albero illuminazione
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19 19 vereleradiciversoilcielo,sembraun'assurdità, un evidente sovvertimento del pensiero co mune. Eppurepotrebbeessereunacuraperilgenereumano, a quel suo senso di sradicamento che lo porta ad af fermare, a volte imporre, la propria idea di identità e il proprio interesse su tutto e su tutti. Delle radici che traggono il loro nutrimento dall’alto invece che dal bbiamo fretta, tutti molta fretta ma Tiziano ci di Elisabetta Gatti CN n. 2 2010TRANSCRIPT
bbiamo fretta, tutti molta fretta ma Tiziano ci
Fotografia
L’albero dell’illuminazioneTrasformare la fotografia in poesia e parlare dei pensieri più raffinati dello spirito
umano è un antidoto contro il ritmo incalzante della nostra vita.
E’ questo che Tiziano Fratus ci propone con i “suoi” alberi.
Avere le radici verso il cielo, sembra un'assurdità,un evidente sovvertimento del pensiero comune.
Eppure potrebbe essere una cura per il genere umano,a quel suo senso di sradicamento che lo porta ad affermare, a volte imporre, la propria idea di identità eil proprio interesse su tutto e su tutti. Delle radici chetraggono il loro nutrimento dall’alto invece che dal
di Elisabetta Gatti
Le sue profonde riflessioni, ci portano lontano, alleradici della saggezza umana. aprendoci scenari inconsueti o dimenticati. Al tempo stesso ci mostra inuna sorta di diario di bordo del suo processo diricerca mentale, ma anche spaziotemporale, delleantiche radici dell’umanità che, come l’autore ciricorda, non appartengono alla terra ma al cielo.
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basso, ci obbligano a cambiare totalmente la prospettiva.E’ così che Tiziano Fratus ci prende alla sprovvistacon i suoi appunti sull’albero dell’illuminazione,l’Asvattha. Uno scrittore, un poeta e un insolito fotografo, che ci sorprende con ritratti in bianco e nero dialberi centenari. Lo stile delle sue immagini è quello di proporre sial’insieme sia il dettaglio delle forme originali enaturali che il mondo vegetale può creare, se solo glisi lasciasse più tempo.Già, all’albero occorrono moltianni, anzi secoli per mostrarsi in tutta la sua maestosanobiltà e bellezza. E’ sicuramente molto più del tempo che l’essereumano oggi è disposto a concedere a chiunque.Acostringe a fermarci.
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“Il primo verso della quindicesima lettura o capitolodel Bhagavad Gita, testo sacro dell’induismo, partedel più ampio Mahabharata, introduce alcuni deipiù discussi alberi mai descritti:Il beato disse:
1. Parlano di un eterno Asvattha con radici inalto e rami in basso, le cui foglie sono i Vedas;chi lo conosce, è un conoscitore dei Veda.2. Sopra e sotto si disperdono i suoi rami, nutritidai Gunas (gli elementi); i sensi-oggetti sono isuoi germogli; e sopra nel mondo dell’uomo sidispiegano le radici, che generano azioni.
Secondo alcune interpretazioni letterarie e religiosel’Asvattha o Ficus religiosa (detto anche Pippal o Pip-pala) è un albero che ramifica le proprie radici,ovvero nel tempo le radici si innalzano diventandocome dei rami.Questa spiegazione però non haalcuna dimostrazione scientifica, botanica. Alcuni commenti presenti sui volumi che posseggoin casa, ovvero la versione bilingue in sanscrito einglese curata da Swami Swarupananda, pubblicataa Calcutta e che ho acquistato a Singapore, nel quar-tiere indiano, e quella italiana curata da RanieroGnoli, parlano dello sviluppo delle radici di questialberi che nel tempo si fanno rami. Le foto che horaccolto di questi esemplari, compreso quella di un-grande esemplare presente nel giardino botanico diPalermo, non mostrano questo sviluppo aereo delleradici. E’ il caso anche dell’esemplare più famoso, ilSri Maha Bodhi nel tempio di Mahabodhi, a novantaseikm dalla città di Patna, capitale dello stato di Bihar,nel nord est dell’India. La leggenda narra che il Sid-dhartha Gautama si sarebbe illuminato diventandoBuddha proprio stando sotto questo albero anticcosì come descritto anche in tanti racconti e nel filmdi Bernardo Bertolucci. Storicamente è certo questo albero sia stato piantato da mano umana 288 a. C., e rappresenta il più antico esemplare angiosperma mai piantato dall’uomo. Cerco di capChiedo quindi una spiegazione ad una poeteindiana mia amica, Mani Rao, che vive da divanni negli Stati Uniti ed ha tradotto, in inglese attuproprio quest’opera che uscirà per Penguin India.In attesa della spiegazione di Mani ecco al lettuna mia “traduzione” del significato. L’obiettivo un saggio è tagliare con la spada le radici di quesalbero di modo da poter agire senza essere inganno trascinato dai sensi, e quindi dall’attaccamenalle cose. Lo dicono anche i maestri Jedi.A questo punto bisognerebbe spiegare cosa accal personaggio principale del Bhagavad Gita, il Bema ci svieremmo dal nostro interesse principale: dare a cercare quegli alberi reali e immaginari che
mondo offre. A questa mia sintetica risposta pregna di materialismoeuropeo si contrappone la risposta che mi ha scrittoMani Rao: «L’idea è che il nostro corpo fisico è unaradice. Siamo immersi nelmondo (fisico), così possiamo
assorbire le lezioni di questo mondo. Il nostro vero
essere, il nostro corpo reale è invisibile, aereo, e i
suoi germogli, o le sue radici, le radici fisiche sulla
terra / nascita fisica. Dico corpo reale, piuttosto che
anima o spirito o mente, in quanto l’idea è che
abbiamomolti corpi. Fisico, etereo (aereo) (i chakravche
si apprendono nello yoga sono radicati nel corpo
etereo), causale/emozionale, mentale, eccetera. Cia
scuno è più sottile rispetto agli altri. L’idea che si in
contra nell’albero del Gita è espressione di ciò che
ho appena descritto: ma al contrario: la radice
spirituale sta dove possiamo tracciare la nostra
energia e luogo da cui possiamo trarre il nostro so
stentamento.»L’albero in questione quindi è un albero non fisicoma aereo, spirituale. Ed esistono diversi corpi: ilcorpo fisico, il corpo aereo, la radice spirituale: etutto attraverso la visione di un semplice albero.
rIferImentI bIblIografIcI
Tiziano Fratus Homo Radix, appunti per un cercatore di alberi, ed.Marco Valeri, 2010Manifattura Torino Poesiawww.torinopoesia.orghttp://homoradix.wordpress.com
Fotografia