultura.L
a lingua e il vento assumono una connotazione negativa se riferiti alla
città: il vento della città serve solo a scompigliare i capelli, è un vento ste-
rile, privo di significato ed è paragonato alle parole che l’io poetante pro-nuncia e che ascolta nella sua casa di città: parole vuote e che non valgo-no nulla, a differenza del vento freddo della cam
pagna che fa stormire le
piante, aria affilata e frizzante che liscia dolcemente le brecce della car-
raia e stordisce per farla splendere l’edera lungo il muro.
Asuscitare una sensazione di vuoto e di freddezza, ancor prim
a della lin-gua, è la realtà che essa rappresenta. I fram
menti di lingua o aspetti di lin-
gua che vengono recuperati, hanno valore in quanto evocano particolari diuna realtà diversa, m
olto lontana da quella contemporanea e dalla lingua
che la rappresenta, lo standard. Anche il silenzio fa parte della lingua ed
assume un valore m
olto diverso nell’orizzonte antropologico dell’infanziadel poeta, rispetto alla realtà attuale in cui egli vive:
Nu tiem
po c’è stato ch’’e pparole
nun cagnavano ll’aria, addu nujefrièvano cu’ll’uogliod’’a iacuvèlla arèto ’a vocca attenùtepë ppaura, cum
meniènza che ssaccio
nu chiuovo stu silenzio... Abbastava
na guardata, à strenta d’’e mm
ane e ttéccheten’ata m
anèra ’e parlà.
C’è stato un tem
po in cui le parole non cam
biavano l’aria dalle nostre parti friggevano nell’oliodella furbizia trattenute dietro la boccaper paura, convenienza, che so,un chiodo fisso questo silenzio…
Bastava
un’occhiata, una stretta di mani ed ecco
un altro modo di parlare.
(Nu tiem
po c’è stato)
C’è stato un tem
po e un luogo per l’autore dove le parole andavano misu-
rate perché autentiche, preziose, ricche di significato e dove esisteva unaltro m
odo di parlare, per gesti e sguardi, per amm
iccamenti. U
n modo di
parlare, nascosto dietro il silenzio, che come asserisce lo stesso Serrao, non
apparteneva alla lingua nazionale ma alla cultura del luogo. L
a distanzaspazio-tem
porale è resa nelle poesie in dialetto dalla differenza tra due lin-gue e due m
ondi completam
ente diversi. In questa poesia è messa in risal-
to la differente pragmatica della lingua dell’infanzia, le diverse regole della
comunicazione; si parla solo per dire cose essenziali, si trattengono le
parole per paura o per convenienza. L’usanza di ponderare le parole, didare più valore al parlare, fanno em
ergere una cultura diversa, una realtàcontadina in opposizione alla realtà urbana, evocata dal poeta in altrim
omenti della sua poesia:
…’o tturreno int’’a voce, na sem
mènta
vèrde ’e pparole attuorno…
…voci di terra, sem
enzaverde le parole intorno…(Sem
mènta vèrde)
Il poeta non dimentica che la lingua dei tem
pi naturali è una lingua dellaconcretezza e della im
mediatezza, fatta di parole che denom
inano piccolioggetti, appartenenti ad una realtà um
ile:36
3719
’e ccose, fa mill’anne
che sta caterbia pe’ll’annumm
enà ’nzerra cràstule ’e lengua…
le cose, da tempo im
mem
orabilequesta m
oltitudine per nominarle
mette al sicuro cocci di lingua…
(Vide che d’’a muntagna...)
Il dialetto reifica parole e silenzi, li riempie di aria, di m
ateria, ad essi dàuna form
a. Nelle sue poesie Serrao cerca di recuperare e di restituire que-
sta caratteristica, sigillando il dialetto “lingua della concretezza”:
Prim
ma ca saglie ’a luna
acàlame na sporta ’e parole
’mm
escate, parole ’e vinghie ’ntrezzateuna lèggia n’ata tunnulélla, aria e aria,…
Prima che salga la luna
calami una cesta di parole
infette, parole di vimini intrecciate
una leggera, una rotondetta, aria e aria,…(P
rimm
a ca saglie ’a luna)
…m
a all’urdemo d’’e cunte scippa ancora
pe’nu mum
ento na scarda ’e parola…
…m
a alla resa dei conti ruba ancoraper un istante una scaglia di parola…
(Speranzella ’e nu sole…)
Infine, nella splendida imm
agine racchiusa nei versi della poesia Trasettevierno, dialetto e m
ediazione poetica collaborano insieme al processo di
superamento della distanza esistente tra la parola e il suo referente:
e nce siente ’e spicà ’o silenzio si attòcca, nu sisco’e voccaa m
alappena na tagliata d’aria.
…e lì senti crescere il silenzio sem
mai, un fischio
di bocca, a m
alapena uno sfregio d’aria.(Trasette vierno…
)
2. Il fonosimbolism
o nella poesia di Achille Serrao
Tra gli aspetti del dialetto che m
arcano la distanza con lo standard e cheservono ad evocare il vissuto dialettale del poeta contribuendo a rendere ildialetto dell’area casertana unico e originale, vi è sicuram
ente la fonetica.A
nche nelle poesie di Achille Serrao, è ben visibile l’im
portante ruolodel fonosim
bolismo nel recuperare un m
ondo interiorizzato dal poeta efatto rivivere nelle sue poesie:
Si me parlate cu na lengua nova
e antica, na maglia ’e lana p’’a staggione
malam
ènte
Se mi parlate con una lingua sconosciuta
e antica, una maglia di lana per la stagione
invernale
La lingua sconosciuta e antica, il dialetto, dà calore al poeta e lo proteg-
ge dalla sensazione di gelo, di vuoto, di distanza determinate dalla lingua
e dal
luogo dell’estraniazione,
dello sradicam
ento, cioè
lo standard.
L’elemento del codice dialettale che veicola queste im
pressioni, che tra-sm
ette al poeta queste sensazioni, è il suono della lingua:
e stu pparlà me sisca dint’ê rrecchie
cu “at” e “is”
e la vostra parlata mi fischia nelle orecchie
con “at” e “is”3
La fonetica di una lingua è dunque fondam
entale nel rievocare il mondo
che essa cela. Quanto sia im
portante per il poeta Serrao risulta evidente daciò che l’autore scrive nelle note alle sue raccolte di poesie: “A
llo scopo direndere quanto più possibile aderente la scrittura alla lingua parlata, hoadottato una soluzione fonologico-grafica sgradita alla stragrande m
aggio-ranza dei gram
matici. 4
Si tratta del raddoppiamento di pressoché tutte le
consonanti in posizione iniziale di parola, quando precedute da vocale epurché “disponibili” al suono forte. (…
) Il ricorso all’espediente (…) è
stato suggerito anche dalla esigenza di restituire la durezza espressiva deldialetto personale (dell’area casertana) che nel raddoppiam
ento consonan-tico m
anifesta una delle sue specificità”.I tratti fonetici specifici, caratteristici di una lingua servono a m
arcarne38
3920
la diversità rispetto alle altre lingue, in ciò consiste il loro valore fonosim-
bolico, essi evocano il mondo in cui il dialetto è im
merso. N
ella mente del
poeta i suoni più caratteristici di un dialetto si associano alla realtà speci-fica nella quale la lingua è im
mersa. Il fonosim
bolismo scaturisce dal
maggiore legam
e che essi hanno con la realtà che la lingua rappresenta.
3. I suoni caratterizzanti di una lingua e la traduzione
Nel 1995 B
onaffini ha tradotto e pubblicato in edizione bilingue col tito-lo ’A
Canniatura / The C
revice, la raccolta di Serrao. Nel 1999 ha tradot-
to e pubblicato la raccolta Cantalesia
che contiene tutte le poesie in dia-letto scritte da Serrao tra il 1990 e il 1997. E
gli ha dunque tradotto tutta l’o-pera in dialetto del poeta cam
pano, e ha ben colto l’importanza e la cen-
tralità attribuita da Serrao al sistema di suoni del caivanese, per la com
po-sizione delle sue poesie. Il poeta avverte nel caivanese una predom
inanzadi suoni aspri e stridenti. Q
uesta particolare fonetica, che per il poeta è ele-m
ento poetico e veicolo di contenuti, diventa una caratteristica fondamen-
tale del codice delle sue poesie. Un elem
ento proprio di una lingua, che lacaratterizza differenziandola da tutte le altre, com
e può essere una serie disuoni specifici, diventa oggetto di poesia.
Infatti l’originalità del codice delle poesie neodialettali è rafforzata dallecom
binazioni di suoni, da tratti fonetici peculiari di lingue marginali spes-
so prive di tradizione letteraria, non rintracciabili in altre lingue. I suoni deldialetto sono la sintesi perfetta delle peculiarità ad esso attribuite e sonoim
mediatam
ente associati alla realtà circoscritta, che esso rispecchia. Non
si può riprodurre in un’altra lingua l’impressione suscitata dai suoi tratti
fonetici specifici.N
on è possibile dunque veicolare queste impressioni, relative al sistem
afonologico di una data lingua, in un’altra lingua.
Ciò è quanto deduce L
uigi Bonaffini, com
mentando il suo lavoro di tra-
duzione delle poesie di Achille Serrao. E
gli si pone questo problema per-
ché le peculiarità fonetiche dei vari dialetti sono al centro delle poesie deineodialettali.
Quello che è dunque uno degli elem
enti fondamentali delle poesie dei
neodialettali andrà inevitabilmente perso nel processo di traduzione. N
onsi può trasferire il sistem
a fonetico del caivanese nella lingua inglese: “C
ercare di rendere in inglese l’inerente dissonanza di gran parte della
poesia di Serrao (che però presenta notevoli eccezioni ed è capace di armo-
nie molto sottili) richiederebbe una ricerca forzata di suoni spessi, conso-
nantici e di ritmi spezzati ed antim
elodici, risultando un inglese artificio-so, inesistente”. 5
4. I neodialettali e le traduzioni di sé stessi
Per i neodialettali il dialetto è oggetto di poesia. Protagonisti delle poe-sie, veicoli essi stessi di poesia, sono quegli elem
enti più difficilmente tra-
ducibili che contraddistinguono il codice dialettale e lo rendono “linguadella realtà”. M
a il fatto che la lingua sia estremam
ente circoscritta e quin-di sconosciuta alla gran parte del pubblico costituisce uno dei m
aggioriostacoli che vietano al lettore di “cogliere” appieno il valore poetico delleform
e dialettali trasferite nelle poesie. È a tale scopo che il poeta A
chilleSerrao aggiunge alla sua raccolta ’A
canniaturauna serie di glosse che
spiegano quegli elementi della lingua che presentano m
aggiori difficoltàper chi non conosce il dialetto di C
aivano. Aproposito di questo glossario,
scrive Giacinto Spagnoletti nella sua postfazione all’edizione bilingue alla
raccolta: 6“Devo aggiungere per ultim
o che le note filologiche ed etimolo-
giche raccolte nel glossario non sono destinate alla mera curiosità del let-
tore. Esse talvolta ci appaiono non spiegazioni, m
a veicoli a loro volta dipoesia. N
el senso che da tali note si sprigiona spesso qualche verità ulte-riore che la poesia da cui dipendono aveva trascurato”.
Autore e traduttore di sé stesso, Serrao opta per una traduzione interli-
neare delle sue poesie. Tale scelta si inserisce coerentemente nel quadro
della sua poetica. Le poesie di Serrao nascono da riflessioni sul codice dia-
lettale, dall’importanza che esso assum
e agli occhi del poeta. La scelta del
codice, che non va inteso come sem
plice mezzo, m
a veicolo esso stesso dicontenuti, diventa un m
omento fondam
entale della sua poesia; la sua cen-tralità è tra l’altro testim
oniata dal lavoro di scavo filologico del poeta.Q
uello della traduzione diventa un problema particolarm
ente rilevante peri neodialettali.
Achille Serrao affronta le traduzioni delle sue poesie in dialetto, con un
certo pessimism
o, giustificato dalla sua esplicita posizione a riguardo: “Le
traduzioni italiane a piede delle poesie sono caute approssimazioni agli ori-
ginali. Lo spessore sem
antico e l’intraducibilità di molti term
ini della lin-
4041
21
gua adottata, mi convincono della inadeguatezza della traduzione che va,
pertanto, assunta come sem
plice versione interlineare”. 7
Com
e già accennato il poeta approda all’uso del dialetto dopo un ven-tennio di poesia in lingua. Il tentativo di recuperare l’universo antropolo-gico della sua infanzia è già presente nei suoi scritti in italiano e in uno spe-rim
entalismo che spinge l’autore ad innestare in parte il dialetto sullo stan-
dard; l’esito di tale sperimentalism
o induce il poeta a ritenere lo standardinadeguato e ad utilizzare, per questo, direttam
ente il codice dialettale: “Le
parole italiane della mia scrittura hanno tentato spesso (specialm
ente nelleprose di Scene dei guasti) di assum
ere i contenuti di quel torno di terre col-tivato a fatica, le bestem
mie del nonno con i baffi torti e gialli di nicotina
ecc. ecc., ma per la loro inadeguatezza espressiva alla com
plessità e ‘con-cretezza’di quel m
ondo, hanno finito per spingermi spesso sul versante di
uno sperimentalism
o talvolta acceso, verso esiti informali del tutto incon-
grui a consentire una personale, spontanea per quanto possibile identifica-zione ”. 8
Anche se si opera una scelta totalm
ente opposta alla traduzione lettera-le, è questo il caso di un altro poeta di area cam
pana, Salvatore Di N
atale,che opta per una “traduzione d’arte”, nel tentativo di aggirare così l’enor-m
e ostacolo dell’inadeguatezza del codice standard; i risultati possonocreare disagi al traduttore: l’alternativa fra traduzione servile e traduzioned’arte è delineata da Salvatore D
i Natale in una lettera a L
oi, che accom-
pagna un gruppo di inediti ospitati nel sesto numero di “D
iverse Lingue”
[Di N
atale 1989]. Il poeta napoletano sta tutto dalla seconda parte, conrisultati a dire il vero non m
olto convincenti, ma non si nasconde com
e,così facendo, il dialettale si ponga in “un perverso gioco al m
assacro (del-l’originale), un inutile braccio di ferro con m
e stesso”. 9
5. Cantàlesia, la scrittura nell’oralità
Lo stile delle poesie di Serrao si caratterizza per l’arm
onia nascosta die-tro gli apparenti ostacoli di una pronuncia “aspra e irta” che contraddi-stingue il dialetto di C
aivano. Traducendo in inglese le poesie di Serrao,
Bonaffini ha colto appieno questo particolare aspetto dell’opera dell’auto-
re, riuscendo a restituirne alcuni tratti importanti nella versione inglese. L
atraduzione
della poesia
Ducezza
cimm
arèllaè
un esem
pio di
come
Bonaffini riesca a restituire l’intensa m
usicalità dell’originale, nonostantela m
assiccia presenza di suoni forti, consonantici:
Tiéneme a m
mente ca te stò penzanno
e aparamm
élla st’aria, ducezza cimm
arèllad’’e juorne m
ieje a’venì, chest’aria’ntussecata senza chiù palum
mèlle, senza na veglia d’aria…
E astipam
mìlle dint’ê m
mane ’ncroce
ddoje suspire ’e vucchella arrubbacòre,’a vocetram
ènte ca nu miérulo te sonna
miérulo ’e serenata
tramènte ca te canta doce ’a nonna
’mpont’â nuttata…
Think about m
e because I think of youand stop this air, deep sw
eetnessof m
y coming days, this air
in sorrow w
ithout doves, without a vigil of air…
Save me tw
o sighs from your heartbreaking lips
within your cradled hands, save m
e your voice,w
hile a blackbird dreams of you
blackbird of serenadesw
hile he sings you a sweet lullaby
in the dead of night. 10
in particolare, grazie all’allitterazione meticolosam
ente riprodotta in tra-duzione, com
e nella ripetizione della fricativa dentale sorda /s/: save me
two sighs,…
, save me your voice; nell’epanalessi: think, think; this air, this
air, air; save me, save m
e; blackbird, blackbird; e nella finale ripresa ana-forica: w
hile, while.
Nel com
mentare il suo lavoro di traduzione alle poesie di Serrao,
Bonaffini sottolinea com
e in ultima analisi ciò che deve guidare un tradut-
tore, sia l’individuazione e la resa in traduzione dello stile particolare diciascun autore: “A
vendo tradotto in inglese ’Acanniatura
mi considero in
un certo senso un lettore privilegiato di Serrao, proprio perché per me tra-
durre una poesia è il modo m
igliore per capirla veramente, m
a certo non inun senso intellettualistico. È
il modo più sicuro per entrarvi dentro, per
assimilarla visceralm
ente. Una volta tradotto un libro di poesie, le poesie
stesse si possono col tempo anche dim
enticare, ma quello che rim
ane inde-lebilm
ente, inconfondibile e irriducibile, è la voce del poeta, il ritmo, la
4243
22
musicalità, la qualità sonora del dettato. O
gnuno dei poeti che ho tradotto(C
ampana, L
uzi, Sereni, Pierro, Rim
anelli ed altri) mi ha trasm
esso unasua voce assolutam
ente unica e inconfondibile, e posso quindi dire che laqualità principale del dettato di Serrao che ho interiorizzato non è affattodi dissonanza, di durezza, m
a un senso profondo di armonia, di equilibrio
ritmico, di m
odulazione compositiva. È
innegabile che ci siano delle resi-stenze foniche, densità consonantiche, distorsioni sintattiche, m
a esse sonoil controcanto di una fondam
entale misura ritm
ica su cui si adagia la tona-lità di base, quella tristezza esistenziale di cui si parlava”. 11
Serrao restituisce nel codice delle poesie la pronuncia aspra del caivane-se ottenendo così una scrittura poetica lontana da quella della m
elica digia-com
iana. L’armonia che si cela dietro gli apparenti ostacoli della pronun-
cia, è sapientemente ricreata dal poeta attraverso la costruzione poetica.
Questa arm
onia di fondo nonostante i suoni aspri del caivanese, prima
ancora che essere una potenzialità nelle mani del poeta, è già presente nel
vernacolo, nella sua realizzazione. Non è più solo il poeta con la sua sen-
sibilità poetica ad intuire la potenziale musicalità del dialetto e a crearla
nelle poesie grazie al suo orecchio musicale; il ritm
o, la melodia sem
bra-no essere già presenti nella lingua dell'uso, quando il suo im
piego è unim
piego “letterario”. Serrao tende così a recuperare un altro aspetto dellalingua e del m
ondo della sua infanzia, un aspetto a lui particolarmente
caro, legato a quei mom
enti in cui il codice dialettale smette di essere lin-
gua veicolare
per diventare
protagonista della
costruzione poetica,
im
omenti in cui l’oralità sostituisce la scrittura negli am
biti che le sono pro-pri.
La raccolta poetica di Serrao è ricca di richiam
i a tipi di composizioni
orali, improvvisate com
e i “cunti” (le favole) o composizioni trasm
esseoralm
ente, la cui tradizione è affidata alla mem
oria12com
e le preghiere, lefilastrocche, le ninne-nanne.
Non è un caso che l’ultim
a raccolta poetica pubblicata in Am
erica rechiil titolo C
antalèsiae che le parole leitm
otivdell’intera opera, ripetute
anche più volte all’interno di una stessa poesia, siano riconducibili a com-
posizioni orali, che si tramandano oralm
ente nell’ambito di culture prive di
tradizione scritta come quella contadina a cui fa riferim
ento il poeta13:
cuntoo cuntariello, diasilla
(ninna nanna), serenata, nonna(ninna nanna),
canzone, cantalesia(cantilena).
La volontà dell’autore è quella di recuperare quei m
omenti dell’infanzia
dove la lingua è protagonista, mom
enti della lingua interiorizzati che siaccom
pagnano a scene di un vissuto care al poeta, scene di un mondo
popolare e arcaico:
Èchesta retonniglia
pe’chi nascette sgùbbio’e cennere e m
unigliam
o’siénte ccà…’o tturreno int’’a voce, na sem
mènta
vèrde ’e pparole attuorno…viecchie e criature
arravugliamm
o ll’ore, chi fràvecanu cunto e ll’ate appriésso â vocca a chelli m
mane
ca scugnano ’o ccuntà…
Questa è una tarantella
per chi nacque gobbodi cenere e carbonellasta a sentire…
voci di terra, semenza
verde le parole intorno…vecchi e creatureraggom
itoliamo le ore, chi inventa
una storia e gli altri dietro la bocca quelle mani
che sgranano il racconto…(Semm
ènta vèrde)
I racconti davanti al focolare, le serenate, le filastrocche sono testi desti-nati alla com
unicazione orale che affondano le loro radici in una tradizio-ne plurisecolare. Il poeta si aiuta nel suo lavoro di recupero di questim
omenti della lingua e della cultura a lui care e da lui interiorizzate sca-
vando nella grande tradizione letteraria napoletana. Egli instaura una con-
tinuità con il filone realistico “anti/pre-digiacomiano”
14giungendo, attra-verso la lirica del C
apurro, fino alla grande letteratura del seicento, come
il Cunto
di Basile. Tali opere, se pur di letteratura dialettale riflessa ten-
dono a riprodurre l’oralità, scene popolari quotidiane a cui Serrao si rial-laccia in “una dom
estica ripresa di motivi, di pensieri, rim
asti per tantotem
po estranei alla lirica”. 15Questi poeti hanno dinanzi a sé un patrim
oniodialettale orale im
portantissimo, in cui lingua e tradizione letteraria orale
dialettale sono una realtà viva, forte, che essi tendono a recuperare in tuttala sua vastità e ricchezza, istituendo così legam
i anche con la letteraturaorale.
Nel C
untosi possono scorgere svariate form
e tipiche del testo destinatoall’oralità riprese da Serrao nei suoi com
ponimenti poetici, in particolare
attingendo alla struttura delle egloghe. Non a caso parte dell’egloga I è
4445
23
citata in epigrafe a ’Acanniatura.
La particolare scansione ritm
ica del testo è assicurata dalla ripetizioneche coinvolge il piano lessicale: elencazioni (Serve, stenta, fatica / …
/ desperanze, de m
iereto e de stiento), reduplicazioni (ca vedarrai quante gar-rise e quante / …
/ Non ire sum
mo sum
mo / non ire scorza scorza), cum
u-li sinonim
ici (no boffone, na spia, no Ganim
ede); il piano sintattico: accu-m
ulazioni di frasi con ripresa anaforica (chi le carda la lana, / chi le da pela cegna, / chi le face na ’ntosa, / chi le sisca l’arecchie, / chi le ’ntrona lem
ole, / chi le trova la stiva, / chi le mena li ture, / chi lo scom
ma de sango);
il livello fonetico: allitterazioni e paronomasie (Li suone, s’isso m
agna, loscervellano, / li suonne, s’isso dorm
e, l’atterresceno). Inoltre le sequenzedi form
e parallele che spesso si dispongono in modo da form
are simm
etriespeculari (tanto che m
ai non dorme co arrepuoso, / non m
agna mai co
gusto /… / lo ’nteseca lo friddo, / lo resorve lo caudo, / lo roseca la fam
me,
/ la fatica lo scanna, / .... / luonghe l'affanne e le docezze corte, / la vita’ncerta e secura la m
orte) creano un effetto di parole e espressioni che sirincorrono, si raggiungono, si susseguono. Il racconto si dipana attraversola ripresa o ripetizione di parole o espressioni che perm
ettono la continua-zione del discorso in un incedere m
onotono di periodi lunghissimi. Q
uestoincedere cadenzato attribuisce al testo il suo classico ritm
o cantilenante. L
o stesso effetto ritmico, ottenuto grazie alla continua ripresa di parole
e di suoni in un periodo lunghissimo che dura un’intera strofa, lo ritrovia-
mo ad esem
pio nella poesia Mal’aria
e nella versione inglese di tale poe-sia.
Pe’tutt’a scesa ruciulèa ’a ggente p’’a scesa
scarrupata ’e ccarrettelle d’’a ggenteruciulèano pure d’’a ggente chiòchiara’nzevata ’e suonno ca nun sentechell’ate ruciulià e parla a schiòverestanotte parla ’e pressa a una voceessa ch’è sulam
ente voce.
Dow
n the whole slope people tum
blealong the crum
bling slope people’s cartstum
ble even those belonging to loutsgrim
y with sleep w
ho don’t hearothers tum
bling and talk nonsensetonight they talk hurriedly to a voicethat is only a voice.
La struttura della poesia A
ccussì trase vierno…è data dal continuo inter-
scambio tra sequenze di form
e parallele e figure di inquadramento. L
aprim
a e la seconda strofa contengono varie forme parallele. N
ella prima
strofa compare al v. 2 un inciso sottoform
a di frase interrogativa, un altroinciso, ancora una volta un’interrogativa, com
pare al v. 1 della secondastrofa. A
nche la successione verso ipermetro-verso breve (vv. 4 e 5) della
prima strofa, è ripetuta (vv 1 e 2) nella seconda strofa. Infine la virgola del
v. 3 della prima strofa divide il verso stesso in due em
istichi, isolando cosìi prim
i due versi e il primo em
istichio del terzo verso dal resto della stro-fa. N
ella seconda strofa la virgola divide in due emistichi il v. 3, isolando
il secondo emistichio del v. 3 e gli ultim
i due versi dal resto della secondastrofa. L
e due virgole creano un’incorniciatura isolando al loro interno ledue successioni verso iperm
etro-verso breve: 16
Accussì trase vierno p’’a stessa canniatura
– só ’e ll’at’anno ’e ffelinie? – allicurdàpare na funicella ’e relìque, s’arrognaall’intrasatta quanno spalliata a nu puntone ’e vico ’a
’mpagliasegge... s’allonga
si ’ncanna Fenesta ca lucivefa pampanià sm
icciànnocu ll’uocchie a gguallarèlla ’a ’m
pagliatùra.
Vierno ’o vvi’llòco – che d’è st’appriétto ’e sùrece?- p’’a stessasenga listo
listo addefredda ’e rrecchie d’’e ccriature’mponta, ’e cacciuttiélle
ll’aùna ’a mam
ma O
hi nì!a zucà m
enne ’nnant’ô fuculare.
Nella terza strofa il chiasm
o del v. 4 rafforza la figura di inquadramento
formata dalla lunghezza dei sette versi della strofa stessa:
Appriésso scenne ’o scuro
luce nu micciariéllo ’int’ô m
asonen’ato da ’e m
mane chiare ’e quaccheduno
lùceno vocche capetiélle ’e ggiarre lùcenoe ’a lam
pa ’nfaccia ô muro cum
parènziecóse e scóse, na códa ’e stelle…
allicurdàpare na funicella…
Then darkness falls
4647
24
a match flickers in the room
another in someone’s gossam
er handsm
ouths and nipples glow, jugs w
ater start to glowand the light on the w
allsew
s unsews phantom
s, a stream of stars…
remem
beringseem
s a string…17
Il legame con le opere del seicento è rintracciabile anche nella ripresa di
alcune imm
agini:
(…) só àcene ’e curona
’e pparole…viecchie e criature ’ncuollo
a na jumm
ènta sagliéttemo carrianno
scelle ’e furtuna, i’ne sapevo e quantestorie ’nfantasia (…
);
(…) sono grani di rosario
le parole…vecchi e creature a dorso
di una giumenta salim
mo trascinando
ali di fortuna, io ne sapevo e quantestorie di fantasia (…
);
anche questa strofa è tratta dalla poesia Semm
ènta vèrde, dedicata alla tra-dizione del racconto popolare (vecchi e creature raggom
itoliamo le ore,
chi inventa una storia…); evidente è il richiam
o alla famosa im
magine
della gium
enta, contenuta
nel Viaggio
di P
arnasodi
Giulio
Cesare
Cortese: le M
use so’ghiom
mente d’alloghiero
(giumente d’affitto), “che
chiunque può attaccare al proprio carro”, infatti “Cortese fonda l’accesso
al monte delle m
use esclusivamente sul valore poetico”. 18
Non ha im
por-tanza la lingua con la quale si sceglie di com
porre le poesie, anzi: Trasedove è la F
amm
a, aggie l’attiento / e trase o pe la chiazza o pe lo vico,…(E
ntra dov’è la fama, raggiungi il tuo intento, e entra o attraverso la piaz-
za o attraverso il vicolo). Si può incontrare la fama di poeta anche trattan-
do della materia di tutti i giorni, scendendo nelle strade, utilizzando la par-
lata del popolo: io scrivo comm
o parlo, e la fortuna / po’portare a me puro
fì a la luna(io scrivo com
e parlo, e la fortuna può portare anche me fino
alla luna).Per il poeta di Sem
mènta vèrde
la poesia è nei pezzi di un’antica fila-strocca che ha incastonato nel com
ponimento poetico, è nella scena del
racconto, imm
ersa in un’aura di sogno, in un’atmosfera m
agica, è nel dipa-
narsi del racconto, nel suo ritmo cantilenante, nelle sue parole ’m
pastatede zuccaro e m
èle, che nel loro incedere monotono diventano i grani di un
rosario. A
l tema di una letteratura popolare sem
plice e autentica e nello stessotem
po originaria, incontaminata, lontana dall’artificio della letteratura
dominante, è legata un’altra im
magine che ricorre nell’opera dei seicenti-
sti e che Serrao recupera nella poesia Chill’anno. Q
ui è assegnato valorepoetico ad un altro grande genere della tradizione dialettale orale, destina-to alla m
usica, la serenata:
acconcia è ‘a notte pe’na serenata?N
un scioscia manco nu puntillo ‘e viento,
‘o calascione sona, mena m
e’…
Il ricorso a questo particolare strumento m
usicale, il calascione, ha valo-re m
etaforico, nell’opera dei seicentisti napoletani come nella poesia di
Serrao; esso indica il tipo di opera che l’autore va componendo, dal regi-
stro popolare o basso. Il particolare significato che il calascione assum
eva in campo letterario
era noto
anche al
Basile.
Brevini
così com
menta
alcuni suoi
versi:“N
ell’Egroca nona delle M
use Napolitane (vv. 140-8), apparse nel 1635,
l’autore del Pentam
eronesem
brerebbe interpretare il passaggio dall’es-senzialità del colascione con le sue poche corde alla ricchezza di altri stru-m
enti come un processo di degenerazione della letteratura dell’epoca,
quasi qualcuno avesse guastato l’originaria purezza e semplicità della
musa cortesiana”.
Sia benedetta l’arma a li Spartane,
ca ’mpesero na cetola
perché se nc’era aggionta n’autra corda;ca m
o fuorze faria lo pennericololo m
primm
o ch’ha gu(a)statolo calascione, re de li strom
iente,co tante corde e tante,c’ha perduto lo nom
me e se po’dire:
“Quanto m
utato, ohimé, da chello ch’era!”
Il calascione, dunque è “re de li stromiente” proprio perché ha poche
corde. 19
4849
25
6. Viam
erica: The E
yes
Il volume Viam
erica: The Eyes
pubblicato dalla Guernica in edizione
bilingue nel 1999, è una raccolta di 10 sonetti, scritti a quattro mani da
Achille Serrao e G
iose Rim
anelli. Serrao per l’occasione torna a scriverein italiano, m
a in questi testi non manca l’uso di altre lingue com
e nelsonetto II della raccolta:
Che ne vulite a m
e, chesti ccantateA
luce smessa, con la voce fioca
Só ppetaccélle d’anima e di vanto…
?
Anche la lingua dei sonetti com
posti dal molisano G
iose Rim
anelli, cheoltre ad essere uno dei m
aggiori esponenti della poesia neodialettale hapubblicato opere in inglese e in italiano, è m
olto composita. A
nche per essapiù che di standard dobbiam
o parlare di plurilinguismo, di “nuova koiné”:
Aria di casa senz’altra m
al’ariaInt’a nu juorno e sole, com
’io credo,Viam
erica, Achì, a new
sound, koiné.G
. R.
Giovedì, 25 aprile 1996, Pom
pano Beach, Florida.
(Viamerica: The E
yes, sonetto III)
Il tema del m
istilinguismo dei sonetti è affrontato nella prefazione da
Rebecca W
est, che ritiene tra l’altro l’uso di lingue diverse particolarmen-
te appropriato ad un’opera nata nel Missouri tra la collaborazione di due
italiani di origini regionali diverse e scritta in Florida, a Rom
a e nelM
innesota: “Parlo di un volume ‘m
ultilingue’e non ‘bilingue’
poiché lepoesie sono approntate su una densa tessitura di dialetti e di italiano stan-dard, così com
e di richiami ed eco di m
olte tradizioni poetiche, inclusaquella classica e quella m
oderna, e così, prima ancora che essere un lavo-
ro pubblicato in inglese e italiano questo volume è un arazzo linguistico
decisamente ricco ed intricato”.
Molto significativo è il m
odo originale in cui è nata e si è sviluppata l’o-pera. D
alla prefazione apprendiamo che l’idea della raccolta di sonetti è
nata nel 1996 in seguito ad un incontro tra Giose R
imanelli e A
chilleSerrao
avvenuto in
occasione dell’annuale
conventiondell’A
merican
Association of Italian Studies tenutasi in St. L
ouis. La collaborazione tra i
due poeti si è svolta in maniera del tutto inusuale: “I due poeti com
incia-
rono imm
ediatamente a lavorare alle poesie com
ponendo i primi due
sonetti quando, subito dopo il meeting di St. L
ouis, si trovavano entrambi
in Pompano B
each, Florida. Essi in seguito si affidarono al m
iracolo del-l’e-m
ail per superare la distanza tra St. Paul, Minnesota, e R
oma. B
en pre-sto
alla collaborazione
elettronica si
unirono i
due traduttori
Luigi
Bonaffini e Justin V
itiello”.I due poeti G
iose Rim
anelli e Achille Serrao, com
e tutti i neodialettali,hanno orizzonti culturali larghi e sanno costruire il “discorso alto” dei lorocom
ponimenti poetici utilizzando form
e del dialetto nativo, che conserva itratti della spontaneità e della naturalezza, m
escolandolo a termini o
espressioni mediati da altre culture. Q
uesto lavoro estremam
ente elabora-to è reso possibile dalla distanza non solo fisica dei poeti rispetto alla loroterra di origine; essi infatti non hanno dinanzi a sé lo spazio culturale cir-coscritto dell’orizzonte dialettale bensì orizzonti di cultura internazionale:“Q
uesta decentralizzazione culturale crea una caratteristica tensione tra lavastità delle loro esperienze culturali e l’uso di uno strum
ento linguisticoperiferico, m
entre i referenti culturali non sono più regionali, ma sono let-
terature straniere, in un nuovo sconfinato spazio culturale”. 20
Em
blematico del valore culturale dell’opera Viam
erica: The Eyes
è ilm
ezzo della posta elettronica che ha permesso la collaborazione tra i due
poeti nonostante l’enorme distanza intercorrente tra di loro. Il m
ezzo usatoper com
unicare rispecchia in un certo senso l’ampiezza di orizzonti cultu-
rali dell’opera ma nello stesso tem
po esso si rivela tutt’altro che omolo-
gante. Infatti ha dato ai due poeti la possibilità di collaborare nella risco-perta e nell’afferm
azione di identità culturali ben definite. In tal modo
quindi proprio una realtà globale come Internet è adottata com
e veicolo perl’afferm
azione letteraria di idiomi circoscritti e locali.
Per entrambi i poeti i principali referenti culturali restano testi destinati
all’oralità o che hanno un forte legame con essa. G
iose Rim
anelli, instau-ra una continuità con le grandi tradizioni della lirica e della canzone orale,da un lato il m
ondo della lirica cortese, dall’altro “un altro tipo di poesie edi canzoni orali accentuative chiam
ato Blues” . D
a questi generi l’autoreha m
ediato le caratteristiche dei testi destinati ad essere musicati, attin-
gendo alla loro struttura metrica, alla loro form
a. Infatti, la sua Moliseide
è una raccolta di canzoni e ballate. Nel com
mentare la raccolta, L
uigiB
onaffini nota come la “figura retorica predom
inante e caratterizzante”nell’opera sia “la figura della ripetizione”, in particolare l’anafora che
5051
26
“infonde a Moliseide
un particolare andamento m
elodico e caratteristichecadenze ritm
iche….dalla sobria m
alinconia”. Bonaffini nota com
e la ripe-tizione indichi anche un “ritorno alle origini, un bisogno “di ritornare allasorgente del linguaggio”, è questa la m
otivazione delle operazioni discavo filologico, il bisogno di unirsi a “fonti originarie” com
e quella sei-centista napoletana, la poesia trovadorica o il blues. D
’altronde già negliesperim
enti in lingua di Serrao è avvertibile la necessità di recuperare unalingua autentica, diversa. In C
amm
eo, l’intento del poeta è dichiarato attra-verso il proclam
a dell’omonim
o protagonista del racconto: “Restituirem
oalla lingua l’antica purezza”. 21
Il peso della figura della ripetizione come
mezzo per trattenere, per gustare fino in fondo l’intensità e la risonanza
interiore: parole recuperate ad una lingua originaria, autentiche, preziose,è uno degli elem
enti centrali dei sonetti che per questo ha un grande valo-re m
etapoetico:
…e la parola che non dura?
Mandam
i a cento le tue arse foleA
ncora innamorato della vita,
Non tacere epanalessi antifrasi. 22
APPE
ND
ICE
Intervista ad Achille Serrao
Il professore Luigi Bonaffini del B
rooklyn College ha tradotto e pubblicato in
inglese tutte le sue poesie in dialetto. Analizzando le versioni inglesi, ho notato
come l’ottim
o lavoro di traduzione di Bonaffini nasca da un’acuta e sensibilissi-
ma com
prensione del suo speciale rapporto con il codice dialetto nella composi-
zione poetica. Quest’analisi critica ha portato il traduttore a puntare sul codice
linguistico, e ad individuare uno “stile” del dialetto, mostrando com
e la bellezzadelle poesie dialettali e neodialettali risieda in parte in alcune caratteristiche tipi-che del codice dialettale che lo standard non possiede. Le peculiarità del verna-colo che lei vuole restituire nelle sue opere è anche dovuta al fatto che esso si svi-luppa su un piano prevalentem
ente orale? «M
i trova d’accordo sul riferimento alla “oralità” e soprattutto allo “stile” del
dialetto. Aggiungerei un accenno alla “intraducibilità” (o, quanto m
eno, la forteresistenza alla traduzione) di alcuni lem
mi o passaggi poetici dialettali (m
i riferi-sco, naturalm
ente, al mio dialetto, m
a sono certo che il discorso è molto più gene-
rale). In questi casi, che per mia e per fortuna di m
olti altri poeti l'abilissimo
Bonaffini riduce al m
inimo, il codice m
ostra uno “spessore semantico” che
amm
ette, in altra lingua, solo la perifrasi. Mi viene in m
ente, per esemplificare, il
participio aggettivale “appuccenùto” (che vuol dire: “raggomitolato su se stesso
per paura o per malore”) che è difficilissim
o rendere.»Q
uello dell’intraducibilità è sicuramente il tem
a principale della poesia neo-dialettale. C
redo che i neodialettali cerchino la poesia in quegli elementi del dia-
letto più intimam
ente legati alla realtà vernacolare e quindi più difficilmente tra-
ducibili. Il termine da lei usato: “appucenùto”, è un esem
pio dunque di come sia
impossibile trovare in un’altra lingua un term
ine corrispondente che abbia lostesso contesto di uso, che condivida la stessa realtà, le stesse situazioni in cui iparlanti lo ascoltano e im
parano ad usarlo.«L
'intraducibilità (o la cauta approssimazione all'originale dialettale) è stata e
continua ad essere assillo personale. E' rarissim
o trovare in lingua italiana termini
“che condividano la stessa realtà dialettale, le stesse situazioni in cui i parlantiascoltano il dialetto e im
parano ad usarlo”, come lei giustam
ente mi scrive.
Adifferenza della lingua com
une che viaggia (si evolve) sempre e da sem
presenza bagaglio, il dialetto porta sulle spalle un tascapane (na sporta) zeppo diantropologia, cultura, storia, m
emoria, suoni (com
e prescindere dai suoni!?), etc.;a m
e pare. Il dialetto, “evidenza verbale” carico di sostanza, concretezze, di una
5253
27
28
realtà che lei ha ben colto nella complessità delle sue com
ponenti.»Il suo lavoro di com
posizione poetica è anche metalinguaggio, un m
odo perrecuperare le form
e poetiche, “significative”, già presenti nel codice delle coseum
ili, della semina, dei racconti. Il dialetto, soprattutto per un neodialettale, è
“lingua della poesia” proprio per quegli aspetti che lo contraddistinguono come
“lingua della realtà”. L’elemento poetico del dialetto è nella sua im
mediatezza e
concretezza?«È
verissimo che il dialetto è “lingua della poesia” proprio per quegli aspetti che
lo contraddistinguono come “lingua della realtà”. È
, questo, un dato essenziale:credo non possa darsi poesia in dialetto che ne prescinda. Il che m
i induce adescludere dal novero di questa m
olte operazioni con punti di fuga dominanti verso
la “letterarietà” (amm
esse, al contrario, anzi consacrate da buona parte della criti-ca). C
iò non vuol dire, tuttavia, “ancorare” la poesia dialettale al “realismo” di cui
s’è nutrita alla fine dell’Ottocento e per buona parte del N
ovecento. Tutt’altro.
Escluso tale ancoraggio e verificata, insiem
e, la sussistenza del cordone ombe-
licale lingua locale-humus antropologico e quant’altro, i suoni innanzitutto si
impongono com
e dato imprescindibile della poesia: donde la possibilità di valo-
rizzare l’aspetto fonosimbolico del discorso poetico e am
mettere com
e “speri-m
entalmente” (nella accezione generale del term
ine, non certo storica) possibile lariflessione sul codice dialettale. L
a personale riflessione, peraltro, viene da molto
lontano. Non c’è verso che abbia scritto, privo di (li chiam
erò per comodo in tal
modo) “echi” delle generazioni linguistiche pregresse, della lingua usata e delle
forme di cui si sono nutrite e di cui io stesso sento la necessità di nutrirm
i “con-servando” e “archeologicam
ente” ricuperando. Avverto, in altre parole, una pro-
fonda esigenza di “verifica” o “controllo” e di reimpiego di ciò che linguistica-
mente “era”, se il reim
piego “serve” alla efficacia significante, al suono, alla strut-tura intera del testo poetico. In questo forse riconoscendo un aspetto di “lettera-rietà” del m
io lavoro. Insomm
a, credo che il poeta dialettale abbia notevoliresponsabilità di approfondim
ento, di conoscenza e perfino “applicative”, nonsolo in relazione alla “parlata” del contesto in cui opera, m
a anche al patrimonio
linguistico appartenuto alle generazioni pregresse. Il dialetto è un carro pieno dim
asserizie: amm
ette il televisore fra i beni di trasporto, ma anche “o strum
molo”.»
La sua poesia va letta come un’opera destinata all’oralità. D
all’oralità dinuovo all’oralità attraverso la scrittura.
«Sì, la poesia, naturalmente in dialetto, va letta com
e opera destinata all'oralità(donde, d’altra parte, proviene). C
hi sa che la scrittura, insieme al com
pito di tra-sm
issione delle idee che le è proprio, non risponda per la poesia in dialetto anchead una necessità di “conservazione”, di certificazione del patrim
onio linguistico invia di depauperam
ento e, in alcuni casi, addirittura di estinzione. E con il patri-
monio linguistico, quanta cultura e antropologia etc. andrebbero perduti se... Se
così può essere (e secondo me è), non m
i sentirei di condividere la posizione diG
iacinto Spagnoletti espressa su Poesia
del settembre 1993: “Il problem
a che sipone oggi per la poesia neodialettale è superare la barriera del dialetto reale”. U
naafferm
azione che produrrebbe, nella migliore delle ipotesi, lo “snaturam
ento”della funzione scritturale, nella quale – dicevo – m
i pare implicito (e essenziale) il
compito conservativo della lingua e non solo. Superare il dialetto reale (parlato)
significherebbe scrivere una poesia nella quale l’uso del codice non farebbe “dif-ferenza”. Perché scrivere proprio in dialetto? L
a scelta del codice (o l’esser scelti,com
e sostenuto da alcuni) è motivata da una esigenza elem
entare, che è quellacolta lucidam
ente da Raffaello B
aldini: “Ci sono cose in poesia che possono esse-
re dette solo in dialetto”. Oralità, dunque, e destinazione all’oralità, m
a attraversola scrittura che può certificare la situazione linguistica corrente, m
a anche “ricu-perare” (com
e le ho già detto) – e in moltissim
i neodialettali accade – speleologi-cam
ente lemm
i addirittura arcaici ad uso il più vario nella funzionalità del testo.» Tra il recupero della letteratura popolare e la restituzione sul piano orale, c’è
il passaggio attraverso l’interiorità. Il risultato è un misto di discorso interiore e
di costruzioni di letteratura orale. Metrica novecentesca (ad esem
pio tracce distrutture a chiasm
o, queste ultime m
ediate, credo, dalla poesia napoletana del sei-cento, recuperabili sul piano m
etrico, semantico, sintattico ecc.), sintassi poetica
novecentesca (flusso di pensiero) e forme della tradizione letteraria orale coesi-
stono nella sua opera? «È
proprio la scrittura ad attestare l’avvenuta elaborata “interiorizzazione”, aoffrirne insom
ma “la prova testuale” (testam
entaria, se vuole, in molti casi ora-
mai). Sono con lei in pieno accordo per quanto attiene agli elem
enti con-correntinella m
ia poesia: dalla metrica novecentesca (geniale quell’aver colto le strutture
a chiasmo m
ediate dalla poesia napoletana del Seicento) al flusso di pensiero.»Lei parla di una m
aggiore “ricchezza” del dialetto. La sua particolare ricchez-za è dovuta anche alla presenza di form
e letterarie nella lingua dell’uso, o, come
ho avuto modo di notare, alla presenza, in questo codice, della scrittura nell’ora-
lità?«Concordo su quanto m
i scrive a proposito della “ricchezza” del dialetto dovu-ta alla presenza di form
e letterarie nella lingua dell'uso, ma prim
a ancora io vedoe sento ricchezza nello stesso “consistere” concreto e virginale (e intraducibilespesso) del lessico, parola per parola, la ricchezza che può consentire form
e come:
’Am
eglia parola è chella ca nun se dice.»
5455
NO
TE
Introduzione1Soltanto nell’ultim
o decennio sono state pubblicate tutte le edizioni di seguito riportate, elen-cate da L
uigi Bonaffini in nota al suo scritto G
iose Rim
anelli e la poesia neodialettale negliStatiU
niti, http//:userhome.brooklyn.cuny.edu/bonaffini/D
P/index.html: A
bandoned Places,
di Tonino Guerra, curato e tradotto da A
dria Bernardi, Toronto, G
uernica, 1997; ’Acanniatu-
ra / The Crevice,
di Achille Serrao, edizione trilingue, curata e tradotta da L
uigi Bonaffini,
New
York, Peter L
ang Publishing, 1995; Lu pavone- La sdrenga/ The Peacock
– The Scraper,
di Giuseppe Jovine, edizione trilingue, curata e tradotta da L
uigi Bonaffini, N
ew Y
ork, PeterL
ang Publishing, 1994; The Poetry of N
ino Martoglio, curato e tradotto da G
aetano Cipolla,
New
York, L
egas, 1993; The Discovery of A
merica, di C
esare Pascarella, curato e tradotto daJohn D
u Val, Fayetteville, T
he University of A
rkansas Press, 1991; Malidittu la lingua /
Dam
ned Language, di Vincenzo A
ncona, curato e tradotto da Gaetano C
ipolla, New
York,
Legas, 1990; Tales of Trilussa, curato e tradotto da John D
u Val, Fayetteville, T
he University
of Arkansas Press, 1990. R
ecentissime sono le traduzioni di L
uigi Bonaffini dell’opera di
Eugenio C
irese, Molisan P
oems, G
uernica, 2000 e di Albino Pierro, Selected P
oems,
Guernica, 2002.
2Michele Pane nacque a C
atanzaro nel 1876. Dopo gli studi em
igrò negli Stati Uniti, stabilen-
dosi a Brooklyn. C
ollaborò a varie testate italiane diffuse tra gli emigranti. M
orì a Chicago nel
1953.Tra le sue opere ricordiam
o le raccolte Viole e ortiche, New
York,Stabilim
ento elettricoC
alvosa & C
o., 1906; Accuordi. Stroffe ’n calavrise, N
apoli, Casella, 1911; Sorrisi, N
ewY
ork,The E
mporium
Press, 1914; Peccati, ivi, 1917; G
aribaldina. Rapsodia in dialetto cala-
bro, New
York, IL
EB
, 1949; Lu calavrise ’ngrisatu, Brooklyn, A
rt Press. Oggi i suoi testi si
leggono nell’ampia antologia Le poesie, a cura di G
. Falcone e A. Pirom
alli, Soveria Mannelli,
Rubettino, 1987.
3uorcu= w
ork.4G
uazza-marra-vajù?
= What’s the m
atter with you?
5Franco B
revini così ha definito l’opera di Achille Serrao nella sua prefazione alla raccolta
Semm
ènta vèrde(1996) E
dizioni dell’Oleandro. L
o scrittore mette in risalto l’opposizione nel-
l’opera del poeta tra termini del dialetto m
arcati in senso umile e un discorso che invece tende
ad un registro allusivo che va al di là delle cose: “I versi sono insomm
a circonfusi di un’auram
etafisica, meno essenziale e necessaria di quanto appaia il suo dialetto”.
6B
onaffini L., G
iose Rim
anelli e la poesia dialettale negli Stati Uniti, http//:userhom
e.brooklyn.cuny.edu/bonaffini/D
P/index.html
7Joseph T
usiani ha composto le seguenti opere dialettali: Làcrem
e e sciure [Lacrim
e e fiori],prefazione di T. N
ardella, Foggia, Cappetta, 1955 (2ª ed. a cura di A
.Motta, San M
arco inL
amis, Q
uaderni del Sud, 2000); Tìreca tàreca. [Tiritera].P
oesie in dialetto garganico, SanM
arco in Lam
is, Quaderni del Sud, 1978; B
ronx, Am
erica. Poesie in dialetto garganico,
Manduria, L
acaita, 1991; Annem
ale parlante [Anim
ali parlanti], San Marco in L
amis,
Quaderni del Sud, 1994; La poceide [L’epica della pulce]. P
oemetto in dieci canti in dialetto
garganico,a cura di A
.Siani, ivi, 1996; Na vota è ‘m
pise Cola [U
na volta sola s’impicca
Cola]. F
avola in dieci canti in dialetto garganico, traduzione A.Siani, postfazione C
.Siani,ivi, 1997; Li quatte staggione e poesie ritrovate [L
e quattro stagioni], traduzione A.Siani, ivi,
1998; Lu deddu [Il diluvio]. Poem
etto in ottava rima in dialetto garganico, a cura di A
. Siani,ivi, 2000; Lu ponte de sòla [Il ponte di cuoio]. M
elodramm
a in dieci canti in dialetto garga-
nico, a cura di A.Siani, ivi, 2001; La prim
a cumpagnia, a cura di A
.Siani, ivi, 2002; Lu cuntede P
asqua [La favola di Pasqua]. A
tto unico in tre scene, a cura di A.M
otta, ivi, 2003.8G
iose Rim
anelli scrive in italiano, in inglese e nel suo dialetto. Ha com
posto in dialetto dueraccolte di poesie: M
oliseide, New
York, Peter L
ang, 1992; I rascenìje, Faenza, Moby D
ick,1996.
Capitolo I
1Molto probabilm
ente l’autore ha tradotto molte poesie in dialetto senza conoscerne la relativa
traduzione in italiano e servendosi dei seguenti strumenti di lavoro, citati all’inizio del capi-
tolo sulla poesia campana:
- Altam
ura A., Il dialetto napoletano, N
apoli, Fiorentino, 1961.- B
attista M. C
., “Lingua, dialetto e am
biente socioeconomico nel napoletano”, in L’in-
segnamento dell’italiano in Italia e all’estero, a cura di M
. Medici e R
. Simone, , R
oma,
Bulzoni, 1971, vol. 2, pp. 155-204.
- Bichelli P., G
ramm
atica del dialetto napoletano, Bari, Pegaso, 1974.
- D’A
scoli F., Lingua spagnuola e dialetto napoletano, Napoli, L
ibreria scientifica editrice,1972.- A
ltamura A
., Dizionario dialettale napoletano, 2ª edizione, N
apoli, Fiorentino, 1968.- A
ltamura A
., Le voci di Napoli, N
apoli, Società editrice napoletana, 1977.- D
’Ascoli F., D
izionarietto etimologico napoletano, N
apoli, Delfino, 1979.
- Salzano A., Vocabolario napoletano-italiano, italiano-napoletano.
Napoli, Società editrice
napoletana, 1979.- V
olpe P.P., Vocabolario napolitano-italiano, Bologna, Forni, 1970.
2Haller H
. W. The H
idden Italy, Detroit, W
ayne State University Press, 1986, pp. 22.
3D
ialect Poetry of Southern Italy, Texts and criticism
, Edited by L
uigi Bonaffini, N
ew Y
ork,L
egas, 1997, p. 12.4L
a traduzione italiana delle poesie di Di G
iacomo è di P.P. Pasolini, la traduzione inglese di
M. Palm
a. Alcune traduzioni italiane delle poesie del R
usso sono di C. B
ernari altre diPratolini-R
icci. Le traduzioni in inglese sono di L
. Bonaffini. L
e traduzioni delle poesie di R.
Viviani in italiano sono di G
. Spagnoletti-C. V
iviani, in inglese di M. Palm
a. Infine, gli stes-si autori A
. Serrao, T. Pignatelli, M. Sovente hanno fornito le traduzioni in italiano delle loro
poesie, tradotte in inglese da L. B
onaffini.5
L’Altam
ura riporta sotto la voce freddegliusola seguente definizione: “lat. m
ed. Frigidosus,agg. F
reddoloso” . Ma freddoloso allude a una disposizione psicologica (soggettiva) più che
ad uno stato dipendente da una causa precisa (oggettiva). Cioè: si può essere freddolosi anche
in assenza di agenti climatici esterni. Si è infreddoliti quando si avvertono gli effetti di un fred-
do esterno.6C
he buo’cchiù?, la traduzione di Pasolini riportata nell’antologia è Che vuoi di più
ed è molto
simile alla versione italiana proposta da Serrao: C
he vuoi più. La traduzione è contenuta nel-
l’antologia La poesia in dialettodi Franco B
revini, Milano, M
ondadori, 1999, vol. terzo, p.3238.
Capitolo II
1 Bonaffini L
., “Traditori in provincia. A
ppunti sulla traduzione dal dialetto”, Italica72, 3
(Summ
er 1995), pp.209-227.2B
onaffini L. ed., D
ialect Poetry of Southern Italy, B
rooklyn, NY
, Legas, 1997.
3Serrao A., ’A
canniatura / The Crevice, translated and edited by L
uigi Bonaffini, N
ew Y
ork,Peter L
ang, 1995, p. 88.4B
onaffini L., Traditori in provincia. A
ppunti sulla traduzione dal dialetto, cit.
5657
29
3058 5Per il suo studio teorico sulla traduzione dal dialetto, B
onaffini si è servito della collaborazio-ne dei vari traduttori dell’antologia D
ialect Poetry of Southern Italy, tra cui M
. Palma e A
.M
olino, che hanno contribuito con varie osservazioni ricavate dal loro studio di traduzionedelle poesie in dialetto.
6Bonaffini L
., Dialect P
oetry of Southern Italy, cit., pp.49-70.7H
aller H. W
., The Hidden Italy, cit., p.45.
8Bonaffini L
., “Traditori in provincia.”, cit.
9Grassi C
., Sobrero A. A
., Tellmon T., F
ondamenti di dialettologia italiana, R
oma-B
ari, Editori
Laterza, 1997, pp. 26-28.
10Grassi-Sobrero-Tellm
on, cit., p.28.11Z
ilio G. M
., “Com
e Zanzotto traduce se stesso”. Q
uaderni veneti, Dicem
bre 1991, pp. 95-107.L
o studio è riportato da Luigi B
onaffini in “Traditori in provincia”, cit.
12B
revini F., La poesia in dialetto, Milano, M
ondadori, 1999, Volum
e I, Introduzione, pag.X
CV
III.13
Brevini F., Le parole perdute. D
ialetti e poesia nel nostro secolo, Torino, Einaudi, 1990, p.
136, nota 1.14L
urati O., D
ialetto e italiano regionale nella Svizzera italiana, Lugano, B
anca Solari & B
lum,
1976.15L
urati, cit., p.12.16L
urati, cit., p.16.17L
e poesie analizzate sono tratte dalle seguenti raccolte: La poesia in dialettodi Franco B
revini(1999); The H
idden Italydi H
ermann W
. Haller (1986); D
ialect Poetry of Southern Italy
diL
uigi Bonaffini (1997); Via Terra
di Achille Serrao (1999); C
antalèsiadi A
chille Serrao(1999).
18Lurati, cit., p. 17.
19L’A
ltamura riporta la seguente definizione: sènzo
< lat. Sensus, s.m., “senso, sentim
ento;sapore, condim
ento (sènzo d’àglio, ’e cëpólle)”. (Altam
ura A., D
izionario dialettale napole-tano, N
apoli, Fausto Fiorentino, 1956).20A
ltamura A
., cit.21D
’Ascoli F., D
izionario dei sinonimi e dei contrari del dialetto napoletano, N
apoli, A.G
allinaE
ditore, 2002.22U
sco, “in dialetto calabrese, con questa voce si indica un gioco infantile; il significato del sin-tagm
a è “afferri chi può”. La locuzione si fa risalire al greco
ischo=”io prendo”. L
a nota filo-logica è tratta da Serrao A
., Semm
ènta vèrde, Rom
a, Edizioni dell’O
leandro, 1996, p. 100.23
’Mm
ano a chillo, ’mm
ano a Franceschiello, ’m
mano a P
appagone: significano “al tempo
di…(o genericam
ente “tanto, tanto tempo fa”)”, con riferim
ento soprattutto a sovrani e perso-naggi im
portanti: la voce ’mm
anoderiva dal fatto che l’autorità regia era rappresentata dallo
scettro, tenuto, appunto, in mano. (D
a Serrao A., Sem
mènta vèrde, cit.).
24Da A
ltamura A
., Dizionario dialettale napoletano, cit.
25Zeppa < lat cippus (incr. con long. Z
apfo?) s.f. zeppa (pezzetto di legno per stringere, ottura-re, livellare). D
a Altam
ura A., D
izionario dialettale napoletano, cit.26P
èdë catapèdë < gr. πο ∼υ≤ κατα
ποδο′≤, locuzione avv. “passo dietro passo, adagio adagio”
(da Altam
ura A., D
izionario dialettale napoletano, cit.).27P
èdë< lat. P
edes, s. m., “albero”, “tronco”, “ram
o”. (Da A
. Altam
ura, Dizionario dialettale
napoletano, cit.).28
Lavarella= “rigagnoletto, rivoletto” (da A
ndreoli R., Vocabolario napoletano, italiano,
Napoli, B
erisio, 1966.29Legnesante
= “Kaki, loti”. E
tim.: evidente, con riferim
ento all’albero ritenuto sacro agli dei
o, secondo una versione popolare, con riferimento al legno utilizzato per costruire la croce del
Cristo. (D
a Serrao A., Sem
mènta vèrde, cit.).
30Càntero: il pitale, il vaso da notte, usato un tem
po da tutti gli esseri umani e recentem
ente sol-tanto dai nostri pargoli, è quello strum
ento che serve a liberare le viscere di tutto il materiale
di risulta del nostro organismo. Indica anche, in senso figurato, un uom
o di poca considera-zione, di poco valore. L’origine può essere duplice: latino: “cantharus”; greco: “kantharos”.Provengono entram
bi dalla stessa radice: “Kant” che indica curvatura. (da L’etim
ologia diN
apoletanità, ww
w.napoletanità.it).
31D
iécëloc. “un pezzo di…
” (nu diéce ’e mariuólo). (da A
ltamura A
., Dizionario dialettale
napoletano, cit.).32M
unaciéllo = s.m. dim
. Trasl. “folletto, gnom
o che apparirebbe nelle case (vestito da mona-
co e con uno zucchetto rosso in testa) per smuovere m
obili, nascondere oggetti, ecc.” (daA
ltamura A
., Dizionario dialettale napoletano, cit.).
33Lurati O
., Dialetto e italiano regionale nella Svizzera Italiana, cit., a p. 41.
34Petrèra, la “pietraia” ha l’equivalente dialettale in ’o petraro
che, oltre ad indicare un luogoricco di ciottoli e pietre, è toponom
astico di “località fra Corso E
manuele e il V
omero, antico
sito di villeggiatura”. Il femm
inile, ’a petrèraè in uso nella provincia di N
apoli e vuole ren-dere, per contrasto al toponom
astico, un luogo petroso e desolato (da Serrao A., Sem
mènta
vèrde, cit.).35Terracini B
., Il problema della traduzione, M
ilano, Serra e Riva editori, 1983, pp. 66-67. Sono
note le riflessioni sull’argomento lasciate da G
iacomo L
eopardi nello Zibaldone. In esse, tral’altro, si legge: “L
e idee concomitanti che ho detto esser destate dalle parole anche le più pro-
prie, a differenza dei termini sono le infinite idee ricordanze ec. annesse a dette parole, deri-
vanti dal loro uso giornaliero, e indipendenti affatto dalla loro particolare natura, ma legate
all’assuefazione, e alle diversissime circostanze in cui quella parola si è udita o usata.”
(Zibaldone, 15 Settembre, 1821).
36Bonaffini L
uigi, Traditori in provincia. Appunti sulla traduzione dal dialetto, cit.
37In Bonaffini, cit.
38In Bonaffini, cit.
39In Bonaffini, cit.
40Per esemplificare la differenza fondam
entale che intercorre tra la definizione di “vernacolo”in italiano e in inglese possiam
o ricordare l’opera del Meli, D
on Chisciotti e Sanciu P
anza. Inessa vi è un’intera gradazione di “stili” che vanno dal “siciliano illustre” al siciliano parlatonelle strade. C
iò dimostra che il dialetto conosce al suo interno una diversificazione sui vari
piani, diastratico, diafasico, ecc., ed è quindi una lingua autonoma. O
gni vernacolo, nell’ac-cezione inglese del term
ine, coincidendo con un’unica varietà espressiva, non può essere con-siderata una lingua autonom
a. Oltre ad essere strutturata su diverse varianti del siciliano, l’o-
pera del Meli contiene anche dei passaggi di toscano letterario alto e parti in cui al toscano let-
terario è sovrapposto il dialetto. La convivenza in un unico testo di più varianti di un dialetto,
del toscano letterario, di un dialetto mescolato ad esso, è la dim
ostrazione dell’enorme diffi-
coltà di rendere conto in lingua inglese della particolare realtà linguistica italiana.41A
nche Miller W
illiams, che si è occupato della versione inglese dei sonetti in rom
anesco delB
elli, osserva: “Se rendessimo le poesie in qualsiasi tipo di slang, dialetto, jive talk, li senti-
remm
o come la m
edia-alta classe del popolo romano li avrebbe sentiti e li sentirebbe ora” e
conclude che il modo m
igliore è tradurre in un inglese privo di forti connotazioni, sentito daiparlanti com
e lingua della normale conversazione, così com
e il romanesco era ed è la lingua
naturale per il popolo di Rom
a.” (Sonnets of G.B
elli, Baton R
ouge and London, L
ouisianaState U
P, 1981) p. XX
II.
59
42Grassi C
., Sobrero A. A
., Tellmon T., F
ondamenti di dialettologia italiana, cit.
Capitolo III
1Mengaldo P. V
., Storia della lingua Italiana. Il Novecento, B
ologna, Il Mulino, 1994, p. 234.
2Diverse Lingue,n. 9, gennaio 1991, pp. 19-21.
3Il verso è contenuto nella poesia Na rosa rosa, dedicata a C
odroipo e alla sua lingua; “ât” e“is” sono due desinenze del friulano.
4Anche se quella adottata da Serrao è una soluzione fonologico-grafica non diffusa, bisogna
tener presente che non esiste una tradizione normativa esplicita in fatto di scrittura dialettale.
5Bonaffini L
., Traditori in provincia. Appunti sulla traduzione dal dialetto, cit..
6Serrao A., ’A
Canniatura / The C
revice, New
York, Peter L
ang, 1995.7Serrao A
. Semm
ènta vèrde, cit. (La dichiarazione è contenuta nelle note poste al term
ine del-l’opera).
8Diverse lingue, n. 9, gennaio 1991, pp. 19-21.
9Cit. in B
revini F., Le parole perdute, cit., p. 137.10L
a versione inglese della Poesia Ducezza cim
marèlla
sopra riportata è contenuta nella raccolta’A
Canniatura. R
ispetto ad essa la versione inglese contenuta nella raccolta Cantalèsia
pre-senta alcune varianti. C
ambia com
pletamente il prim
o verso con una traduzione più aderenteal contenuto m
a che presenta una minore resa sonora: K
eep me in your thoughts for you’re in
mine. U
n altro cambiam
ento si registra nella qualificazione del sostantivo dolcezza, il diffici-le aggettivo cim
arèllanon è più reso con l’aggettivo inglese deep
bensì con il più informale e
più adatto tip-top(di uso fam
iliare). Infine nella traduzione contenuta in Cantalèsia
heart-breaking
viene corretto con il più esatto heartstealing.11B
onaffini L., A
chille Serrao e la poesia neodialettale napoletana, cit.12G
entili B., C
atenacci C., “L
a riscoperta della voce”, in Manuale di letteratura italiana, Storia
per generi e problemi, a cura di B
rioschi F., Di G
irolamo C
., Torino, Bollati B
oringhieri, 1993,vol IV
, pp. 285-304, a p. 285.13O
ltre ai sostantivi che si riferiscono alle composizioni, le poesie sono ricche anche di predi-
cati che esprimono l’atto della com
unicazione orale (la performance): cuntà (raccontare),
cantà, sescà (fischiare).14R
eina L., R
avesi M., “L
e letterature dialettali”, in Storia della letteratura italiana, a cura diM
alato E., R
oma, Salerno editrice, volum
e IX, pp. 1245-1368, a p. 1336.
15Spagnoletti G., postfazione a ’A
canniatura, cit.16Stussi A
., “Gram
matica della poesia: appunti sui versi tursitani di Pierro”, in Lingua, dialetto
e letteratura, Torino, Piccola biblioteca Einaudi, 1993, pp. 184-196.
17Nella versione contenuta in C
antalèsiail verbo to sew
è sostituito dal verbo to weave: w
ea-ves unw
eaves phantoms…
18Brevini F., La poesia in dialetto, cit., p. 694
19Il calascione
era un tipico strumento popolare, sim
ile al liuto e con un numero lim
itato dicorde.
20B
onaffini L., G
iose Rim
anelli e la poesia dialettale negli Stati Uniti, http//:userhom
e.brooklyn.cuny.edu/bonaffini/D
P/index.html.
21Serrao A., C
amm
eo, in Retropalco, Faenza, M
obydick, 1995, pp. 101, 102.
6061
31
BIB
LIO
GR
AFIA
Andreoli R
., Vocabolario napoletano italiano, Napoli, B
erisio, 1966A
ltamura A
., Dizionario dialettale napoletano, N
apoli, Fausto Fiorentino, 1956B
àrberi Squarotti G., La poesia dialettale, in Storia della civiltà letteraria italiana, Torino,
UT
ET, V
ol. 5, to. II, 1996, pp. 1079-1110B
asile G., Lo cunto de li cunti, a cura di M
. Rak, M
ilano, Garzanti, 1999
Beltram
i P., “La versificazione”, in F. B
rioschi, C. D
i Girolam
o (a cura di), Manuale di lettera-
tura italiana, Storia per generi e problemi, Torino, B
oringhieri, vol. IV, 1993, pp.
239-258B
onaffini L., A
chille Serrao e la poesia neodialettale napoletana, http//:userhome.brooklyn.
cuny.edu/bonaffini/DP/index.htm
lB
onaffini L., G
iose Rim
anelli e la poesia dialettale negli Stati Uniti, http//:userhom
e.brooklyn.cuny.edu/bonaffini/D
P/index.html
Bonaffini L
., “Traditori in provincia. A
ppunti sulla traduzione dal dialetto”, Italica72, 2 (E
state1995)
Bonaffini L
., (a cura di) Dialect P
oetry of Southern Italy, Brooklyn, N
ew Y
ork, Legas, 1997
Brevini F., Le parole perdute. D
ialetti e poesia nel nostro secolo, Torino, Einaudi, 1990
Brevini F., “I dialetti letterari”, in F. B
rioschi, C. D
i Girolam
o (a cura di), Manuale di lettera-
tura italiana, Storia per generi e problemi, Torino, B
oringhieri, vol. IV, 1993, pp.
225-238 B
revini F., (a cura di) La poesia in dialetto. Storia e testi dalle origini al Novecento, M
ilano,M
ondadori, 1999.C
hiesa M., Tesio G
., Il dialetto da lingua della realtà a lingua della poesia, Torino, Paravia,1978
Contini G
., “Espressionism
o letterario”, in Enciclopedia del N
ovecento, Rom
a, Istituto dell’En-
ciclopedia Italiana, 1977, pp. 780-901.C
ortelazzo M., M
arcato C., D
izionario etimologico dei dialetti italiani, M
ilano, Garzanti, 2000
Croce B
., Uom
ini e cose della vecchia Italia, serie I, Bari, L
aterza, 1927, pp.225-234C
rystal D., E
nciclopedia Cam
bridge delle scienze del linguaggio, ediz. ital. a cura di PierM
arco Bertinetto, B
ologna, Zanichelli, 1993
D’A
scoli F., Dizionario E
timologico N
apoletano, Napoli, Fratelli C
onte Editori, 1968
D’A
scoli F., Nuovo vocabolario del napoletano, N
apoli, Gallina, 1993
D’A
scoli F., Dizionario dei sinonim
i e contrari del dialetto napoletano, Napoli, G
allina, 2002D
e Blasi N
., Imperatore L
., Il Napoletano parlato e scritto, N
apoli, Dante &
Descartes, 2000
Ferroni G., Storia della letteratura italiana, D
all’ottocento al novecento, Torino, Einaudi
Scuola, 1991Fulco G
., La letteratura dialettale napoletana. Giulio C
esare Cortese e G
iovan Battista B
asile.P
ompeo Sarnelli, in Storia della letteratura italiana, diretta da E
nrico Malato, vol.
V, R
oma, Salerno editrice, 1997, pp. 813-867
Gentili B
., Catenacci C
., “La riscoperta della voce”, in F. B
rioschi, C. D
i Girolam
o, Manuale
di letteratura italiana, Storia per generi e problemi, Torino, B
oringhieri, vol. IV,
1993, pp. 285-304G
iachery E., D
ialetti in Parnaso, A
gnano Pisano, Giardini, 1992
Grassi C
., Sobrero A. A
., Tellmon T., F
ondamenti di dialettologia italiana, R
oma, E
ditoriL
aterza, 1997
Haller H
. W., The H
idden Italy, Detroit, W
ayne State University Press, 1986
Haller H
. W., La festa delle lingue: la letteratura dialettale in Italia, R
oma, C
arocci, 2002L
eopardi G., Zibaldone di pensieri, edizione critica e annotata a cura di G
iuseppe Pacella,M
ilano, Garzanti, 1991, [1701-1703]
Lurati O
., Dialetto e italiano regionale nella Svizzera Italiana, L
ugano, Banca Solari &
Blum
,1976
Mengaldo P.V
., Storia della lingua italiana. Il Novecento, B
ologna, Il Mulino, 1994
Paccagnella I., “Il plurilinguismo e i dialetti in funzione letteraria”, in F. B
rioschi, C. D
iG
irolamo ( a cura di), M
anuale di letteratura italiana. Storia per generi e proble-m
i, Torino, Bollati B
oringhieri, vol. II, pp. 134-145Paccagnella I., “Plurilinguism
o letterario: lingue, dialetti, linguaggi”, in Letteratura ItalianaE
inaudi, diretta da A. A
sor Rosa, vol. II in P
roduzione e consumo, 1983, pp. 103-
167Paccagnella I., “U
so letterario dei dialetti”, in Serianni L., T
rifone P. (a cura di),Storia della lingua italiana. V
olume terzo: Le altre lingue, Torino, E
inaudi, 1994, pp. 495-539Pasolini P. P., D
ell’Arco M
ario, Poesia dialettale del N
ovecento, Parma, G
uanda, 1952Pasolini P. P., P
assione e ideologia, Milano, G
arzanti, 1960 R
eina L., R
avesi M., “L
e letterature dialettali” in Malato E
. (a cura di), Storia della letteraturaItaliana, R
oma, Salerno editrice, vol. IX
, pp. 1245-1368R
imanelli G
., Serrao A., Viam
erica: the Eyes, bilingual edition, translated by L
uigiB
onaffini and Justin Vitiello , Toronto, G
uernica, 1999Segre C
., “Polemica linguistica ed espressionism
o dialettale nella letteratura italia-na”, in Lingua, stile e società, M
ilano, Feltrinelli, 1963, pp. 397-426Segre C
., I segni e la critica, Torino, Einaudi, 1969
Segre C., “Stile” in E
nciclopedia, vol. 13, Torino, Einaudi, 1981, pp. 549-565
Serrao A., ’A
canniatura / The Crevice, translated and edited by L
uigi Bonaffini,
New
York, Peter L
ang, 1995Serrao A
., Retropalco, Faenza, M
obydick, 1995Serrao A
., Semm
ènta vèrde, prefazione di F. Brevini, R
oma, E
dizioni dell’Oleandro, 1996
Serrao A., C
antalèsia, Poem
s in the Neapolitan D
ialect (1990-1997), edited andtranslated by L
uigi Bonaffini, N
ew Y
ork, Legas, 1999
Serrao A., Via terra: an A
nthology of Contem
porary Italian Dialect P
oetry/ edited
by Achille Serrao, L
uigi Bonaffini and Justin V
itiello, New
York, L
egas, 1999Sornicola R
., Stilistica, LR
L, vol IV
, Max N
iemeyer V
erlag, Tübingen, 1988, pp. 144-157
Stussi A., Lingua, dialetto e letteratura, Torino, Piccola biblioteca E
inaudi, 1993Terracini B
., Analisi stilistica: teoria, storia, problem
i, Milano, Feltrinelli, 1966
Terracini B., Il problem
a della traduzione, Milano, Serra e R
iva editori, 1983V
olpe P. P., Vocabolario napolitano-italiano, Bologna, Forni, 1969
32